Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 47723 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 47723 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato in ROMANIA il 27/06/1992 avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del TRIBUNALE di MILANO.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ricorso trattato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero con cui era stata respinta, per mancanza di cogenza indiziaria, l’istanza di applicazione della misura cautelare massima nei confronti di NOME COGNOME indagato per il reato di ricettazione. In conseguenza di ciò, il Tribunale ha disposto nei confronti dell’indagato la misura della custodia cautelare in carcere.
Con il ricorso vengono formulati due motivi, entrambi incentrati su violazione di legge e su vizio di motivazione.
In particolare, il primo contesta la valutazione in ordine al pericolo di reiterazione del reato, avendo la Corte valorizzato indici spuri (il mancato radicamento in Italia, a dispetto del fatto che egli parli italiano) a front
dell’assenza degli indici richiesti dalla legge (atti e comportamenti concreti e precedenti penali, assenti nel caso), nei fatti ignorati dall’ordinanza.
Inoltre, non si è considerato che l’imputato è stato nel frattempo estradato e quindi non si trova più in Italia.
Con il secondo motivo si lamenta che non si sia considerata la possibilità, per l’imputato, di fruire della sospensione condizionale della pena, in un futuro giudizio, e che, in ogni caso, non sia stata valorizzata la modestia del danno (consistendo la refurtiva in borse danneggiate), così violando lo standard di proporzionalità e adeguatezza della misura.
Con memoria inviata per PEC, il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento in relazione al profilo riguardante la scelta della misura, mentre quelli ulteriori sono manifestamente infondati.
1.1 Iniziando da quest’ultimo aspetto, affrontato dal primo motivo di ricorso, la Corte ritiene che tanto la violazione di legge che il vizio di motivazione denunciati a pg.2 del ricorso siano insussistenti. In particolare, si denuncia il ricorso da parte del Tribunale a parametri di valutazione del rischio di recidiva che non sono previsti dalla legge, trascurandosi invece quelli dettati dall’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., nonché (pg. 3) l’omessa disamina dell’attualità del pericolo.
Entrambe le critiche sono manifestamente infondate.
Sotto il primo profilo, è sufficiente osservare che il Tribunale ha correttamente incentrato la propria valutazione sulle specifiche modalità e circostanze del fatto e sulla personalità della persona sottoposta alle indagini, che costituiscono i parametri di riferimento della norma applicata (art. 274 lett. c, cod. proc. pen.). Infatti, valorizzando quantità e qualità della refurtiva ed evidenziando il verosimile collegamento ad ambienti malavitosi pronti a ricevere e smistare le borse (eventualmente previa loro riparazione, per la presenza di difetti nei prodotti) si è correttamente sottolineato la necessaria pianificazione del colpo e la contiguità a, se non l’inserimento in, circuiti delinquenziali collaudati che ragionevolmente non si affidano a manovalanza estemporanea per il conseguimento dei propri fini illeciti. In aggiunta, rimarcando il precedente specifico dell’imputato, per cui è stata disposta l’estradizione, ed al contempo svalorizzando la valenza dell’incensuratezza a fronte della condizione di déraciné dell’imputato (senza fissa dimora, senza documenti, senza data certa di ingresso
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nel GLYPH territorio dello GLYPH Stato)
Tribunale ha adeguatamente soppesato la personalità dell’imputato per trarne indici di pericolosità.
Si tratta di una motivazione del tutto scevra da profili di illogicità, tanto meno manifesta, e contraddittorietà che, in vero, solo genericamente vengono indicati alla fine del motivo.
Infatti, costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale, in tema di esigenze cautelari, la modalità della condotta tenuta in occasione del reato può essere presa in considerazione per il giudizio sulla pericolosità sociale dell’imputato, oltre che sulla gravità del fatto (così, da ultimo, Sez. 2, n. 18290 del 12/04/2013, COGNOME, Rv. 255755; conf., in precedenza, Sez. 6, n. 12404 del 17/02/2005, Genna, Rv. 231323; Sez. 3, n. 48502 del 13/11/2003, COGNOME, Rv. 227039).
Anche sotto il profilo della attualità del pericolo, la decisione impugnata è immune da critiche. Premesso che attualità del pericolo non significa imminenza (cfr. in tal senso Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991 – 01), essendo necessaria una seria valutazione prognostica ma non la previsione di specifiche occasioni di recidivanza, nel caso specifico il riferimento alla concretezza del pericolo in relazione all’esigenza dell’indagato di provvedere al proprio sostentamento, fornisce uno specifico quadro in termini di immediatezza, e quindi attualità, del pericolo, così soddisfacendo, pur se in via implicita, lo standard contestato come carente dalla difesa.
1.2 Da quanto precede, vale a dire dalla ritenuta sussistenza del pericolo di recidiva, deriva anche il superamento di ogni questione attinente alla ipotetica concedibilità della sospensione condizionale della pena. Sul punto, è sufficiente richiamare il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità per il quale la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena (così, tra le tante, Sez. U, n. 1235/11 del 28/10/2010, COGNOME ed altri, Rv. 248866; Sez. 6, n. 50132 del 21/11/2013, COGNOME, Rv. 258501 -01).
1.3 II secondo motivo, come detto, merita di essere accolto.
Infatti, la valutazione espressa dal Tribunale in ordine alla scelta della misura appare congetturale e non fondata sul meditato esame degli elementi concreti ed in particolare della proporzionalità tra fatto e misura, quanto piuttosto sulla indisponibilità di un domicilio ove l’imputato possa eventualmente essere posto agli arresti domiciliari. Manca conseguentemente una concreta valutazione delle possibilità alternative (dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria al divieto o all’obbligo di dimora) non parendo logica l’asserzione secondo cui il Toma, in
caso di misura non custodiale, non avrebbe alcun ostacolo alla commissione di reati della stessa specie, essendo essi replicabili in ogni contesto territoriale.
Si tratta, a parere della Corte, di una motivazione, sul punto, di mero stile, e quindi in sostanza, apparente, poiché si dovrebbe piuttosto spiegare perché, dopo aver evidenziato il collegamento dell’indagato ad un gruppo strutturato (che evidentemente ha una connotazione territoriale), condotte delittuose analoghe potrebbero dallo stesso essere replicate anche nell’ipotesi in cui, in virtù ad esempio di un divieto di dimora, gli fosse precluso l’accesso nel Comune, nella Provincia o nella Regione in cui il reato oggetto dell’odierno esame è stato commesso.
Per tale ragione, il provvedimento deve essere annullato.
Il Tribunale di Milano, cui il processo va rinviato a seguito dell’annullamento del provvedimento, ai sensi dell’art.309, comma 7, cod. proc. pen., è tenuto a decidere nuovamente il punto della scelta della misura, attenendosi a quanto sopra illustrato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla scelta della misura e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Milano competente ai sensi dell’art.309, comma 7, cod. proc. pen..