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Morte del ricorrente: l’impatto sul ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato un ricorso presentato da un soggetto, condannato con patteggiamento, contro la decisione che negava l’estinzione del reato. La questione centrale del ricorso riguardava se una successiva sentenza di proscioglimento per vizio totale di mente potesse essere considerata ostativa all’estinzione. Tuttavia, la Corte non è entrata nel merito della questione. A seguito della morte del ricorrente, avvenuta durante il procedimento, la Cassazione ha dichiarato non luogo a provvedere, poiché la pena era comunque estinta per legge a causa del decesso.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Morte del Ricorrente: Cosa Succede al Processo Penale?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 14340 del 2024, offre un chiaro esempio di come un evento imprevedibile, quale la morte del ricorrente, possa interrompere un procedimento giudiziario, lasciando irrisolta una complessa questione di diritto. Il caso riguardava un appello contro il diniego di estinzione di un reato patteggiato, ma la Corte non è mai giunta a decidere nel merito a causa del decesso dell’imputato.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza di patteggiamento del 2012, con la quale un individuo veniva condannato a una pena (sospesa) di quattro mesi e venti giorni per i reati di cui agli artt. 337 e 582 del codice penale. Secondo l’articolo 445 c.p.p., il reato patteggiato si estingue se il condannato non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole entro cinque anni.

L’interessato presentava istanza per far dichiarare l’estinzione del reato, ma la Corte d’Assise di Alessandria la respingeva. La ragione del diniego risiedeva in una successiva sentenza emessa nel 2015 a carico dello stesso soggetto. Con tale pronuncia, pur accertando la commissione di reati di maltrattamenti ed estorsione, il giudice lo aveva dichiarato non imputabile per vizio totale di mente.

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva quindi ricorso per cassazione, sostenendo che una sentenza di proscioglimento per vizio di mente non potesse essere equiparata a una sentenza di condanna e, di conseguenza, non potesse impedire l’estinzione del precedente reato.

La Questione Giuridica e l’impatto della morte del ricorrente

Il quesito giuridico sottoposto alla Suprema Corte era di notevole interesse: una sentenza che accerta un fatto di reato ma proscioglie l’imputato per non imputabilità interrompe il termine per l’estinzione di un precedente reato patteggiato? L’esito di questo ricorso avrebbe potuto chiarire la natura delle sentenze di proscioglimento e i loro effetti.

Tuttavia, un evento sopravvenuto ha cambiato completamente le sorti del procedimento: durante la pendenza del ricorso, è stato acquisito il certificato di morte del ricorrente.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Morte del Ricorrente

Di fronte alla notizia del decesso, la Corte di Cassazione non ha potuto esaminare il merito della questione legale. Invece di accogliere o rigettare il ricorso, ha dichiarato “non luogo a provvedere sul ricorso per morte del ricorrente”.

Questa decisione si fonda su un principio fondamentale del diritto penale: la responsabilità penale è personale e si estingue con la morte del reo. L’articolo 171 del codice penale stabilisce infatti che la morte del condannato estingue la pena.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è puramente processuale e si basa su un presupposto logico e giuridico ineludibile. Con il decesso dell’imputato, viene meno l’oggetto stesso del contendere. L’interesse a decidere se il reato originario fosse estinto per buona condotta è superato da un evento più radicale: l’estinzione della pena per morte. Non ha più senso giuridico valutare se una pena debba essere cancellata per una causa (la buona condotta), quando la stessa pena è già stata cancellata dall’ordinamento per una causa diversa e definitiva (il decesso).

La Corte, pertanto, non entra nel merito della doglianza del ricorrente, in quanto qualsiasi decisione sarebbe priva di effetti pratici. Il procedimento si arresta, riconoscendo che la morte ha posto fine a ogni pretesa punitiva dello Stato nei confronti dell’individuo.

Le Conclusioni

La sentenza in esame, pur non risolvendo l’interessante quesito giuridico sollevato, riafferma un caposaldo del nostro sistema penale. La morte dell’imputato o del condannato è un evento estintivo che prevale su ogni altra valutazione processuale. Di conseguenza, il processo non può proseguire e la Corte deve limitarsi a prenderne atto, dichiarando l’improcedibilità dell’azione. Questo caso dimostra come il diritto debba talvolta cedere il passo a eventi naturali che rendono superflua ogni ulteriore disamina giuridica.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se l’imputato muore?
La Corte di Cassazione dichiara “non luogo a provvedere”, ovvero non decide nel merito dell’impugnazione, perché la morte del ricorrente fa venir meno l’oggetto della contesa e ogni interesse a proseguire il giudizio.

La morte dell’imputato estingue anche la pena?
Sì, secondo l’art. 171 del codice penale, la morte del reo, avvenuta dopo una condanna definitiva, estingue la pena. Lo Stato non può più eseguire la sanzione nei confronti di una persona deceduta.

La Corte si è pronunciata sulla questione se una sentenza di proscioglimento per vizio di mente impedisca l’estinzione di un reato patteggiato?
No, la Corte non si è pronunciata su questo punto specifico. A causa della morte del ricorrente, non è stato necessario esaminare il merito del ricorso, che è stato dichiarato improcedibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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