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Motivazione apparente: annullata condanna bancarotta

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per bancarotta fraudolenta documentale a carico dell’amministratrice di una società fallita. La decisione è stata motivata dal fatto che la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado con una motivazione apparente, ovvero senza analizzare e confutare specificamente i motivi di gravame presentati dalla difesa. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice d’appello ha l’obbligo di fornire una risposta puntuale e analitica a ogni punto contestato, non potendosi limitare a un generico rinvio alla decisione precedente.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: la Cassazione Annulla Condanna per Bancarotta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale penale: il giudice d’appello non può limitarsi a confermare la sentenza di primo grado con un generico rinvio, ma deve analizzare e rispondere a tutti i motivi specifici sollevati dalla difesa. In caso contrario, si incorre nel vizio di motivazione apparente, che porta all’annullamento della decisione. Analizziamo insieme questo importante caso di bancarotta fraudolenta documentale.

I Fatti del Caso

L’amministratrice di una società consortile, dichiarata fallita, veniva condannata in primo grado per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. L’accusa era di aver sottratto o comunque omesso di consegnare al curatore fallimentare alcuni libri contabili (libro paga, libro matricola, libro unico del lavoro) e la documentazione bancaria, rendendo così impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società. La sentenza veniva confermata dalla Corte d’appello territoriale.

L’imputata, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, lamentando che la Corte d’appello non avesse realmente esaminato i suoi motivi di gravame, ma si fosse limitata a una conferma acritica della prima decisione, utilizzando formule generiche e richiamando principi giurisprudenziali non pertinenti al caso specifico.

Le Censure alla Corte d’Appello

La difesa aveva articolato censure precise, contestando punto per punto la ricostruzione dei giudici di merito. In particolare, si sosteneva:

* L’irrilevanza di alcune fatture ai fini della prova di una volontà distrattiva.
* La prova della consegna dei libri contabili all’amministratore subentrante.
* La mancanza di prova dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori.
* L’estraneità della documentazione bancaria dal novero delle scritture contabili obbligatorie in quel contesto specifico.

Secondo la ricorrente, la Corte d’appello aveva ignorato queste argomentazioni, producendo una sentenza viziata da una motivazione apparente.

La Motivazione Apparente nel Giudizio d’Appello

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire la natura e i doveri del giudizio di secondo grado. A differenza del ricorso per cassazione, che è un giudizio a critica vincolata, l’appello devolve al giudice superiore la piena cognizione del caso. Questo significa che il giudice d’appello ha il potere e il dovere di riesaminare integralmente i punti della sentenza contestati.

Quando un atto di appello è specifico e non inammissibile, il giudice ha l’obbligo di motivare in modo puntuale e analitico su ogni punto devoluto. Non può limitarsi a un mero rinvio alla sentenza di primo grado, specialmente quando la difesa ha proposto critiche mirate e argomentate. Farlo equivarrebbe a svuotare di significato il diritto di impugnazione.

Conseguenze della Motivazione Apparente: Annullamento

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha riscontrato che i giudici d’appello si erano limitati a riportare massime giurisprudenziali generiche sull’elemento soggettivo del reato, senza calarle nella realtà processuale e senza confutare le specifiche obiezioni difensive. Ad esempio, avevano confuso diverse ipotesi di bancarotta documentale (omessa tenuta, sottrazione, tenuta irregolare), ciascuna caratterizzata da un diverso elemento soggettivo (dolo generico o specifico), senza chiarire quale condotta fosse stata effettivamente provata a carico dell’imputata.

Questa carenza argomentativa ha trasformato la motivazione in un guscio vuoto, una motivazione solo apparente, che non adempie alla funzione di giustificare la decisione. Tale vizio, riconducibile alla violazione di legge processuale, impone l’annullamento della sentenza.

Le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano sul principio costituzionale del giusto processo e sull’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. La Corte ha chiarito che, sebbene sia possibile una motivazione per relationem (cioè con rinvio ad altri atti), questa è legittima solo se il giudice dimostra di aver preso cognizione delle ragioni dell’atto richiamato e di averle meditate, confrontandole con le critiche della parte appellante. Un semplice richiamo, senza un’analisi critica delle doglianze, non è sufficiente e integra il vizio di motivazione apparente. La Corte ha inoltre sottolineato la confusione operata dai giudici di merito tra le diverse fattispecie di bancarotta documentale, che richiedono un accertamento rigoroso sia dell’elemento materiale che di quello psicologico, soprattutto quando manca una contestuale accusa di bancarotta patrimoniale.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’appello per un nuovo giudizio. Questa decisione rappresenta un monito importante per i giudici di merito: il diritto alla difesa e il principio del doppio grado di giurisdizione di merito esigono che le argomentazioni dell’imputato vengano prese in seria considerazione e, se ritenute infondate, vengano confutate con un ragionamento specifico e puntuale, non con formule di stile. Una giustizia che non spiega adeguatamente le proprie ragioni è, in ultima analisi, una giustizia solo apparente.

Un giudice d’appello può semplicemente confermare la sentenza di primo grado senza fornire una propria motivazione dettagliata?
No. Se l’atto d’appello contiene censure specifiche e non è inammissibile, il giudice ha l’obbligo di motivare in modo puntuale e analitico su ogni punto contestato. Non può limitarsi a un mero e tralatizio rinvio alla motivazione di primo grado, altrimenti la sua decisione è viziata da motivazione apparente.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ e quali sono le sue conseguenze?
Per ‘motivazione apparente’ si intende una motivazione che esiste solo formalmente ma è priva di un reale contenuto argomentativo in grado di giustificare la decisione. Non affronta le specifiche censure sollevate dalle parti e si limita a formule generiche. La conseguenza di tale vizio è l’annullamento della sentenza per violazione di legge.

Nel reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione di scritture contabili, quale tipo di dolo è necessario provare?
La sentenza chiarisce che l’occultamento o la sottrazione delle scritture contabili richiede la prova del ‘dolo specifico’, ovvero la coscienza e volontà di agire con il fine specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Non è sufficiente la mera omissione della consegna (dolo generico).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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