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Motivazione apparente: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione e possesso di documenti falsi. L’imputato lamentava una motivazione apparente da parte della Corte d’Appello, ma la Cassazione ha stabilito che la sentenza impugnata era logicamente argomentata e aveva correttamente confutato le tesi difensive, sottolineando come la mancata giustificazione del possesso dei documenti falsi fosse un elemento chiave per la condanna.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione apparente: quando il ricorso in Cassazione non ha speranza

Il concetto di motivazione apparente è un vizio grave che può inficiare una sentenza, ma quando può essere legittimamente sollevato in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i confini di questa doglianza, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato per i reati di ricettazione e possesso di documenti falsi. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti di Causa: Dal Giudizio d’Appello al Ricorso per Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Genova a un soggetto per i reati previsti dagli articoli 648 (ricettazione) e 497-bis (possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi) del codice penale. L’imputato, ritenendo la sentenza d’appello viziata, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a un unico motivo: il difetto di motivazione. Secondo la difesa, il giudice di secondo grado si sarebbe limitato a una rassegna degli elementi di prova, configurando così una motivazione apparente e non una reale confutazione delle argomentazioni difensive.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire cosa si intenda per motivazione apparente e perché, nel caso di specie, tale vizio non sussistesse affatto.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha innanzitutto chiarito che la motivazione apparente si configura quando il giudice si limita a una ‘mera rassegna degli elementi di prova assunti nel corso del processo, senza tenere in adeguato conto le specifiche deduzioni difensive’. In altre parole, è una motivazione che esiste solo nella forma, ma è vuota nella sostanza perché non fornisce una spiegazione logica e giuridica sulle ragioni della decisione, specialmente in relazione ai punti sollevati dalla difesa.

Nel caso analizzato, la Corte ha invece riscontrato che il giudice d’appello aveva utilizzato ‘corretti argomenti logici e giuridici’ per confutare le doglianze dell’imputato. La motivazione, quindi, non era né mancante né apparente.

Un punto cruciale della decisione riguarda il reato di ricettazione. La Cassazione ha evidenziato come l’imputato non avesse fornito ‘una valida giustificazione circa il possesso dei documenti falsi’. Questo elemento è di fondamentale importanza nella giurisprudenza in materia di ricettazione: la mancata o inverosimile spiegazione sulla provenienza di un bene di origine illecita costituisce un grave indizio a carico del possessore. Allo stesso modo, la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la responsabilità per il delitto di cui all’art. 497-bis cod. pen.

Infine, è stato precisato che anche il ricorso alla motivazione per relationem (cioè per riferimento alla sentenza di primo grado) era stato effettuato nel pieno rispetto dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità.

Conclusioni

La pronuncia conferma un orientamento consolidato: non basta lamentare un difetto di motivazione per ottenere l’annullamento di una sentenza. È necessario dimostrare che il giudice abbia effettivamente omesso di rispondere a specifiche e decisive argomentazioni difensive, o che il suo ragionamento sia palesemente illogico o contraddittorio. La Corte ha stabilito che, a fronte di una motivazione coerente, logica e che affronta i punti nodali dell’atto di gravame, il ricorso basato su una presunta motivazione apparente è destinato all’inammissibilità. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a conferma della temerarietà del ricorso.

Cos’è una ‘motivazione apparente’ secondo la Corte di Cassazione?
È una motivazione che si configura quando il giudice si limita a una mera rassegna delle prove senza considerare adeguatamente le deduzioni difensive, omettendo di fornire una spiegazione sull’infondatezza o superfluità degli argomenti opposti nel ricorso.

Perché la mancata giustificazione del possesso dei documenti falsi è stata decisiva?
Nel reato di ricettazione, la giurisprudenza consolidata ritiene che la mancata fornitura di una valida giustificazione sul possesso di beni di provenienza illecita sia un elemento fondamentale per affermare la responsabilità penale dell’imputato.

Qual è la conseguenza quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La conseguenza è che il ricorso non viene esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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