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Motivazione apparente: Cassazione annulla condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per un reato edilizio a causa di una motivazione apparente da parte della Corte d’Appello. I giudici di secondo grado non avevano fornito una risposta concreta ai motivi di ricorso degli imputati riguardanti l’elemento psicologico del reato, limitandosi a una condivisione laconica della decisione precedente. L’assenza di una reale argomentazione ha reso la sentenza viziata, portando al suo annullamento con rinvio per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla la Condanna per Abuso Edilizio

Il diritto a una difesa effettiva non si esaurisce nella possibilità di presentare le proprie argomentazioni, ma richiede che il giudice le valuti e risponda in modo puntuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23393/2024) ribadisce questo principio fondamentale, annullando una condanna per reato edilizio a causa di una motivazione apparente da parte della Corte d’Appello. Questo caso evidenzia come l’uso di formule generiche e la mancata analisi dei motivi di ricorso costituiscano un vizio grave, tale da inficiare la validità della decisione.

I Fatti del Processo

Due persone venivano condannate in primo grado per un reato edilizio previsto dal Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/01). La Corte d’Appello, pur assolvendoli da un’altra accusa, confermava nel resto la sentenza di condanna. Gli imputati, non ritenendo giusta la decisione, decidevano di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando diversi vizi nella sentenza di secondo grado.

I Motivi del Ricorso e la questione della motivazione apparente

Il nucleo centrale del ricorso verteva sulla carenza dell’elemento psicologico del reato. Entrambi gli imputati sostenevano di aver agito senza la consapevolezza di commettere un illecito:
* Una ricorrente deduceva la propria buona fede.
* L’altro ricorrente affermava di non essere a conoscenza della mancanza della necessaria autorizzazione per l’opera edilizia.

Oltre a questo punto cruciale, la difesa aveva sollevato altre questioni, come la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) e la mancata concessione delle attenuanti generiche. Tuttavia, è sulla prima doglianza che si è concentrata la decisione della Suprema Corte.

Il Vizio della Motivazione

Il problema riscontrato non era tanto nel merito della colpevolezza, quanto nel modo in cui la Corte d’Appello aveva risposto alle argomentazioni difensive. Anziché analizzare in modo specifico le critiche relative alla buona fede e alla consapevolezza degli imputati, i giudici di secondo grado si erano limitati a una motivazione estremamente sintetica e generica, descritta dalla Cassazione come “alquanto laconica, e limitata”.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, ritenendo fondata la critica relativa al vizio di motivazione. I giudici di legittimità hanno evidenziato che la Corte d’Appello “non ha fornito sul punto alcuna risposta”, limitandosi a una “mera, comunque immotivata condivisione della prima decisione, siccome formulata attraverso mere clausole di stile”.

Questo comportamento integra il vizio della motivazione apparente: la sentenza sembra motivata, ma in realtà le argomentazioni sono così generiche da non spiegare il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione. È come se il giudice non avesse realmente ascoltato né considerato le ragioni della difesa. La fondatezza di questo primo motivo è stata ritenuta talmente assorbente da rendere superfluo l’esame delle altre censure sollevate dai ricorrenti.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, disponendo un nuovo giudizio presso un’altra sezione della Corte d’Appello. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso e, soprattutto, fornire una motivazione completa ed effettiva che si confronti con tutti i punti sollevati dalla difesa.

Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante sull’obbligo di motivazione che grava su ogni giudice. Non è sufficiente confermare una sentenza precedente con formule di rito o frasi generiche. Ogni argomento difensivo pertinente deve essere preso in esame e ricevere una risposta adeguata. La motivazione apparente non è una motivazione valida e viola il diritto di difesa dell’imputato. Il rinvio a un nuovo giudizio d’appello assicura che gli imputati ottengano ciò che la legge garantisce: una decisione che non sia solo giusta nel risultato, ma anche trasparente e comprensibile nel suo ragionamento.

Cosa succede se un giudice non risponde a un motivo di appello specifico?
Secondo questa sentenza, se un giudice d’appello non fornisce una risposta adeguata e specifica a un motivo sollevato dalla difesa ma si limita a formule generiche, la sua motivazione è considerata “apparente”. Ciò costituisce un vizio della sentenza che può portare al suo annullamento da parte della Corte di Cassazione.

Cosa significa che una motivazione è basata su “clausole di stile”?
Significa che la motivazione utilizza frasi standard e preconfezionate che potrebbero adattarsi a molti casi diversi, senza però analizzare le peculiarità e gli argomenti specifici del caso in esame. La Corte di Cassazione ha ritenuto che una tale motivazione non sia una vera motivazione e quindi non sia valida.

Perché la Cassazione ha annullato la sentenza invece di decidere nel merito?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che le sentenze siano motivate in modo logico e completo. Avendo riscontrato un vizio di motivazione, ha annullato la decisione e ha “rinviato” il caso a un altro giudice di merito (un’altra sezione della Corte d’Appello) affinché riesamini i fatti e le argomentazioni, emettendo una nuova sentenza correttamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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