Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9091 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9091 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALCAMO il 10/04/1962
avverso la sentenza del 16/09/2021 del TRIBUNALE di Pistoia nel quale è parte civile: NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto appello, qualificato come ricorso ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., contro la sentenza emessa in data 16 settembre 2021 con cui il Tribunale di Pistoia l’ha condannata alla pena di 100 euro di ammenda e al risarcimento del danno in favore della parte civile, per il reato di cui all’art. 660 cod. pen. commesso dall’estate 2017 all’ottobre 2018;
rilevato che la ricorrente deduce la illogicità della motivazione, per non avere il giudice tenuto conto della reciprocità delle molestie, messa in atto anche dalla parte offesa, il coniuge divorziato, che a sua volta mandava messaggi e si dileguava sottraendosi alle richieste della ricorrente che sollecitava un aiuto economico per la loro figlia, nonché della possibilità di evitare le asserite molestie silenziando, sul telefono cellulare, l’arrivo dei messaggi non graditi;
rilevato che il difensore della parte civile, in data 04/02/2025, ha depositato le proprie conclusioni, con richiesta di liquidazione delle proprie spese;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto lamenta un vizio di motivazione palesemente insussistente, avendo il Tribunale valutato in modo approfondito, logico e non contraddittorio tutte le prove raccolte, comprese le dichiarazioni della stessa ricorrente che avrebbe in parte ammesso l’invio dei messaggi contestati, sia pure giustificandoli come dettati dalla necessità di chiedere denaro per aiutare la figlia, ed ha valutato sussistente la loro natura molesta per la reiterazione, oltre che per il contenuto talvolta ingiurioso e minaccioso;
ritenuto, inoltre, che il ricorso sia inammissibile laddove sostiene la insussistenza del reato nel caso di invio di messaggi whatsapp, stante la possibilità di silenziarli, perché in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 660 cod. pen. commesso attraverso il mezzo del telefono, ciò che rileva è il carattere invasivo del mezzo impiegato per raggiungere il destinatario, e non la possibilità per quest’ultimo di interrompere o prevenire l’azione perturbatrice, escludendo o bloccando il contatto o l’utenza non gradita; ne consegue che costituisce molestia anche l’invio di messaggi telematici, siano essi di testo (SMS) o messaggi whatsapp» (Sez. 1, n. 37974 del 18/03/2021, Rv. 282045);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
ritenuto altresì che la ricorrente debba essere condannata anche al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, in applicazione del principio di questa Corte secondo cui «Nel giudizio di legittimità celebrato con il rito camerale non partecipato, … quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile, in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione» (Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, Rv. 281960), ed avendo la parte civile fornito tale contributo, chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile perché proposto come appello, e perciò contenente motivi non proponibili al giudice di legittimità, in particolare una mera valutazione alternativa delle fonti probatorie, ovvero dichiararsi lo stesso infondato, confermando la condanna;
ritenuto che la liquidazione del rimborso di tali spese debba essere effettuata dal Tribunale di Pistoia, ai sensi dell’art. 83, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, essendo la parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dal Tribunale di Pistoia con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. n. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 20 febbraio 2025 Il Consigliere estensore COGNOME9>
Il Presidente