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Motivazione apparente: annullato sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo di una somma di denaro a carico di un indagato per associazione mafiosa. La decisione è stata motivata dal vizio di motivazione apparente del Tribunale del riesame, che ha erroneamente fondato la sua decisione sulla confisca per equivalente anziché sulla confisca allargata per sproporzione, come disposto dal primo giudice. La Corte ha ritenuto la motivazione del tutto inadeguata a giustificare il provvedimento, non avendo valutato correttamente le argomentazioni difensive sull’origine lecita delle somme.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: Quando un Sequestro Preventivo Viene Annullato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35865/2025, affronta un caso emblematico di motivazione apparente in un’ordinanza del Tribunale del riesame, annullando un sequestro preventivo per un grave vizio logico-giuridico. Questa decisione sottolinea l’importanza cruciale di una motivazione chiara e coerente, specialmente in materie delicate come le misure cautelari reali legate a reati di mafia.

I Fatti del Caso: Sequestro e Accuse di Mafia

Il caso riguarda un individuo indagato per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). Nello specifico, gli veniva contestato di far parte di una ‘ndrina operante nel nord Italia. Durante le indagini, veniva disposta una perquisizione che portava al rinvenimento di 9.700,00 euro in contanti.

Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) di Venezia emetteva un decreto di sequestro preventivo su tale somma. La base giuridica del provvedimento era la cosiddetta “confisca allargata” o per sproporzione (art. 240-bis c.p.), in quanto si riteneva che l’indagato non potesse giustificare la legittima provenienza del denaro, il quale appariva sproporzionato rispetto ai suoi redditi leciti.

L’indagato proponeva istanza di riesame, sostenendo la legittimità della somma, derivante dalla sua attività di compravendita di veicoli usati. Il Tribunale del riesame di Venezia, tuttavia, respingeva l’istanza e confermava il sequestro.

Il Ricorso in Cassazione: i Motivi dell’Impugnazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando diversi vizi. Il punto centrale, che si è rivelato decisivo, era il difetto di motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame. Secondo la difesa, i giudici del riesame non avevano adeguatamente considerato la documentazione prodotta per giustificare la provenienza del denaro e, soprattutto, avevano commesso un errore macroscopico nell’inquadramento giuridico della misura.

La Decisione della Corte: la Motivazione Apparente del Riesame

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio. Il cuore della decisione risiede nell’aver riscontrato una motivazione apparente.

I giudici di legittimità hanno evidenziato una palese contraddizione: il GIP aveva disposto il sequestro finalizzato alla “confisca allargata” (art. 240-bis c.p.), che si fonda sulla sproporzione tra i beni posseduti e il reddito dichiarato. Il Tribunale del riesame, invece, nel confermare il provvedimento, lo ha erroneamente giustificato richiamando i principi della “confisca per equivalente”.

Questa confusione tra due istituti giuridici distinti e con presupposti diversi ha reso la motivazione del tutto inidonea a spiegare le ragioni della decisione. Il Tribunale, infatti, si è limitato ad affermare che era sufficiente verificare la “proporzionalità dell’ammontare”, un criterio pertinente alla confisca per equivalente ma non a quella allargata, che richiede invece una valutazione sulla sproporzione e sulla mancata giustificazione della provenienza dei beni.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione contro i provvedimenti di sequestro è ammesso per violazione di legge, categoria che include anche i vizi della motivazione così radicali da renderla mancante o meramente apparente. Una motivazione apparente si verifica quando, come nel caso di specie, essa è “sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice”.

Il Tribunale del riesame, afferma la Corte, ha fornito una motivazione apodittica, limitandosi a definire “incerta e inadeguata” la documentazione difensiva senza spiegare il perché e, soprattutto, fondando la sua decisione su un presupposto giuridico errato (la confisca per equivalente). Questo errore ha di fatto svuotato di contenuto la motivazione, impedendo di comprendere come i giudici abbiano valutato gli elementi a disposizione e perché abbiano ritenuto sussistenti i presupposti del sequestro. La differente valutazione dei presupposti è stata considerata un vizio talmente grave da imporre l’annullamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici del merito sull’obbligo di fornire motivazioni complete, coerenti e giuridicamente corrette, specialmente quando si incidono diritti patrimoniali con misure cautelari.

L’annullamento con rinvio significa che il Tribunale del riesame di Venezia dovrà riesaminare il caso. Nel nuovo giudizio, dovrà attenersi al principio giuridico corretto, ossia quello della confisca allargata ex art. 240-bis c.p., e dovrà valutare in modo approfondito e non apparente le giustificazioni fornite dalla difesa riguardo la provenienza del denaro, spiegando in modo chiaro e logico le ragioni della sua eventuale decisione.

Quando una motivazione di un provvedimento giudiziario è considerata “apparente”?
Una motivazione è “apparente” quando, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, contraddittoria, illogica o priva dei requisiti minimi di coerenza da non rendere comprensibile il percorso logico-giuridico seguito dal giudice, risultando di fatto equiparabile a una motivazione mancante.

Qual è la differenza fondamentale tra “confisca allargata” e “confisca per equivalente” emersa in questa sentenza?
La confisca allargata (art. 240-bis c.p.) colpisce i beni di valore sproporzionato rispetto al reddito di un soggetto indagato o condannato per gravi reati, di cui non si riesce a giustificare la provenienza lecita. La confisca per equivalente, invece, colpisce beni di valore corrispondente al profitto di un reato quando non è possibile aggredire i proventi diretti del reato stesso. I presupposti e la logica delle due misure sono completamente diversi.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di sequestro?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché il Tribunale del riesame ha commesso un grave errore giuridico, confermando un sequestro disposto per confisca allargata sulla base dei principi della confisca per equivalente. Questo scambio di istituti ha reso la motivazione contraddittoria e apparente, non consentendo di comprendere le reali ragioni a sostegno della conferma della misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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