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Motivazione apparente: annullato sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che revocava un sequestro preventivo, giudicando la sua giustificazione una ‘motivazione apparente’. Il tribunale inferiore non aveva adeguatamente analizzato le prove fornite dall’accusa in un caso di autoriciclaggio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, limitandosi a motivazioni generiche. La Suprema Corte ha rinviato il caso per un nuovo esame, sottolineando la necessità di un’analisi concreta degli elementi investigativi e non di affermazioni apodittiche.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: la Cassazione Annulla la Revoca di un Sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30602/2024) ha riaffermato un principio cruciale nel diritto processuale penale: un provvedimento giudiziario è nullo se la sua giustificazione è una motivazione apparente. Questo concetto si riferisce a una motivazione che, pur essendo formalmente presente, non spiega concretamente le ragioni della decisione, rendendo impossibile ricostruire il percorso logico del giudice. Il caso in esame riguardava la revoca di un sequestro preventivo in un’indagine per associazione a delinquere, autoriciclaggio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

I fatti del procedimento

L’indagine aveva portato al sequestro preventivo di somme di denaro a carico di due soggetti, accusati di aver reinvestito i proventi illeciti derivanti dal favoreggiamento dell’immigrazione in attività imprenditoriali lecite. Inizialmente, il Tribunale del riesame aveva confermato il sequestro. Tuttavia, a seguito di un primo ricorso in Cassazione, tale decisione era stata annullata con rinvio, poiché la Corte aveva riscontrato una carenza di motivazione su due punti: la valutazione della documentazione difensiva sulla lecita provenienza del denaro e l’eccezione di bis in idem sollevata da uno degli indagati.

Nel giudizio di rinvio, il Tribunale ha cambiato rotta, annullando il decreto di sequestro. Contro questa nuova decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando che il Tribunale avesse, ancora una volta, omesso una reale valutazione degli elementi, cadendo nel vizio di motivazione apparente.

Il ricorso del Pubblico Ministero e la tesi della motivazione apparente

Il Pubblico Ministero ha sostenuto che il Tribunale del riesame avesse completamente ignorato il complesso quadro probatorio raccolto durante le indagini. Questo includeva intercettazioni, accertamenti su trasferimenti di denaro, documenti falsi, dichiarazioni di informatori e analisi patrimoniali che, secondo l’accusa, dimostravano non solo la sussistenza dei reati (fumus commissi delicti) ma anche l’origine illecita del denaro sequestrato.

Secondo il ricorrente, il Tribunale si era limitato ad affermazioni generiche e apodittiche, come il riferimento a una non meglio specificata “significativa documentazione” difensiva, senza analizzarne il contenuto, la provenienza o l’arco temporale. In sostanza, il provvedimento impugnato non spiegava perché le prove raccolte dall’accusa fossero state ritenute insufficienti, invertendo di fatto l’onere della prova e svuotando di significato il proprio ruolo di controllo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Pubblico Ministero, ritenendo la motivazione dell’ordinanza impugnata “meramente apparente”. Gli Ermellini hanno evidenziato come il ricorso per cassazione contro i provvedimenti cautelari reali sia ammesso per violazione di legge, nozione che include anche i vizi radicali della motivazione che la rendono inesistente o talmente generica da non essere comprensibile.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che il Tribunale del riesame, a fronte di una complessa attività investigativa, si era limitato a escludere il fumus commissi delicti in modo lapidario, senza un confronto effettivo con gli atti d’indagine. Il provvedimento non indicava:
1. Quali ulteriori indagini sarebbero state necessarie, come richiesto nella precedente sentenza di annullamento.
2. Il contenuto specifico della documentazione difensiva e perché fosse ritenuta decisiva.
3. Il nesso logico tra i reati presupposto (favoreggiamento dell’immigrazione) e l’autoriciclaggio, né le somme di riferimento.

Il Tribunale, secondo la Cassazione, non ha spiegato in base a quale piattaforma, documentale o dichiarativa, fosse giunto alla conclusione dell’insussistenza degli indizi, rendendo il suo ragionamento non un’analisi critica, ma una mera affermazione priva di supporto argomentativo. Di conseguenza, il provvedimento è stato annullato con rinvio per un nuovo giudizio.

Conclusioni

La sentenza ribadisce l’obbligo per il giudice di fornire una motivazione completa, coerente e logicamente strutturata, specialmente quando decide su misure che incidono sui diritti patrimoniali. Una motivazione apparente equivale a una motivazione mancante e costituisce una violazione di legge che giustifica l’annullamento della decisione in sede di legittimità. Questo principio garantisce che le decisioni giudiziarie siano il frutto di un’analisi ponderata e verificabile delle prove e degli argomenti delle parti, e non di valutazioni arbitrarie o superficiali.

Quando una motivazione è considerata ‘apparente’ dalla Cassazione?
Secondo la sentenza, una motivazione è apparente quando è così radicalmente viziata da risultare del tutto mancante o priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza. Ciò accade quando il giudice utilizza argomenti apodittici, frasi stereotipate o non contestualizza alcun atto processuale (né investigativo né difensivo), rendendo incomprensibile l’iter logico seguito per arrivare alla decisione.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla un’ordinanza per motivazione apparente?
La Corte di Cassazione annulla il provvedimento impugnato e rinvia il procedimento a un nuovo giudizio presso lo stesso Tribunale (in diversa composizione). Quest’ultimo dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, ovvero fornendo una motivazione reale, completa e basata su un’analisi concreta degli atti.

Perché il Tribunale del riesame non ha valutato correttamente le prove secondo la Cassazione?
La Cassazione ha ritenuto che il Tribunale del riesame non abbia effettuato un reale confronto con la prospettazione del Pubblico Ministero e con l’articolata attività investigativa. Invece di analizzare le intercettazioni, gli accertamenti patrimoniali e gli altri elementi d’indagine, si è limitato a formulare conclusioni generiche senza spiegare perché tali elementi fossero inidonei a sostenere le ipotesi di reato e l’illiceità del denaro sequestrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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