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Motivazione Apparente: Annullata Condanna per Diffamazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per diffamazione a mezzo stampa a carico di una giornalista e del direttore di un quotidiano. La decisione è stata motivata dal vizio di ‘motivazione apparente’, poiché la Corte d’Appello aveva confermato la condanna senza confrontarsi adeguatamente con le specifiche critiche sollevate dalla difesa, limitandosi a replicare le argomentazioni del giudice di primo grado. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: la Cassazione Annulla Condanna per Diffamazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico: ogni decisione giudiziaria deve essere sorretta da una motivazione reale e non solo di facciata. Quando ciò non avviene, si incorre nel vizio di motivazione apparente, che porta all’annullamento della sentenza. Questo è quanto accaduto in un caso di diffamazione a mezzo stampa che vedeva coinvolti una giornalista e il direttore di un noto quotidiano.

I Fatti: Un Articolo Giornalistico sotto Accusa

La vicenda trae origine dalla pubblicazione di un articolo su un quotidiano nazionale che trattava delle presunte pressioni esercitate da un politico in relazione alla gestione di un’azienda municipalizzata. L’articolo, dal titolo evocativo, suggeriva che il politico fosse finito “nel mirino” di una commissione d’inchiesta parlamentare e della magistratura, utilizzando espressioni ritenute lesive della sua reputazione.

Sia la giornalista autrice del pezzo sia il direttore responsabile del giornale venivano condannati in primo grado per il reato di diffamazione. La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte d’Appello, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.

L’Appello e la Censura di Motivazione Apparente

Il fulcro del ricorso per cassazione non era tanto il merito della questione (ovvero se l’articolo fosse o meno diffamatorio), quanto un vizio procedurale gravissimo. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse emesso una sentenza con una motivazione apparente. In pratica, i giudici di secondo grado si sarebbero limitati a confermare la prima sentenza riportandone ampi stralci, senza però analizzare e rispondere puntualmente alle specifiche e complesse argomentazioni difensive presentate nell’atto di appello.

La difesa aveva contestato, tra le altre cose, un’interpretazione parcellizzata e soggettiva dell’articolo, sostenendo che una lettura completa avrebbe rivelato un legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica politica, basato su fatti di interesse pubblico e presentato in forma dubitativa e non assertiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha stabilito che la sentenza d’appello impugnata era effettivamente viziata da una radicale mancanza di argomentazione. I giudici di secondo grado non avevano operato un reale confronto con i motivi di appello, ma si erano limitati a un “mero e tralaticio rinvio” alla motivazione del Tribunale, con formule generiche e stereotipate.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna e ha disposto il rinvio del processo ad un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio, che dovrà tenere conto dei principi enunciati.

Le Motivazioni: L’Obbligo del Giudice di Rispondere

La Corte ha ribadito un principio consolidato: se è vero che le sentenze di primo e secondo grado possono integrarsi a vicenda quando seguono un percorso logico omogeneo, è altrettanto vero che il giudice d’appello ha il dovere di confrontarsi effettivamente con i motivi di impugnazione. Non può sottrarsi a questo compito, specialmente quando la difesa solleva critiche specifiche e argomentate alla ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice.

Una motivazione è nulla quando si limita a “ripetere” quella di primo grado senza rispondere alle contestazioni, o quando si fonda su un “ragionamento fittizio, elusivo delle questioni poste dagli appellanti”. Il giudice deve, quanto meno, confutare gli argomenti che costituiscono “l’ossatura dello schema difensivo dell’imputato”. In caso contrario, la motivazione, pur formalmente esistente, è solo apparente e la sentenza deve essere annullata.

Le Conclusioni: Implicazioni per la Giustizia e il Giornalismo

Questa pronuncia ha importanti implicazioni. In primo luogo, rafforza le garanzie procedurali dell’imputato, riaffermando il diritto a ottenere una risposta giurisdizionale che non sia solo formale ma sostanziale, frutto di un effettivo vaglio critico delle argomentazioni difensive. Una giustizia che non spiega adeguatamente le proprie decisioni è una giustizia manchevole.

Per quanto riguarda il mondo del giornalismo, la vicenda non si chiude qui. L’annullamento è avvenuto per un vizio di forma e non di sostanza. Il nuovo processo d’appello dovrà riesaminare nel merito la vicenda e stabilire se l’articolo rientrasse o meno nei confini del legittimo esercizio del diritto di cronaca. La questione sul delicato equilibrio tra libertà di stampa e tutela della reputazione individuale resta quindi aperta e sarà oggetto di una nuova valutazione.

Quando una sentenza d’appello è nulla per motivazione apparente?
Secondo la Corte, una sentenza d’appello è nulla per motivazione apparente quando, di fronte a specifici motivi di impugnazione che criticano la decisione di primo grado, si limita a ‘ripetere’ la motivazione precedente senza rispondere puntualmente alle contestazioni, risultando così elusiva e fittizia.

Cosa significa che la Cassazione annulla con rinvio?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato la sentenza della Corte d’Appello perché illegittima. Il processo non è finito, ma deve essere celebrato nuovamente davanti a una diversa sezione della stessa Corte d’Appello, la quale dovrà emettere una nuova decisione rispettando i principi di diritto indicati dalla Cassazione.

Il giudice d’appello deve rispondere a ogni singola deduzione difensiva?
Non necessariamente a ogni singola deduzione una per una. Tuttavia, la Corte precisa che il giudice deve confutare gli argomenti che costituiscono ‘l’ossatura dello schema difensivo dell’imputato’, dimostrando di aver preso in considerazione e valutato le critiche principali e strutturate mosse alla sentenza di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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