Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43102 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43102 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SCICLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/06/2024 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale COGNOME
NOME COGNOME, che ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 30 maggio 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania aveva applicato a NOME la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso (capo 1) nonché per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 19).
Secondo l’originaria ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dal Giudice per le indagini preliminari, COGNOME NOME e il NOME NOME avrebbero partecipato (assieme a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME) a un sodalizio di stampo mafioso,
riferibile a RAGIONE_SOCIALE, operante sul territorio di Vittoria e comuni limitrof finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti contro la vita, l’incolumità individuale e il patrimonio, nonché ad acquisire la gestione o il controllo di attività economiche, anche mediante «l’operatività di COGNOME NOME, detto NOME, nel settore della produzione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli».
COGNOME NOME e COGNOME NOME, in particolare, avrebbero posto in essere le attività strumentali al perseguimento degli interessi criminali del sodalizio nel territorio di Scicli e Modica.
Con ordinanza del 29 giugno 2024, il Tribunale di Catania – Sezione riesame -, previa riqualificazione del reato di cui al capo 1) nel reato previsto dagli art 110 e 416 cod. pen., ha confermato l’ordinanza impugnata.
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi di seguito enunciati negli stretti limiti di c all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con un primo motivo, articolato con particolare riferimento al delitto di partecipazione all’associazione per delinquere di stampo mafioso, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 110 e 416 cod. pen.
Sostiene che il Tribunale, nel ritenere sussistente il reato di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, avrebbe posto a carico dell’indagato indizi di colpevolezza esclusivamente riferibili a COGNOME NOME.
Il ricorrente, in particolare, evidenzia il rilievo attribuito dal Tribunal rapporto di cooperazione intrattenuto tra la ditta di RAGIONE_SOCIALE e quella di COGNOME NOMENOME NOME di NOME (NOME‘ultimo ritenuto a capo del presunto sodalizio), finalizzato a consentire al COGNOME di svolgere l’attività imprenditoriale, eludendo il seNOMEro di prevenzione subito.
Dalla documentazione in atti, tuttavia, emergerebbe che tale rapporto coinvolgerebbe la sola ditta di RAGIONE_SOCIALE, che era titolare di una ditta distinta da quella del NOME.
L’ordinanza impugnata, inoltre, non avrebbe in alcun modo chiarito quale sarebbe stato il concreto e consapevole contributo fornito dall’indagato al mantenimento in vita dell’organismo criminale.
2.2. Con un secondo motivo, articolato con particolare riferimento al delitto in materia di stupefacenti, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Il ricorrente evidenzia che il delitto in NOMEione è relativo a un episodio di cosiddetta “droga parlata”, avente ad oggetto l’acquisto di 20 grammi di cocaina.
Tanto premesso, sostiene che, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità, il reato andrebbe riqualificato come fatto di lieve entità.
La riqualificazione, peraltro, potrebbe modificare anche le valutazioni relative alle esigenze cautelari.
Il Procuratore generale, nelle conclusioni scritte, ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto, essendo fondati entrambi i motivi di ricorso.
1.1. Il primo motivo è fondato.
Il Tribunale, nel ritenere sussistente il reato di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, ha attribuito rilievo determinante alla circostanza che i fratelli COGNOME, con la loro attività imprenditoriale, avevano consentito ai COGNOME di aggirare le misure di prevenzione patrimoniali, continuando a operare nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli.
A sostegno di tale ricostruzione, tuttavia, ha addotto elementi esclusivamente riferibili alla ditta di RAGIONE_SOCIALE, salvo poi limitarsi ad affermare che il rapporto con i COGNOME «sarebbe chiaramente riferibile ad ambedue i germani, stante la sinergia imprenditoriale che ne connotava l’agire, ad onta della formale esistenza di due ditte individuali distinte». Tale affermazione, tuttavia, si presenta non solo generica, non essendo state chiarire le modalità in cui si estrinsecava tale «sinergia», ma anche meramente assertiva. Il Tribunale, infatti, non ha chiarito da quali elementi abbia dedotto che l’impresa dell’indagato fosse strettamente connessa a quella del NOME, al punto tale da perdere, sostanzialmente, una propria autonomia.
L’onere motivazione su tale elemento di fatto era particolarmente stringente, atteso che su di esso, sostanzialmente, il Tribunale ha fondato l’intero quadro indiziario a carico dell’indagato.
Risulta evidente che il Tribunale ha eluso tale onere motivazionale, rendendo il provvedimento impugnato corredato da una motivazione solo apparente, basata su mere asserzioni.
Al riguardo, va ribadito che la motivazione è apparente e, dunque, inesistente «quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso da giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò
sostanzialmente inesistente» (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, Mastrogiovanni Rv. 247682; Sez. 3, n. 49168 del 13/10/2015, COGNOME, Rv. 265322; Sez. 6, n 18190 del 04/04/2012, Marino, Rv. 253006).
1.2. Anche il secondo motivo è fondato.
Il Tribunale, infatti, ha omesso qualsiasi valutazione in ordine alla poss riconducibilità del fatto alla diversa fattispecie prevista dall’art. 73, c d.P.R. n. 309 del 1990. Né si può ritenere che tale possibilità fosse preclusa quantità della sostanza stupefacente ricevuta dall’indagato (20 grammi), perché lo stesso Tribunale non ha escluso che una parte di essa fosse destina uso personale, sia perché il giudizio sulla lieve entità del fatto non è esclusivamente sul dato quantitativo. Al riguardo, va ricordato che «in tema stupefacenti, la configurabilità del delitto di cui all’art. 73, comma 5, ottobre 1990, n. 309, postula un’adeguata valutazione complessiva del fatto, relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, ed a quantità e qualità sostanze, con riferimento al grado di purezza, sì da pervenire all’affermazion lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e di proporzi della pena» (Sez. 4, n. 50257 del 05/10/2023, Scorcia, Rv. 285706).
Nel caso in esame, è completamente mancata la valutazione complessiva del fatto, essendosi il Tribunale limitato a sostenere che risultava dimostrat l’indagato aveva acquistato 20 grammi di cocaina, «per rivenderla, almeno parte».
La motivazione del provvedimento, dunque, risulta viziata in ordine entrambi i reati contestati.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per u nuovo giudizio al Tribunale di Catania.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale d Catania.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-t disp. att. cod. proc. pen.