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Motivazione Apparente: Limiti del Ricorso in Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro una misura di sorveglianza speciale e confisca di beni. L’imprenditore sosteneva che la decisione del giudice di merito avesse una motivazione apparente, in contrasto con una sentenza penale che aveva riqualificato il suo ruolo a concorrente esterno di un’associazione mafiosa. La Cassazione ha ribadito che il suo sindacato è limitato alla violazione di legge, che include la motivazione inesistente o apparente, ma non permette un riesame dei fatti. Ha ritenuto la motivazione del provvedimento impugnato completa e logica, confermando così la misura.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: Quando il Giudice non Giustifica Davvero la Decisione

Il concetto di motivazione apparente rappresenta una patologia grave dei provvedimenti giudiziari, poiché svuota di contenuto l’obbligo fondamentale del giudice di spiegare le ragioni della propria decisione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per ribadire i confini del vizio di motivazione e i limiti del sindacato di legittimità, specialmente in materia di misure di prevenzione. Il caso riguarda un imprenditore destinatario di sorveglianza speciale e confisca, il quale lamentava proprio una motivazione solo di facciata da parte della Corte d’Appello.

I Fatti del Caso: Misure di Prevenzione e Pericolosità Sociale

La Corte di Appello aveva confermato una pesante misura di prevenzione nei confronti di un imprenditore: sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per cinque anni e confisca del 100% delle quote di alcune sue società. La ragione risiedeva nella sua ritenuta “pericolosità qualificata”, derivante da presunti legami con una potente consorteria di ‘ndrangheta, e una “pericolosità generica”, legata al vivere con i proventi di attività illecite come false fatturazioni ed evasione fiscale.

L’imprenditore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la motivazione della Corte d’Appello fosse meramente apparente. A suo dire, essa ignorava elementi cruciali emersi in un altro processo penale, nel quale il suo ruolo era stato derubricato da partecipe a concorrente esterno dell’associazione mafiosa. Egli si dipingeva come un imprenditore colluso ma non partecipe, costretto a subire le ingerenze del clan, ad esempio attraverso assunzioni forzate, piuttosto che come un soggetto che ne traeva vantaggio.

Il Concetto di Motivazione Apparente nel Ricorso in Cassazione

Il punto centrale della difesa era la denuncia di una motivazione apparente. Questo vizio si verifica quando la motivazione, pur essendo graficamente presente, è talmente scollegata dai fatti, generica o contraddittoria da non rendere comprensibile il percorso logico-giuridico seguito dal giudice. Equivale, in sostanza, a una motivazione inesistente.

La Corte di Cassazione, nel trattare il caso, ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: il suo giudizio, detto “sindacato di legittimità”, è limitato alla “violazione di legge”. Non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare i fatti. Tuttavia, una motivazione apparente costituisce una violazione di legge, perché viola il preciso obbligo di motivare i provvedimenti. Il ricorso è ammissibile solo se si contesta questa radicale carenza, non se si critica la valutazione logica delle prove fatta dal giudice di merito.

Quando la motivazione è davvero apparente?

Secondo la Suprema Corte, si ha una motivazione apparente quando le argomentazioni sono:
* Meramente ripetitive della formula normativa.
* Del tutto incongrue rispetto al provvedimento che dovrebbero giustificare.
* Logicamente inconciliabili o oggettivamente incomprensibili.
* Talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni della decisione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che la motivazione della Corte d’Appello non fosse affatto apparente. Al contrario, i giudici di merito avevano chiaramente e ampiamente spiegato le ragioni della loro decisione. Avevano ricostruito come l’imprenditore avesse messo a disposizione le proprie attività imprenditoriali all’organizzazione criminale, assumendo persone indicate dai vertici del clan e mantenendo con essi rapporti personali. Inoltre, avevano evidenziato come il sistema di false fatturazioni da lui creato fosse funzionale non solo al proprio arricchimento illecito, ma anche a finanziare la criminalità mafiosa.

I motivi del ricorso, secondo la Suprema Corte, non miravano a denunciare una vera e propria assenza di motivazione, ma piuttosto a sollecitare una diversa valutazione delle prove e una riconsiderazione del merito della vicenda. Questo tipo di doglianze, che attengono alla logicità del ragionamento e non alla sua esistenza, esulano dai poteri della Corte di Cassazione in sede di legittimità, specialmente in materia di misure di prevenzione.

Conclusioni: I Limiti del Sindacato di Legittimità

La sentenza in esame rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di giudizio. In materia di misure di prevenzione, il controllo della Suprema Corte è rigorosamente limitato alla violazione di legge. Un ricorrente non può sperare di ottenere un annullamento semplicemente sostenendo che il giudice di merito abbia interpretato male i fatti o tratto conclusioni illogiche. L’unica via percorribile è dimostrare che la motivazione è talmente carente da essere, di fatto, inesistente, un “vuoto simulacro” che non adempie alla sua funzione costituzionale di garanzia e trasparenza del decidere.

Che cos’è una motivazione apparente e perché può essere motivo di ricorso in Cassazione?
È un ragionamento del giudice che esiste solo formalmente ma è così generico, contraddittorio o slegato dai fatti da equivalere a una sua totale assenza. È considerato una “violazione di legge” perché viola l’obbligo fondamentale del giudice di spiegare la propria decisione, e per questo può essere sindacato dalla Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove in un ricorso contro una misura di prevenzione?
No. Il ruolo della Corte è limitato a un “sindacato di legittimità”, ovvero controlla solo se la legge è stata applicata correttamente. Non può riesaminare le prove o la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, a meno che la motivazione fornita sia inesistente o, appunto, meramente apparente.

La riqualificazione del ruolo del ricorrente da “partecipe” a “concorrente esterno” in un separato processo penale è stata sufficiente a far annullare la misura di prevenzione?
No. Secondo la sentenza, il ricorrente non è riuscito a demolire il ragionamento specifico e dettagliato della Corte d’Appello che ha disposto la misura di prevenzione. I giudici di merito avevano ampiamente motivato la pericolosità sociale del soggetto, e il ricorso si è limitato a proporre argomenti che la Cassazione ha ritenuto un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, cosa non permessa in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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