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Motivazione apparente: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo, ribadendo che la nozione di ‘motivazione apparente’ si applica solo in caso di assenza totale di argomentazione o di frasi di stile, non per contestare la logicità delle valutazioni di merito del giudice. Il caso riguardava la cessione di un ramo d’azienda nel settore dei rifiuti, sospettata di essere finalizzata a eludere misure patrimoniali e a proseguire attività illecite.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente e Sequestro Preventivo: i Limiti del Ricorso in Cassazione

Il ricorso in Cassazione contro le misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è un terreno giuridico complesso. La recente sentenza della Suprema Corte, che analizziamo oggi, offre un chiarimento fondamentale sui limiti di tale ricorso, in particolare riguardo al concetto di motivazione apparente. Spesso la difesa tenta di contestare la logica del provvedimento, ma la Cassazione ribadisce che il suo sindacato è strettamente limitato alla violazione di legge, che include solo i vizi più gravi della motivazione.

I Fatti di Causa: la Cessione del Ramo d’Azienda

Il caso nasce dal ricorso del legale rappresentante di una società, attiva nel settore dei servizi ambientali, avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame. Quest’ultimo aveva confermato un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP nei confronti della società. Il sequestro era finalizzato a impedire la prosecuzione di reati e a garantire una futura confisca.

L’operazione al centro delle indagini era la cessione di un ramo d’azienda, relativo alla raccolta di rifiuti urbani, da una società (la cedente) a un’altra (l’acquirente ricorrente). Secondo l’accusa, tale operazione era fittizia e fraudolenta, orchestrata dalla famiglia che controllava di fatto la società cedente. Gli obiettivi ipotizzati erano due: da un lato, sottrarre i beni a possibili misure di prevenzione patrimoniale; dall’altro, continuare l’attività d’impresa attraverso una società ‘schermo’, al riparo da problemi giudiziari.

Il Ricorso e la Doglianza sulla Motivazione Apparente

La difesa ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del riesame davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e, soprattutto, una motivazione apparente. Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe adeguatamente risposto ai motivi specifici sollevati, confondendo le istanze, utilizzando dati inesistenti (come una presunta cessione di immobili mai avvenuta) e non spiegando come la nuova società potesse fungere da ‘schermo’ per la prosecuzione dei reati. In sostanza, si contestava al provvedimento una mancanza dei requisiti minimi di coerenza e ragionevolezza, tale da renderlo, appunto, solo ‘apparente’.

Il Pericolo di Reiterazione del Reato

Un punto specifico di contestazione riguardava il pericolo di reiterazione del reato di traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.). La difesa sosteneva che il ramo d’azienda acquisito, limitato alla raccolta di rifiuti urbani, non avrebbe potuto in alcun modo essere utilizzato per commettere il più grave reato di spedizione transfrontaliera di rifiuti. Per il ricorrente, mancava quindi il nesso logico tra i beni sequestrati e il pericolo di commissione di nuovi reati.

La Valutazione sul Trasferimento Fraudolento

Anche riguardo al reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.), la difesa contestava la valutazione del Tribunale. Si evidenziava l’avvenuto pagamento di un prezzo congruo e un surplus, elementi che, a dire del ricorrente, smentivano l’ipotesi di un’operazione finalizzata a ‘svuotare’ la società cedente. Si criticava l’assunto del Tribunale secondo cui, dietro l’intera operazione, ci fosse sempre la stessa famiglia, ritenendolo irrilevante a fronte della correttezza formale dell’atto di cessione eseguito dall’amministratore.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una lezione chiara sulla distinzione tra vizi che integrano una violazione di legge e quelli che attengono al merito delle valutazioni. I giudici supremi hanno innanzitutto ribadito un principio consolidato: nel ricorso per cassazione contro le misure cautelari reali (art. 325 c.p.p.), l’unica doglianza ammissibile riguardo alla motivazione è quella che ne denuncia l’inesistenza o la mera apparenza.

Una motivazione apparente non è una motivazione illogica o contraddittoria, ma una motivazione che manca fisicamente, è indecifrabile, usa clausole di stile o argomentazioni talmente generiche da non rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’ordinanza del Tribunale del riesame, sebbene potesse essere oggetto di critiche nel merito, non presentava tali vizi radicali. Il Tribunale aveva esposto le sue ragioni, basandosi su intercettazioni e dati contabili per sostenere la tesi accusatoria. Contestare queste valutazioni, per la Cassazione, significa tentare una rivalutazione del materiale probatorio, inammissibile in sede di legittimità.

In merito al pericolo di reiterazione, la Corte ha specificato che esso non riguarda la possibilità di commettere esattamente ‘quel’ reato, ma reati ‘della stessa specie’, intesi come reati che ledono la stessa categoria di interessi e valori. Pertanto, la disponibilità di mezzi e strutture nel settore dei rifiuti poteva, secondo un giudizio prognostico, aumentare la probabilità di commissione di altri illeciti ambientali.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso: chi intende impugnare in Cassazione un’ordinanza in materia di sequestro non può limitarsi a sostenere che il giudice di merito abbia ragionato male o valutato erroneamente le prove. Deve, invece, dimostrare che il giudice non ha ragionato affatto, ovvero che la sua motivazione è una mera finzione. Questo principio restringe notevolmente l’ambito del sindacato di legittimità, confermando che il giudizio sulla fondatezza degli indizi e sulla logicità delle argomentazioni spetta in via quasi esclusiva ai giudici di merito, ovvero al GIP e al Tribunale del riesame.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in un ricorso contro un sequestro preventivo?
Per ‘motivazione apparente’ si intende un vizio grave del provvedimento che si verifica solo quando la motivazione è totalmente assente, graficamente indecifrabile, oppure consiste in mere clausole di stile, argomentazioni tautologiche o affermazioni generiche che non permettono di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. Non rientrano in questa categoria la manifesta illogicità o la contraddittorietà, che attengono al merito della decisione.

Il pericolo di reiterazione del reato deve riguardare lo stesso identico crimine per cui si procede?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il pericolo di reiterazione, che giustifica il sequestro preventivo, non riguarda la probabilità di commettere esattamente lo stesso reato, ma reati ‘della stessa specie’. Questa espressione indica reati che ledono la stessa categoria di interessi e valori, anche se previsti da diverse disposizioni di legge.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal Tribunale del riesame in un caso di sequestro?
No, non è possibile. Il ricorso per cassazione avverso le misure cautelari reali è ammesso solo per violazione di legge. Contestare il modo in cui il Tribunale del riesame ha interpretato le intercettazioni, i dati contabili o altre prove costituisce una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio, che è un’attività riservata al giudice di merito e non è consentita in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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