Motivazione apparente: quando il ricorso in Cassazione non ha speranza
Il concetto di motivazione apparente è un vizio grave che può inficiare una sentenza, ma quando può essere legittimamente sollevato in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i confini di questa doglianza, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato per i reati di ricettazione e possesso di documenti falsi. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati.
I Fatti di Causa: Dal Giudizio d’Appello al Ricorso per Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Genova a un soggetto per i reati previsti dagli articoli 648 (ricettazione) e 497-bis (possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi) del codice penale. L’imputato, ritenendo la sentenza d’appello viziata, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a un unico motivo: il difetto di motivazione. Secondo la difesa, il giudice di secondo grado si sarebbe limitato a una rassegna degli elementi di prova, configurando così una motivazione apparente e non una reale confutazione delle argomentazioni difensive.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire cosa si intenda per motivazione apparente e perché, nel caso di specie, tale vizio non sussistesse affatto.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha innanzitutto chiarito che la motivazione apparente si configura quando il giudice si limita a una ‘mera rassegna degli elementi di prova assunti nel corso del processo, senza tenere in adeguato conto le specifiche deduzioni difensive’. In altre parole, è una motivazione che esiste solo nella forma, ma è vuota nella sostanza perché non fornisce una spiegazione logica e giuridica sulle ragioni della decisione, specialmente in relazione ai punti sollevati dalla difesa.
Nel caso analizzato, la Corte ha invece riscontrato che il giudice d’appello aveva utilizzato ‘corretti argomenti logici e giuridici’ per confutare le doglianze dell’imputato. La motivazione, quindi, non era né mancante né apparente.
Un punto cruciale della decisione riguarda il reato di ricettazione. La Cassazione ha evidenziato come l’imputato non avesse fornito ‘una valida giustificazione circa il possesso dei documenti falsi’. Questo elemento è di fondamentale importanza nella giurisprudenza in materia di ricettazione: la mancata o inverosimile spiegazione sulla provenienza di un bene di origine illecita costituisce un grave indizio a carico del possessore. Allo stesso modo, la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la responsabilità per il delitto di cui all’art. 497-bis cod. pen.
Infine, è stato precisato che anche il ricorso alla motivazione per relationem (cioè per riferimento alla sentenza di primo grado) era stato effettuato nel pieno rispetto dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità.
Conclusioni
La pronuncia conferma un orientamento consolidato: non basta lamentare un difetto di motivazione per ottenere l’annullamento di una sentenza. È necessario dimostrare che il giudice abbia effettivamente omesso di rispondere a specifiche e decisive argomentazioni difensive, o che il suo ragionamento sia palesemente illogico o contraddittorio. La Corte ha stabilito che, a fronte di una motivazione coerente, logica e che affronta i punti nodali dell’atto di gravame, il ricorso basato su una presunta motivazione apparente è destinato all’inammissibilità. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a conferma della temerarietà del ricorso.
Cos’è una ‘motivazione apparente’ secondo la Corte di Cassazione?
È una motivazione che si configura quando il giudice si limita a una mera rassegna delle prove senza considerare adeguatamente le deduzioni difensive, omettendo di fornire una spiegazione sull’infondatezza o superfluità degli argomenti opposti nel ricorso.
Perché la mancata giustificazione del possesso dei documenti falsi è stata decisiva?
Nel reato di ricettazione, la giurisprudenza consolidata ritiene che la mancata fornitura di una valida giustificazione sul possesso di beni di provenienza illecita sia un elemento fondamentale per affermare la responsabilità penale dell’imputato.
Qual è la conseguenza quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La conseguenza è che il ricorso non viene esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10622 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10622 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 21/10/1977
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce il difetto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per i delitti di cui agli artt. 648, 497 -bis cod. pen., è manifestamente infondato atteso che la motivazione apparente si configura nell’ipotesi in cui il giudice si limiti «a una mera rassegna degli elementi di prova assunti nel corso del processo, senza tenere in adeguato conto le specifiche deduzioni difensive, omettendo, altresì, di fornire adeguata spiegazione circa l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti con il ricorso» (Sez. 2, n. 18404 del 05/04/2024, COGNOME, Rv. 286406 – 01) e, nel caso di specie, non si ravvisa una motivazione che presenti tali caratteristiche alla luce dei corretti argomenti logici e giuridici utilizzati dal giudice di appello per confutare le doglianze contenute nell’atto di gravame sia in ordine alla sussistenza del delitto di ricettazione, non avendo l’odierno ricorrente fornito una valida giustificazione circa il possesso dei documenti falsi (Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713 – 01), sia per ciò che concerne il delitto di cui all’art. 497 -bis cod. pen. contestato al capo b) (si veda pag. 5 della sentenza impugnata);
che anche il ricorso alla motivazione per relationem è stato operato nel rispetto dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 18 febbraio 2025.