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Motivazione autonoma: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati di stupefacenti. La difesa sosteneva la mancanza di una motivazione autonoma da parte del giudice, che avrebbe semplicemente copiato la richiesta del pubblico ministero. La Corte ha ritenuto il ricorso generico, poiché non specificava gli elementi omessi né forniva la documentazione necessaria per la valutazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Autonoma del Giudice: Quando il Ricorso è Inammissibile

Il principio della motivazione autonoma del giudice è un pilastro fondamentale del nostro sistema processuale penale, specialmente quando si tratta di provvedimenti che limitano la libertà personale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22600 del 2024, ci offre un’importante lezione su come questo principio debba essere fatto valere in sede di impugnazione, pena l’inammissibilità del ricorso. Il caso riguarda un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati legati agli stupefacenti, contestata dall’indagato proprio per un presunto deficit di valutazione indipendente da parte del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP).

I Fatti del Caso: La Contestazione di una Misura Cautelare

Un individuo, indagato per reati in materia di stupefacenti, veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere su disposizione del GIP del Tribunale di Caltanissetta. Il provvedimento veniva confermato anche in sede di riesame. La difesa dell’indagato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando una grave violazione di legge.

L’Ordinanza “Taglia e Cuci” e la Presunta Mancanza di Motivazione Autonoma

Il fulcro del ricorso si basava su un’unica, ma cruciale, doglianza: l’ordinanza originaria del GIP sarebbe stata il frutto di un’operazione di “taglia e cuci” della richiesta cautelare avanzata dal Pubblico Ministero (PM). Secondo la difesa, il giudice non avrebbe compiuto quella valutazione autonoma e critica degli elementi a carico, richiesta esplicitamente dall’articolo 292 del codice di procedura penale, limitandosi a recepire acriticamente le argomentazioni dell’accusa. Inoltre, il ricorrente lamentava che il Tribunale del Riesame, anziché sanzionare questo vizio, avesse integrato la motivazione carente, cosa non consentita.

La Decisione della Corte: Genericità e Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la doglianza assolutamente generica. Gli Ermellini hanno sottolineato che il ricorrente non è andato oltre una semplice affermazione di principio. Per contestare efficacemente la mancanza di motivazione autonoma, la difesa avrebbe dovuto compiere due passi fondamentali, entrambi omessi:

1. Indicare gli aspetti specifici: Non è sufficiente denunciare un “copia e incolla”. È necessario specificare quali aspetti della motivazione, se fossero stati vagliati autonomamente, avrebbero potuto condurre a conclusioni diverse e più favorevoli all’indagato.
2. Rispettare l’onere di allegazione: Per consentire alla Corte di Cassazione di verificare la fondatezza della censura, il ricorrente avrebbe dovuto allegare integralmente sia l’ordinanza del GIP sia la richiesta del PM. Senza questi documenti, è impossibile per i giudici di legittimità effettuare un confronto diretto e valutare se vi sia stata o meno una reale elaborazione critica da parte del giudice.

Inadeguatezza della Misura e Motivazione del Tribunale

Anche la censura relativa alla richiesta di una misura meno afflittiva (arresti domiciliari con braccialetto elettronico) è stata giudicata generica. La Cassazione ha evidenziato come il ricorrente non si sia confrontato con le argomentazioni del Tribunale, il quale aveva condiviso le valutazioni del GIP sulla pericolosità dell’indagato e sull’inefficacia di misure diverse dal carcere, data la natura e le modalità dei reati contestati. La valutazione sulla scelta della misura cautelare è un giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, come in questo caso.

Le motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda sul principio di specificità dei motivi di ricorso. Affermare che un’ordinanza manca di autonomia senza dimostrarlo concretamente equivale a una critica astratta e non pertinente. Il giudice di legittimità non può presumere un vizio, ma deve essere messo nelle condizioni di verificarlo attraverso le allegazioni puntuali e complete della parte che lo denuncia. La Corte ha ribadito che, sebbene il giudice cautelare debba fornire una valutazione autonoma, il ricorrente che ne lamenta l’assenza ha l’onere di dimostrare non solo la materiale incorporazione della richiesta del PM, ma anche la conseguente assenza di un vaglio critico ed effettivo. In questo caso, il ricorrente si è limitato a segnalare il primo aspetto senza riuscire a provare il secondo.

Le conclusioni della Sentenza

In conclusione, la sentenza conferma un orientamento consolidato: per contestare validamente un’ordinanza cautelare sotto il profilo della mancanza di motivazione autonoma, non basta una critica generica. È indispensabile un’argomentazione dettagliata che evidenzi le omissioni rilevanti e che sia supportata dalla produzione documentale necessaria. In mancanza di questi elementi, il ricorso è destinato all’inammissibilità. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro, a sottolineare la serietà dell’onere di formulare impugnazioni specifiche e fondate.

È sufficiente affermare che l’ordinanza del GIP è un “copia e incolla” della richiesta del PM per ottenerne l’annullamento?
No, secondo la Cassazione non è sufficiente. Il ricorrente deve indicare in modo specifico quali aspetti della motivazione, se valutati autonomamente, avrebbero portato a una conclusione diversa. Inoltre, ha l’onere di allegare integralmente sia l’ordinanza impugnata sia la richiesta del PM per consentire alla Corte un confronto diretto.

Cosa si intende per “motivazione autonoma” del giudice in una misura cautelare?
Significa che il giudice non può limitarsi a recepire passivamente le argomentazioni dell’accusa, ma deve condurre un vaglio critico e personale degli indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, esponendo le proprie ragioni in modo indipendente e dimostrando di aver effettivamente analizzato la domanda e gli elementi a disposizione.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata quantificata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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