Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19217 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19217 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Bovalino (RC), il DATA_NASCITA,
NOME, nata a Locri (RC), il DATA_NASCITA,
NOME, nata a Locri (RC), il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME, nata Portigliola (RC), DATA_NASCITA,
NOME, nato a Locri (RC), il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME, nata a Locri (RC), il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME, nato a Cittanova (RC), il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME, nato a Bovalino (RC), il DATA_NASCITA,
avverso il decreto emesso dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in data 28/03/2023;
visti gli atti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alla perimetrazione cronologica della pericolosità
sociale del proposto ed alla conseguente confisca dei beni, con rigetto, nel resto, dei ricorsi;
letta la memoria di replica del 29/01/2024, a firma derll’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, nonché, quali terzi interessati, di NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, con cui ribadisce il contenuto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto impugnato la Corte di Appello di Reggio Calabri rideterminava in anni tre la durata della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, ed in euro tremila la misura della cauzione nei confronti di NOME COGNOME, disposte con decreto del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione del 14/10/2020-11/01/2021, e rigettava la proposta di confisca avuto riguardo unicamente al 100% del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE ed al patrimonio aziendale, con eccezione del 100% delle quote della società RAGIONE_SOCIALE, di cui era disposta la confisca, nonché rigettava la proposta di confisca in riferimento al 100% del fabbricato in Scilla, intestato a NOME COGNOME, confermando, nel resto, il decreto impugnato.
NOME COGNOME, nonché, quali terzi interessati, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME ricorrono, a mezzo dei difensori di fiducia e procuratori speciali, AVV_NOTAIOto AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, in data 07/09/2023, deducendo quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
2.1 violazione di legge, in riferimento agli artt. 4 e 6 d. Igs. 159 del 2011, a sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decreto impugnato ha escluso che NOME COGNOME fosse socialmente pericoloso ai sensi dell’art. 4, lett. b), d. Igs. 159/2011 – pur omettendo di darne atto nel dispositivo -, mentre ha confermato il giudizio di pericolosità ai sensi delle lettere c) e i-bis) del suddetta norma, omettendo di considerare gli esiti cautelari, tutti positivi per il COGNOME, ad eccezione di quello relativo al procedimento Red L.ine; in particolare, dopo aver ripercorso il contenuto della sentenza Gattuso delle Sezioni Unite, il motivo sottolinea come si sia tenuto conto solo della circostanza che il COGNOME fosse stato dirigente, e neanche titolare, di società che si occupavano di conglomerati bituminosi, avendo, peraltro, erroneamente considerato l’esito delle procedure cautelari esaminate. Quanto al procedimento COGNOME, infatti, il decreto ha erroneamente ritenuto intervenuto un provvedimento di convalida da parte del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bolzano, che, invece, non aveva mai adottato detto provvedimento, disponendo la liberazione del
COGNOME, omettendo del tutto di verificare, quindi, quanto dedotto dalla difesa, con conseguente inesistenza della motivazione, che ha omesso di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo ai fini della pronuncia; inoltre, il procedimento COGNOME è stato annullato dalla Cassazione con rinvio, quindi il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE si è dichiarato territorialmente incompetente in favore del Tribunale di Bolzano che, come detto, ha disposto la liberazione del COGNOME, mentre per il procedimento Arca di Noè, confluito del procedimento COGNOME, il Tribunale di Genova si è dichiarato territorialmente incompetente in favore di quello di Bolzano, che ha adottato la medesima decisione, per le ragioni, illustrate in ricorso, della totale insussistenza delle fattispecie criminose ascritte al ricorrente; quanto al procedimento COGNOME, nei confronti di NOME COGNOME il Tribunale del Riesame ha revocato la misura cautelare per insussistenza di esigenze cautelari, ma, in realtà, non solo il COGNOME è assolutamente estraneo alle vicende ascrittegli per le ragioni illustrate in ricorso, quanto alla ricostruzione del fatto -, ma soprattutto, l’esclusione delle esigenze cautelari rende impossibile ritenere la pericolosità sociale in riferimento al periodo 2015-2016, già esclusa in sede di riesame; quanto al procedimento RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale del riesame ha escluso la sussistenza di sette episodi considerati dal capo di incolpazione provvisorio, ossia quelli compresi tra il 2008 ed il 2012, con conseguente riduzione anche del sequestro, laddove la difesa ha documentalmente dimostrato l’infondatezza dell’accusa, con conseguente annullamento dell’ordinanza cautelare, laddove, invece, il decreto impugnato si è limitato a considerare la sussistenza del procedimento e non i fatti oggetto dello stesso. Quanto al procedimento Red Line, conclusosi non favorevolmente per il ricorrente, nondimeno la Corte di merito non ha considerato i fatti oggetto dello stesso in relazione al valore sintomatico di essi, in funzione dell’autonoma valutazione della pericolosità sociale: anzitutto, con l’atto di appello, si era evidenziata la necessità di considerare l’incolpazione per il delitto associativo, datata dal gennaio 2016 al settembre 2018, posto che proprio il contenuto dell’ordinanza cautelare prescinde da ogni riferimento al vincolo associativo e che il ruolo di amministratore di fatto del COGNOME non è supportato da alcun dato. Inoltre, con un secondo punto del primo motivo, la difesa rileva come – a differenza di quanto affermato dalla Corte di merito – emerga evidente dall’atto di appello che fosse stata contestata anche la pericolosità generica, sui cui requisiti costitutivi la difesa si sofferma, con particolare riferimento a quello dell’abitualità, come desunto da elementi di fatto, alla luce della giurisprudenza di legittimità; altrettanto evidentemente il decreto impugnato non ha individuato le ragioni per le quali i fatti oggetto dei procedimenti – tranne il procedimento Red Line, per il quale non è neanche intervenuto il rinvio a giudizio – possano integrare il requisito dell’abitualità nella commissione di delitti e del trarre abitualmente le Corte di Cassazione – copia non ufficiale
proprie fonti di sostentamento da attività illecita, essendo stato il COGNOME assolto in tutti i processi in cui è stato giudicato prima del giudizio di prevenzione. Con il terzo punto del primo motivo la difesa illustra l’insussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 4, lett. i-bis) d. Igs. 159/2011 – fondato sui procedimenti COGNOME ed Arca di RAGIONE_SOCIALE, di cui si è detto in precedenza, e sul procedimento RAGIONE_SOCIALE, ancora nella fase delle indagini preliminari -, in quanto il riferimento al concetto di indiziato, contenuto nella citata disposizione, fissa una relazione biunivoca tra indizi e specifiche tipologie di reati in relazione ai quali deve essere perinnetrato il giudizio di pericolosità sociale, alla luce dei paradigmi valutativi della prova indiziaria ribaditi dalle Sezioni Unite, dovendosi ricordare che la decisione emessa nell’ambito del procedimento RAGIONE_SOCIALE ha escluso la sussistenza della gravità indiziaria per il reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. in relazione periodo compreso tra il 2008 ed il 2012. Né il decreto impugnato ha considerato l’attualità della pericolosità sociale, avendo erroneamente fatto riferimento a condotte recenti, laddove le imputazioni rilevanti si sono concluse nel 2016, epoca a partire dalla quale il COGNOME è stato sottoposto a misura cautelare, posto che anche nel procedimento RAGIONE_SOCIALE Line le condotte di truffa e frode fiscale risultano circoscritte agli anni 2016 e 2017. Anche alla luce del principio sancito dalle Sezioni Unite Spinelli, inoltre, ai fini della componente ablatoria del provvedimento impugnato, appare evidente che il giudizio cautelare nell’ambito del procedimento RAGIONE_SOCIALE abbia individuato la rilevanza dei soli fatti commessi nel 2012, il che non giustifica la retrodatazione della pericolosità al 2008;
2.2 violazione di legge, in riferimento agli artt. 6 e 8 d. Igs. n. 159 del 2011, 125 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., essendo stata del tutto omessa la motivazione circa la tipologia e la durata della misura di prevenzione inflitta, nonostante lo specifico motivo di appello sul punto.
2.3 violazione di legge, in riferimento agli artt. 6, 8 e 31 d. lcis. n. 159 del 2011 125 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., essendo stata del tutto omessa la motivazione circa l’ammontare della cauzione;
2.4 violazione di legge, in riferimento agli artt. 16, 18 e 241 d. Igs. n. 159 del 2011, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., relativamente alla confisca, quanto all’errato giudizio di sproporzione a seguito dell’omessa individuazione dei beni e delle provviste utilizzate per acquisirli, in correlazione temporale con la pericolosità sociale, come ridefinita dal processo RAGIONE_SOCIALE, che, come detto, ha escluso la sussistenza di fatti penalmente rilevanti dal 2008 al 2012, nonché alla luce dei principi della giurisprudenza di legittimità sul tema, essendo il decreto impugnato, ed anche quello di primo grado, del tutto carenti quanto alla ricostruzione della storia dei beni materiali e delle società oggetto di confisca, nonostante il contenuto della relazione degli amministratori giudiziari, allegata al
ricorso, mancando – come evidenziato dagli esempi illustrati in ricorso -, in riferimento ai singoli beni, una congrua motivazione, a fronte della diversa determinazione del periodo di pericolosità sociale, della dimostrazione della capacità di impiego di risorse lecite, riconosciute anche dal perito e, soprattutto, della datazione delle acquisizioni dei beni o dell’impiego cli capitali rispetto al ritenuto periodo di pericolosità. Quanto all’errato giudizio di sproporzione per l’omessa considerazione degli accumuli patrimoniali precedenti il periodo di ritenuta pericolosità sociale, peraltro rideterminato dalla Corte di merito, il COGNOME ha conseguito, dalla metà degli anni ’80, profitti da attività imprenditoriale, come riconosciuto anche dal perito di ufficio, per cui avrebbe dovuto essere considerata la provvista acquisita, in misura ingente, prima del 2008, ivi incluse le somme che il proposto ha ricevuto dal padre, su cui il decreto impugnato non spende una parola; in secondo luogo, quanto alle rettifiche accettate dalla Guardia di Finanza, a seguito delle quali sono stati rideterminati i minori costi sostenuti e le maggiori entrate conseguite dal proposto – come indicati in ricorso – l’Ufficio di Procura ha riportato nel prospetto sperequativo tutte le variazioni positive; analogamente, con l’atto di appello si indicava la donazione fatta dal padre al proposto, come dimostrata anche dal consulente di parte, della somma di poco meno di 1.500.000,00 euro scaturente dalla vendita di un immobile in Bovalino e ricevuta in epoca antecedente il periodo di ritenuta pericolosità sociale, per cui l’omessa considerazione di tale somma appare ancor più stridente con la revoca della confisca della RAGIONE_SOCIALE, di cui il COGNOME era ed ancora titolare, in quanto le possidenze di detta società, pari ad oltre cento milioni di euro, avrebbero dovuto essere considerate come patrimonio accumulato ed utilizzabile dal proposto e, quindi, da considerare ai fini del provvedimento ablativo degli ulteriori beni; analogamente, in nessun conto sono state tenute le considerazioni del perito di ufficio quanto alla RAGIONE_SOCIALE, essendo state escluse perdite per anni diversi dal 1994, 1995, 2000, senza considerare il capitale sociale della predetta compagine, ampiamente utilizzabile per ridurre le perdite; quanto all’errato giudizio di sproporzione per l’illegittima esclusione di introiti già riconosciuti dalla decisione di primo grado, i assenza di impugnazione del pubblico ministero, il decreto impugnato ha disconosciuto due risarcimenti di danni, uno conclusosi con il lodo arbitrale con il comune di Bovalino, l’altro conclusosi con la sentenza civile coinvolgente l’IACP, già riconosciuti dal primo giudice, oltre che dall’Ufficio di Procura e, quindi, non oggetto di impugnazione; ne discende, alla luce della motivazione sul punto, la violazione del principio di autonomia patrimoniale imperfetta delle società di persone, per cui il COGNOME ben avrebbe potuto disporne senza alcuna necessità di transazioni finanziarie tra la società ed il socio, avendo egli ampiamente dimostrato di aver percepito le somme, avendole riportate integralmente nella Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dichiarazione dei redditi; per cui tali somme, entrando a far parte del patrimonio della persona fisica e, quindi, nel reddito complessivo del proposto, non avrebbero potuto essere sottoposte a confisca, anche in assenza di impugnazione, sia da parte dell’Ufficio di Procura che da parte del difensore del proposto. Si evidenzia, inoltre, l’errato giudizio di sproporzione per l’errato ed illegittimo superamento dei risultati della perizia di ufficio circa la sperequazione dei redditi di NOME COGNOME e della moglie, NOME COGNOME, quali dipendenti delle società confiscate, posto che, pur avendo I perito riconosciuto come legittimi tali redditi, dichiarati al Fisco, il decreto impugnato ha fatto riferimento ad avvisi di accertamento dell’RAGIONE_SOCIALE mai notificati e sconosciuti sia al proposto che alla moglie, in quanto notificati alle sole, società in epoca successiva al sequestro delle stesse, essendo due dei detti avvisi, peraltro, riferiti alla società dissequestrata; in ogni caso, tali atti non avevano dato luogo a procedimenti penali, come indicato dallo stesso decreto; i soggetti dipendenti, dichiarando le entrate, hanno versato, per il principio della progressione per scaglioni, un ammontare di imposte maggiore rispetto a quello che avrebbero versato le società, in virtù dell’aliquota fissa; in più, gli accertamenti avevano ad oggetto l’annullamento dei rapporti di lavoro causati dall’avvenuto sequestro, né si comprende perché gli stessi non dovrebbero essere considerati leciti, essendo stati anche dichiarati al Fisco, né appare chiara la rilevanza del disconoscimento ai fini previdenziali operato dall’RAGIONE_SOCIALE, trattandosi, si ripel:e, di accertamenti successivi al sequestro ed avendo la difesa dimostrato, in appello, la liceità dei contratti di lavoro del COGNOME con la RAGIONE_SOCIALE e con la RAGIONE_SOCIALE; infine provvedimento impugnato ha del ‘tutto immotivatamente disatteso le opposte conclusioni del perito di ufficio. In relazione alle ricadute delle illustrate violazio di legge sui beni dei terzi interessati, il motivo evidenzia come le predette considerazioni non possano che riverberarsi, tutte, sulla decisione concernente le statuizioni patrimoniali relative ai terzi interessati, sia in riferimento ad NOME COGNOME, titolare delle quote della RAGIONE_SOCIALE, società costituita nel 1998, sia riferimento alla moglie ed alla figlia del proposto, NOME COGNOME e NOME COGNOME; si individuano, quindi, i beni oggetto di ablazione, ricordando le considerazioni già svolte in tema di erronea valutazione di illiceità dei redditi da lavoro dipendente percepiti negli anni precedenti gli avvisi di accertamento dell’RAGIONE_SOCIALE, afferenti, peraltro, alle sole società RAGIONE_SOCIALE, dissequestrata, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, laddove sono stati sottoposti a confisca redditi relativi anch ad ulteriori società, ribadendosi, inoltre, la condizione di possidenza della moglie e della suocera del proposto e, quindi, delle loro possibilità di accumulo e di reinvestimento, come dimostrato dalla documentazione allegata all’atto di appello e richiamata in ricorso, laddove sono state anche riprodotte le Corte di Cassazione – copia non ufficiale
considerazioni poste a base della ricostruzione delle vicende relative ai beni sottoposti alla misura ablativa.
2.bis Con memoria di replica del 29/01/2024, l’AVV_NOTAIO, per NOME COGNOME e, quali terzi interessati, per NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, ha ribadito il contenuto del ricorso.
NOME COGNOME, quale terzo interessato, amministratore e socio della RAGIONE_SOCIALE, nonché amministratore della RAGIONE_SOCIALE, ricorre, a mezzo del difensore di fiducia e procuratore speciale AVV_NOTAIO, in data 04/09/2023, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
3.1. violazione di legge, in riferimento agli artt. 20 e 24 d. Igs. 159/2011, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decreto impugnato ha offerto una motivazione del tutto apparente in relazione alle doglianze presentate con l’appello – integralmente riportate in ricorso -, posto che le risultanze del processo RAGIONE_SOCIALE, da cui emergerebbe l’ingerenza del proposto nelle società oggetto di ablazione, non può che portare ad un esito favorevole al ricorrente, non risultando la qualifica di pubblico ufficiale in capo al concorrente necessario COGNOME, tenuto conto della giurisprudenza di legittimità in tema di corruzione e concussione relativamente ai pubblici appalti; peraltro, tale procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari e non risulta elevata alcuna imputazione di intestazione fittizia a carico del COGNOME e del COGNOME, il cui ruolo è stato del tutto chiarito dalla relazione degli amministratori giudiziari, allegata al ricorso; in ogni caso, come dimostrato dal procedimento COGNOME, il COGNOME non aveva alcuna necessità di intestare a terzi, fittiziamente, le aziende, essendo stato dimostrato come il compendio aziendale delle società in oggetto non fosse stato acquistato con proventi illeciti.
NOME COGNOME, quale terzo interessato, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ricorre, a mezzo del difensore di fiducia e procuratore speciale AVV_NOTAIO, in data 06/09/2023, deducendo due motivi, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
4.1 violazione di legge, in riferimento agli artt. 20 e 24 d. ig:s. 159 del 2011, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decreto impugnato ha offerto una motivazione del tutto apparente in relazione alle doglianze presentate con l’appello – integralmente riportate in ricorso -, posto che la Corte di merito ha travisato il contenuto della sentenza emessa all’esito del processo COGNOME, da cui il COGNOME è stato assolto perché il fatto non sussiste, in accoglimento della tesi difensiva secondo cui il proposto non aveva alcun motivo di intestare fittiziamente a terzi le aziende; né si comprende la motivazione della Corte di merito, posto che, ai fini della confisca di prevenzione, non emerge quale rilievo possa avere il fatto che il proposto avesse intestato l’azienda al
NOME allo scopo di far ricadere su questi gli effetti della causa civile con la Mercedes Benz; peraltro, con l’appello era stata allegata anche la circostanza dello svolgimento effettivo di attività gestoria da parte del COGNOME, considerato anche che, se il COGNOME avesse voluto continuare a detenere il controllo della RAGIONE_SOCIALE, avrebbe potuto gestirla attraverso la RAGIONE_SOCIALE, società peraltro dissequestrata dalla Corte di Appello; ciò a dimostrazione che proprio l’aver ricoperto il ruolo di procuratore generale all’interno della RAGIONE_SOCIALE dimostra come il COGNOME non temesse alcuna misura ablativa, senza dimenticare che in tema di pericolosità generica sarebbe stato necessario dimostrare che la società era alimentata da proventi illeciti, il che non risulta essere emerso in alcun modo;
4.2 violazione di legge, in riferimento agli artt. 42 della Costituzione e 24 d. Igs. 159 del 2011, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decreto impugnato è illegittimo quanto alla ritenuta pericolosità al momento dell’acquisto dei beni da parte della società con proventi illeciti, posto che in sede cautelare è stata esclusa la rilevanza penale dei sette affidamenti diretti tra il 2008 ed il 2011, a fronte della costituzione della RAGIONE_SOCIALE nell’ottobre 2009, analizzando il ricorso le vicende di detta società al fine di dimostrare come non sia stata neanche verificata la ricaduta dell’acquisto dei beni da parte della società in un periodo rilevante ai fini della perimetrazione temporale della pericolosità generica.
NOME COGNOME, quale terza interessata, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, ricorre, a mezzo del difensore di fiducia e procuratore speciale AVV_NOTAIO, in data 06/09/2023, deducendo due motivi, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
5.1 violazione di legge, in riferimento agli artt. 20 e 24 d. Igs. 159 del 2011, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decreto impugnato ha offerto una motivazione del tutto apparente in relazione alle doglianze presentate con l’appello – integralmente riportate in ricorso -, posto che la Corte di merito ha travisato il contenuto della sentenza emessa all’esito del processo COGNOME, da cui il COGNOME è stato assolto perché il fatto non sussiste, in accoglimento della tesi difensiva secondo cui il proposto non aveva alcun motivo di intestare fittiziamente a terzi le aziende, benché nel detto procedimento fossero confluiti gli atti della procedura di prevenzione; in ogni caso, il COGNOME, quale procuratore generale con ampi poteri, era sottoposto ai controlli di legalità alla stregua dell’amministratore; quanto ai contratti di lavoro stipulati dalla RAGIONE_SOCIALE con il COGNOME ed il COGNOME, non vi è stato alcun accertamento della loro fittizietà, ed il compenso era del tutto adeguato all’attività svolta, ciò senza considerare che non è stato tenuto in debito conto come, nel procedimento
RAGIONE_SOCIALE, sia stata esclusa al rilevanza penale dei sette affidamenti diretti, essendo stato, di conseguenza, riperimetrato il periodo di rilevanza della pericolosità generica, a partire dal 2008, risultando solo due degli affidamenti diretti imputabili alla RAGIONE_SOCIALE, quello del 28/09/2011 e quello del 03/10/2011; in ambito cautelare, inoltre, con provvedimento confermato in Cassazione, il sequestro preventivo è stato ridotto a soli 66.200,00 euro, mentre per le somme residue è stato ritenuto che i lavori fossero stati eseguiti e che non vi fosse spazio per l’individuazione di un profitto illecito; il motivo, infine, passa i rassegna le vicende della RAGIONE_SOCIALE, nata nel 2008 con risorse la cui liceità non è mai stata contestata, e tutti gli acquisti della società, che risalgono ad epoca antecedente l’insorgere della pericolosità sociale, ossia l’anno 2008; inoltre, l’azienda era iscritta nelle liste ufficiai dei fornitori dell’ANAS e non è mai stata esclusa dalle procedura ad evidenza pubblica, nulla essendo emerso dalle relazioni di consulenza in riferimento ad entrambe le predette società;
5.2 violazione di legge, in riferimento agli artt. 42 della Costituzione e 24 d. Igs. 159 del 2011, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decreto impugnato è illegittimo quanto alla ritenuta pericolosità al momento dell’acquisto dei beni da parte della società con proventi illeciti, posto che in sede cautelare è stata esclusa la rilevanza penale dei sette affidamenti diretti tra il 2008 ed il 2011, per cui la pericolosità, al più, potrebbe farsi risalire al 2012, anno di stipula dei contratti di fornitura dei noli, a fronte degli acquisti dei fabbricati e terreni in Bovalino nell’anno 2009, nulla essendo emerso in ordine alla natura illecita dei mezzi utilizzati per l’acquisto degli impianti e degli altri beni; stes discorso vale per la RAGIONE_SOCIALE, i cui acquisti sono antecedenti all’insorgenza della pericolosità generica e, quindi, la Corte di merito avrebbe dovuto dissequestrare i ben; alla luce dei consolidati criteri ermeneutici di legittimità, peraltro, la Corte di merito ha omesso di confrontarsi con il concetto di impresa illecita, considerata la mancata contestazione della valenza lecita del rapporto fatturato/ricavi di entrambe le aziende nella loro componente preponderante, a fronte della minima incidenza dei presunti profitti illeciti.
6. NOME COGNOME, quale terzo interessato, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ricorre, a mezzo del difensore di fiducia e procuratore speciale AVV_NOTAIO, in data 06/09/2023, deducendo due motivi, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
5.1 violazione di legge, in riferimento agli artt. 20 e 24 d. Igs. 159 del 2011, 125 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decret impugnato ha offerto una motivazione del tutto apparente in relazione alle doglianze presentate con l’appello – integralmente riportate in ricorso -, posto che la Corte di merito ha travisato il contenuto della sentenza emessa all’esito del processo COGNOME, da cui il COGNOME è stato assolto perché il fatto non
sussiste, in accoglimento della tesi difensiva secondo cui il proposto non aveva alcun motivo di intestare fittiziamente a terzi le aziende, con ragionamento applicabile anche alla RAGIONE_SOCIALE, e benché nel detto procedimento fossero confluiti gli atti della procedura di prevenzione; in ogni caso, il COGNOME, quale dirigente alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE, era soggetto del tutto presentabile alla P.A., in quanto uscito sempre indenne dai controlli di legalità; ciò senza considerare che, anche in tal caso, non è stato tenuto in debito conto come, nel procedimento RAGIONE_SOCIALE, fosse stata esclusa la rilevanza penale dei sette affidamenti diretti, essendo stato, di conseguenza, riperin -letrato il periodo di rilevanza della pericolosità generica a partire dal 2008, risultando solo uno degli affidamenti diretti, del valore di poche migliaia di euro, imputabile alla RAGIONE_SOCIALE, quello del 26/09/2011; in ambito cautelare, inoltre, con provvedimento confermato in Cassazione, il sequestro preventivo è stato ridotto a soli 66.200,00 euro, mentre per le somme residue è stato ritenuto che i lavori fossero stati eseguiti e che non vi fosse spazio per l’individuazione di un profitto illecito; il motivo, infine, passa in rassegna le vicende della RAGIONE_SOCIALE, nata ne 2006 con risorse la cui liceità non è mai stata contestata, e tutti gli acquisti della società risalgono ad epoca antecedente l’insorgere della pericolosità sociale, ossia l’anno 2008; l’azienda, in più, era iscritta nelle liste ufficiai dei forni dell’ANAS; inoltre, erra la Corte di merito nel ritenere che i poteri dell’amministratore della società fossero stati neutralizzati dal COGNOME, i cui poteri di dirigente, viceversa, lo esponevano a penetranti controlli di legalità, così come erroneo è il ragionamento secondo cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dismesso le quote della RAGIONE_SOCIALE allo scopo di consentire l’elusione dei controlli di cui all’ar 80 d. Igs. 50/2016, posto che tra i delitti spia previsti da tale disposizione quello di turbativa d’asta vi entra solo a partire dal 2016 e che, considerato il ruolo svolto dal COGNOME, nel 2011, se vi fosse stato un accordo illecito tra il proposto e l’azienda, la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata esclusa dalle procedure ad evidenza pubblica; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
6.2 violazione di legge, in riferimento agli artt. 42 della Costituzione e 24 d. Igs. 159 del 2011, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto il decreto impugnato è illegittimo quanto alla ritenuta pericolosità al momento dell’acquisto dei beni da parte della società con proventi illeciti, posto che in sede cautelare è stata esclusa la rilevanza penale dei sette affidamenti diretti tra il 2008 ed il 2011, a fronte degli acquisti dei fabbricati in RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2003 e nel 2005, mentre gli immobili in Bovalino sono stati acquistato nel 2002, nel 2003, nel 2005, nel 2006 e nel 2007, in epoca antecedente all’insorgenza della pericolosità generica e, quindi, avrebbero dovuto essere dissequestrati; quanto agli acquisti in RAGIONE_SOCIALE nel 2009, come già detto, vi è un accertamento, operato nell’ambito del procedimento RAGIONE_SOCIALE, che ha negato l’esistenza di fatti illeciti collegati al
settore degli affidamenti diretti per i sette episodi dal 2008 al 2011, con evidenti ripercussioni sull’acquisto effettuato nel 2009; alla luce dei consolidati criteri ermeneutici di legittimità, peraltro, la Corte di merito ha omesso di confrontarsi con il concetto di impresa illecita, alla luce della mancata contestazione della valenza lecita del rapporto fatturato/ricavi dell’azienda nella sua componente preponderante, a fronte della minima incidenza dei presunti profitti illeciti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati e vanno accolti, per le ragioni di seguito illustrate.
1.La Corte di merito – diversamente opinando rispetto al Tribunale, che aveva fatto risalire la pericolosità generica del COGNOME al 1985 – ha ritenuto che tale datazione dovesse essere corretta, risultando risalente al 2008 la pericolosità generica del predetto.
In particolare, quanto all’unica sentenza definitiva, con cui il COGNOME era stato condannato per ventisette episodi di truffa e due di turbativa d’asta, commessi in Bovalino tra il 1985 ed il 1991, la Corte di merito ha osservato come tale pronuncia non fosse dimostrativa del fatto che in seguito il ricorrente avesse fatto sistematico ricorso alle turbative d’asta in sede di appalti pubblici, dato che nell’ambito del procedimento “Cumbertazione” tali condotte non gli erano state affatto ascritte; in ogni caso, a fronte dell’esito di tale ultimo procedimento, la Corte di merito ha osservato come il materiale investigativo ivi raccolto fosse del tutto ininfluente, all’esito delle valutazioni operate in sede cautelare, laddove già in sede di misura cautelare era stato escluso il compendio indiziario, essendo stato il COGNOME ritenuto, piuttosto, una vittima della criminalità organizzata o, comunque, estraneo a contesti di conclamata mafiosità; anche le vicende poste a fondamento del procedimento “RAGIONE_SOCIALE” sono state ritenute irrilevanti nell’ottica del giudizio di prevenzione, alla luce dell’esito decisorio.
Al contrario, la Corte di merito ha ritenuto le emergenze del procedimento “COGNOME” – in riferimento al reato di cui all’art. 356 cod. pen. – rilevanti quanto alla constatazione della pericolosità del COGNOME per il 2015 ed il 2016; analogamente, sono state ritenute rilevanti le risultanze del procedimento “COGNOME“, le cui contestazioni riguardano sia fatti associativi che di corruzione, nell’ambito delle vicende relative alla costruzione delle linee dell’Alta Velocità, nonché quelle del procedimento “Arka di NOME“, relativo ad una vicenda di tentata concussione, collocata alla fine del 2015; parimenti rilevanti sono stati considerati gli esiti del procedimento “RAGIONE_SOCIALE Line”, relativo a reati fiscali commessi tra il 2016 ed il 2017, oltre che a delitto associativo, così come, almeno in parte, gli esiti del procedimento “RAGIONE_SOCIALE“, riferito a vicende corruttive collocate nel
2013, di tenore analogo a quelle emerse nell’ambito del procedimento “COGNOME“.
Conclusivamente, la Corte di merito ha ritenuto che NOME COGNOME, quale imprenditore, avesse sistematicamente agito secondo schemi corruttivi e fraudolenti a partire dal 2008 ed almeno per un decennio, accumulando ingenti ricchezze di illecita provenienza, confluite nelle casse delle società del gruppo RAGIONE_SOCIALE; la pericolosità sociale generica, quindi, poteva essere retrodatata al 2008, data di inizio della consumazione dei delitti di cui al procedimento “RAGIONE_SOCIALE“, risultando integrata la pericolosità di cui alla lettera i-bis), ed essendo emerso, dai procedimenti “COGNOME” ed “Arka di Noè”, come il COGNOME fosse inserito in un contesto associativo finalizzato alle sistematiche corruzioni.
2. Tanto premesso, va osservato che – come condivisibilmenite rilevato anche dal AVV_NOTAIO generale – la Corte di merito non sembra essersi affatto confrontata con la circostanza che il titolo cautelare emesso nell’ambito del procedimento “RAGIONE_SOCIALE“, relativo ad appalti tra il 2008 ed il 2016, risulta annullato i relazione a ben sette affidamenti diretti, collocati tra il 2008 ed il 2011, come emerge dalla documentazione allegata ai ricorsi in ossequio all’onere di autosufficienza; inoltre, gli altri procedimenti posti a fondamento del giudizio di pericolosità riguardano vicende cronologicamente successive, collocate negli anni 2015, 2016 e 2017.
Tale circostanza integra, senza alcun dubbio, un caso di motivazione inesistente o meramente apparente, che viene individuato, nella specie, dall’omesso confronto del tessuto motivazionale del provvedimento impugnato con un elemento decisivo, ossia potenzialmente in grado di determinare un esito opposto del giudizio, in sé considerato (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, P.G. c. RAGIONE_SOCIALE, Rv. 279435; Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, COGNOME NOME, Rv. 279284; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, NOME, Rv. 270080).
Per quanto, quindi, le ulteriori doglianze difensive siano essenzialmente versate in fatto, ciò nondimeno va ricordato quanto già affermato da questa Corte con la sentenza NOME, citata: “E’ vero che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, non sono sindacabili dalla Corte di cassazione i provvedimenti emessi in materia di misure di prevenzione per vizio di motivazione, salvo il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (cfr., per tutte Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246, e, da ultimo, Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266365). Tuttavia, occorre precisare che la motivazione è inesistente anche quando omette del tutto di confrontarsí con un elemento potenzialmente decisivo ai fini della pronuncia sul punto oggetto di ricorso. E’ evidente, infatti, che, se i giudice ha l’obbligo di motivare il decreto in materia di misure di prevenzione a pena di nullità (cfr., specificamente, gli artt. 5 7, comma 1,, e 10, comma 2,
d.lgs. n. 159 del 2011, in combinato disposto con l’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.), non solo tale obbligo deve estendersi a tutti i punti oggetto della decisione, ma la delimitazione del contenuto del dovere argomentativo non può essere rimessa alla insindacabile valutazione del decidente. In particolare, la previsione dell’obbligo di motivazione non può non implicare il dovere, per il giudice, di confrontarsi con gli elementi che sono stati prospettati dalle parti processuali e che, singolarmente considerati, sarebbero tali da poter determinare un esito opposto del giudizio: il fondamento costituzionale dell’obbligo di motivazione è ravvisabile – anche – nello specifico interesse delle parti, in funzione e corrispondenza del loro diritto di azione e di difesa. Che, poi, tra gli elementi potenzialmente decisivi, e dei quali occorre perciò dare conto nella motivazione del decreto di prevenzione, possa essere ricom presa – in ragione del suo contenuto – una sentenza penale, è opzione interpretativa che trova un significato riferimento nell’art. 28, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011. Se, invero, secondo questa disposizione, può essere richiesta la revocazione della decisione definitiva della confisca «quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca», non può non assumere specifica e decisiva rilevanza, ai fini del contenuto della pronuncia del giudice della prevenzione, una sentenza penale avente l’attitudine a diventare definitiva.”
Nel caso in esame, quindi, la perimetrazione del giudizio di pericolosità sociale risulta radicalmente compromessa dalla mancata considerazione della pronuncia del Tribunale del riesame, che ha annullato i titoli cautelari relativi agli affidamenti diretti degli appalti tra il 2008 ed il 2011.
Tale circostanza integra senza alcun dubbio il vizio di motivazione inesistente o meramente apparente e, quindi, il denunciato vizio di violazione di legge, non potendosi non rilevare il carattere di decisività di tale circostanza, che involge la perimetrazione cronologica del giudizio di pericolosità, cui questa Corte di legittimità non può porre rimedio con quella che risulterebbe un’operazione “chirurgica” che, tuttavia, necessiterebbe, in ogni caso, un’ulteriore valutazione, all’esito, del carattere della pericolosità sociale al netto della “resezione” effettuata.
Tale valutazione, pertanto, non potrà che essere effettuata in sede di rinvio; ne discende, come effetto ineludibile, anche l’annullamento con rinvio della misura ablatoria, dovendosi necessariamente individuare specificamente i cespiti acquisiti in correlazione temporale con l’emergere della pericolosità sociale, come riperimetrata in sede di giudizio di rinvio.
Inoltre, va tenuto conto che, anche in caso di pericolosità generica, appare necessaria la dimostrazione che la costituzione delle società, ovvero
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l’acquisizione, anche in via di fatto, delle relative partecipazioni, sia stata strumentale al perseguimento di attività illecite, dovendosi ritenere illecita anche l’impresa in cui l’attività risulti, per valore, nettamente prevalente su quella lecita, per cui il complesso aziendale risulti suscettibile di ablazione nella sua totalità, in quanto il complesso dei beni aziendali risulti interamente contaminato (Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277225 Sez. 6, n. 11666 del 13/02/2019, Catarozzo NOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
In tal senso il decreto impugnato risulta, anche sotto tale aspetto nevralgico, del tutto privo di motivazione, con conseguente integrazione del dedotto vizio di violazione di legge.
Ciò comporta, quindi, l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Reggio Calabria che, alla luce dei principi di diritto enunciati, provvederà a riesaminare la tenuta della pericolosità sociale e ad individuare, se del caso, i beni da sottoporre alla misura ablatoria.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Reggio Calabria.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 06/02/2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente