Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13789 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13789 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 08/12/1972 a BARI
avverso la sentenza in data 02/07/2024 della CORTE DI APPELLO DI BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
a seguito di trattazione in camera di consiglio senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610 co. 5 e 611 co. 1 bis e ss. C.p.p.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 02/07/2024 della Corte di appello di Bari, che ha confermato la sentenza in data 06/02/2024 del G.u.p. del Tribunale di Bari, che lo aveva condannato per il reato di riciclaggio di un’autovettura.
Deduce:
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 648 cod. pen.,
Con l’unico motivo d’impugnazione il ricorrente sostiene che i giudici hanno ritenuto la sussistenza del riciclaggio con una motivazione in contrasto con i principi di diritto fissati dalla Corte di cassazione, con particolare riferimento a quello che stabilisce che l’affermazione di responsabilità per tale reato non può ricavarsi dalla mera detenzione del bene di provenienza illecita.
Aggiunge che i giudici hanno confuso «gli indizi di reità (necessari per disporre la misura cautelare) con gli indizi di colpevolezza», avendo desunto «la prova della consapevolezza -dunque dall’attribuibilità- del reato» unicamente dal fatto che COGNOME si dava alla fuga quando i Carabinieri gli intimavano di fermarsi.
Puntualizza che i medesimi rilievi riguardano anche il ritrovamento delle targhe originarie nel bagagliaio dell’autovettura incriminata.
Secondo il ricorrente, «il collegamento tra la realizzazione della condotta di riciclaggio e il suo coinvolgimento è stato dunque attuato sulla base di mere congetture, sostanziate in argomentazioni che si sviluppano lungo apprezzamenti squisitamente soggettivi dei giudici, non ancorati a dati oggettivi».
Aggiunge che, in tal modo, i giudici hanno demandato all’imputato il compito di provare la fondatezza dell’accusa che, invece, spetta al pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1.1. Con l’unico motivo d’impugnazione si sostiene che la motivazione è congetturale e, in quanto tale, illogica, perché ancorata alla valutazione soggettiva del giudice, priva di un fondamento di concretezza.
In effetti -in astratto- una valutazione soggettiva priva di un sostrato di oggettività, configura il vizio di manifesta illogicità della motivazione.
Tale vizio si presenta ogni qual volta il ragionamento del giudice non sia fondato realmente su una massima di esperienza (cioè su un giudizio ipotetico a contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi), e valorizzi piuttosto una congettura (cioè una ipotesi non fondata sullo id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica), od anche una pretesa regola generale che risulti priva, però, di qualunque e pur minima plausibilità (in tal senso, cfr. Sez. 1, n. 16523 del 04/12/2020, dep. 2021, Romano, Rv. 281385 – 01; Sez. 4, n. 23093 del 02/02/2017, Rappisi, Rv. 269998 – 01; Sez. 6, n. 36430 del 28/05/2014, Schembri, Rv. 260813 – 01).
Tali caratteristiche, però, non si rinvengono nella motivazione della sentenza impugnata, dalla cui lettura emerge che l’affermazione di responsabilità a
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carico di COGNOME è fondata sulla base di una lettura logica di elementi dotati di significativa concretezza.
A tale proposito va premesso che la condotta di riciclaggio contestata all’odierno ricorrente è quella di avere sostituito le targhe dell’autovettura trovata
nella sua detenzione e provento di furto, con le targhe di altra autovettura, risul- tata a sua volta rubata.
Le targhe originarie dell’autovettura trovata nella detenzione di COGNOME (so- stituite con le targhe di altra autovettura rubata) sono state rinvenute nella stessa
autovettura e, quindi, anch’esse nella disponibilità dell’imputato, il quale non ha offerto nessuna spiegazione circa la loro provenienza.
Proprio il fatto che COGNOME avesse nella propria disponibilità le targhe origi- narie e la mancata spiegazione circa la loro provenienza, ha indotto i giudici a
ritenere che fosse stato lo stesso imputato a sostituirle con quelle di provenienza furtiva apposte sull’autovettura in questione.
Una tale conclusione risulta certamente supportata dal dato di comune esperienza secondo il quale il bene sostituito rimane nella disponibilità dell’autore
della sostituzione, salvo che non venga data una diversa spiegazione della sua
provenienza.
L’affermazione di responsabilità, quindi, è stata giustificata con una motivazione adeguata, logica, non contraddittoria e, soprattutto, basata su dati di concretezza, che non hanno comportato alcuna inversione dell’onere della prova.
Da ciò la manifesta infondatezza della denuncia di motivazione congetturale.
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/02/2025