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Motivazione apparente: Cassazione annulla condanne

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio diverse condanne per associazione di tipo mafioso e reati connessi. La decisione si fonda principalmente sul vizio di motivazione apparente della sentenza d’appello, che non aveva adeguatamente risposto alle specifiche doglianze degli imputati, limitandosi a un generico rinvio alla sentenza di primo grado. La Corte ha inoltre accolto i ricorsi basati sul principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di doppio processo) per alcuni imputati già giudicati per fatti sovrapponibili. Sono state invece respinte le censure su questioni procedurali, come la legittimità delle intercettazioni.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione apparente: la Cassazione annulla le condanne per mafia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nel diritto processuale penale: il giudice d’appello ha il dovere di fornire una risposta puntuale e specifica ai motivi di gravame presentati dalla difesa. La Corte ha annullato diverse condanne per associazione di tipo mafioso e reati collegati a causa di una motivazione apparente, che si limitava a un rinvio generico alla sentenza di primo grado senza un’analisi critica delle censure sollevate. Questo caso offre spunti fondamentali sull’obbligo di motivazione e sull’applicazione del principio del ne bis in idem.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un’articolata indagine su una locale di ‘ndrangheta radicata in Calabria e con ramificazioni operative nel Lazio. Numerosi imputati erano stati condannati in primo e secondo grado per reati gravi, tra cui la partecipazione ad associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), estorsioni, detenzione illegale di armi e furti, spesso aggravati dalla finalità di agevolare l’attività del clan.

La Corte d’Appello aveva confermato in larga parte l’impianto accusatorio, rideterminando le pene per alcuni degli imputati. Avverso tale decisione, le difese hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando una pluralità di motivi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I ricorsi si basavano su diverse argomentazioni, tra cui:

1. Vizio di motivazione: La critica principale riguardava la motivazione apparente della sentenza d’appello, accusata di aver liquidato le specifiche doglianze difensive con un mero rinvio alla decisione del Tribunale, senza un confronto effettivo con gli argomenti proposti.
2. Violazione del principio del ne bis in idem: Alcuni ricorrenti, già condannati in via definitiva in altri procedimenti per fatti analoghi, lamentavano la violazione del divieto di essere processati due volte per la stessa accusa.
3. Questioni procedurali: Altre censure riguardavano la presunta illegittimità delle intercettazioni ambientali e telefoniche, ritenute decisive per le condanne.
4. Carenza probatoria: Le difese contestavano la valutazione delle prove, in particolare la mancanza di elementi certi sulla partecipazione individuale degli imputati al sodalizio criminale.

La Decisione della Cassazione sulla motivazione apparente

La Suprema Corte ha emesso una decisione complessa, accogliendo alcuni ricorsi e rigettandone altri. Il fulcro della sentenza risiede nella censura della motivazione apparente adottata dalla Corte d’Appello per diverse posizioni.

La Cassazione ha chiarito che, di fronte a un atto di appello specifico e non generico, il giudice del gravame non può limitarsi a un richiamo per relationem alla sentenza di primo grado. È necessario che la sentenza d’appello dimostri di aver preso in esame le critiche difensive, fornendo risposte puntuali e confutando gli argomenti sollevati. Un rinvio acritico e generico, come quello riscontrato nel caso di specie, svuota di contenuto il diritto di impugnazione e si traduce in una motivazione solo formale, ma sostanzialmente assente.

Per questo motivo, per diversi imputati, la Corte ha annullato la sentenza con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio che tenga conto di questo principio.

Inoltre, la Cassazione ha ritenuto fondati i motivi relativi al ne bis in idem, annullando con rinvio anche per gli imputati che avevano dimostrato una sovrapposizione sostanziale tra i fatti del presente processo e quelli per cui avevano già subito una condanna definitiva. Al contrario, ha ritenuto infondate le questioni sulla legittimità delle intercettazioni e sulla prescrizione di alcuni reati.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte ribadisce la differenza tra una legittima motivazione per relationem e una motivazione apparente. La prima è ammessa quando il giudice fa riferimento a un altro atto del processo (come la sentenza di primo grado), ma dimostra di averne compreso e condiviso il contenuto, integrandolo con le risposte alle censure specifiche dell’appello. La seconda, invece, si verifica quando il rinvio è talmente generico da non far trasparire alcuna valutazione critica da parte del giudice d’appello. Questo vizio procedurale lede il diritto di difesa e il principio del doppio grado di giurisdizione.

Per quanto riguarda la partecipazione all’associazione mafiosa, la Corte ricorda che non è sufficiente provare un generico status di appartenenza, ma è necessario dimostrare un ruolo dinamico e funzionale, una stabile compenetrazione dell’individuo nel tessuto organizzativo del clan. La Corte d’Appello, omettendo di analizzare le specifiche condotte contestate dalle difese, non aveva adempiuto a questo onere motivazionale.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito sull’importanza di una motivazione completa ed effettiva. La decisione rafforza la garanzia del diritto di difesa, sottolineando che ogni motivo di appello merita una risposta ponderata e non una sbrigativa conferma della decisione precedente. L’annullamento per motivazione apparente serve a garantire che il processo d’appello sia un vero e proprio giudizio critico e non una mera formalità. Allo stesso tempo, la pronuncia offre chiarimenti significativi sull’applicazione del principio del ne bis in idem nel complesso ambito dei processi contro la criminalità organizzata, dove le contestazioni possono spesso sovrapporsi.

Quando la motivazione di una sentenza d’appello è considerata ‘apparente’?
Secondo la Corte, una motivazione è apparente quando il giudice d’appello, di fronte a specifici motivi di gravame, si limita a un generico e acritico rinvio alla sentenza di primo grado, senza fornire risposte puntuali alle censure sollevate. Questo vizio si concretizza in un’assenza di reale valutazione e in una violazione dell’obbligo di motivare.

Cosa significa il principio del ‘ne bis in idem’ in casi di criminalità organizzata?
Significa che un imputato non può essere processato una seconda volta per la partecipazione alla medesima associazione criminale, anche se la nuova contestazione riguarda un’articolazione territoriale diversa o un periodo temporale parzialmente differente. Se i fatti, i soggetti e l’associazione sono sostanzialmente gli stessi di un precedente giudicato, scatta la preclusione del ‘ne bis in idem’.

Qual è l’onere probatorio per dimostrare la partecipazione a un’associazione mafiosa?
La sentenza ribadisce che non basta dimostrare uno ‘status’ di appartenenza, ma è necessario provare un contributo concreto, un ruolo dinamico e funzionale dell’individuo all’interno del sodalizio. La prova deve fondarsi su elementi gravi e precisi che dimostrino una stabile compenetrazione della persona nel tessuto organizzativo del clan e la sua disponibilità a perseguirne i fini.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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