LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Molestie telefoniche: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per molestie telefoniche. L’imputato sosteneva che le sue chiamate insistenti, anche notturne, fossero giustificate dalla necessità di avere notizie del figlio. La Corte ha stabilito che il ricorso mirava a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando così la condanna per il reato di molestie telefoniche.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Molestie Telefoniche: Quando il Motivo Non Giustifica l’Azione

Il reato di molestie telefoniche è una questione delicata che bilancia il diritto alla comunicazione con quello alla quiete privata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 2625/2024) chiarisce un punto fondamentale: un motivo apparentemente valido, come quello di un padre che cerca notizie del figlio, non giustifica un comportamento petulante e molesto. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i limiti del proprio giudizio, che non può trasformarsi in una nuova valutazione dei fatti già accertati.

I Fatti del Caso: Contatto Insistente e Condanna

Il Tribunale di Udine aveva condannato un uomo alla pena di 300 euro di ammenda, oltre al risarcimento dei danni, per il reato di molestie. Secondo l’accusa, l’uomo aveva compiuto ripetute molestie telefoniche, soprattutto in orario notturno, nei confronti della ex compagna per un periodo di circa cinque mesi. La condanna si basava sull’analisi dei tabulati telefonici e dei messaggi, prove che l’imputato non aveva contestato.

La difesa dell’uomo, pur ammettendo i contatti, sosteneva che questi fossero motivati esclusivamente dalla volontà di avere notizie del figlio avuto con la donna. Tale motivazione, a suo dire, avrebbe dovuto escludere l’elemento della “petulanza”, requisito essenziale per configurare il reato.

Il Ricorso in Cassazione e le Molestie Telefoniche

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione da parte del Tribunale. In sostanza, egli riteneva che il giudice di primo grado avesse errato nel non considerare adeguatamente il contesto e la sua finalità, ovvero quella di esercitare il suo diritto-dovere di genitore. Secondo la tesi difensiva, questa finalità avrebbe dovuto portare a una diversa valutazione dei fatti, escludendo la sussistenza del reato di molestie telefoniche.

La Posizione della Procura Generale

Anche la Procura generale presso la Corte di Cassazione si è espressa sul caso, chiedendo il rigetto del ricorso, ritenendo infondate le censure mosse dall’imputato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e basata su principi consolidati. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità.

I giudici hanno spiegato che il ricorso dell’imputato era “versato in fatto”, ovvero mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e del contesto. L’appellante non contestava un errore nell’applicazione della legge, ma la persuasività e l’adeguatezza della motivazione del Tribunale, proponendo di fatto una lettura alternativa dei fatti. Questo tipo di doglianza è precluso in sede di Cassazione.

La Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare che la motivazione della sentenza impugnata non sia mancante, palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale di Udine è stata ritenuta immune da tali vizi. Il giudice di merito aveva correttamente valutato gli elementi probatori (tabulati e messaggi) e concluso per la sussistenza del reato, ritenendo che le modalità dei contatti (insistenti e notturni) integrassero l’elemento della petulanza, a prescindere dallo scopo dichiarato dall’imputato.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, la condanna emessa dal Tribunale di Udine è diventata definitiva. L’uomo è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: il fine non giustifica i mezzi. Anche in presenza di una motivazione comprensibile come quella di un genitore, le modalità utilizzate per mettersi in contatto non devono mai sfociare in comportamenti molesti che ledono la tranquillità altrui. Le molestie telefoniche si configurano proprio quando il contatto, per insistenza e modalità, diventa fonte di disturbo e fastidio, e questo vale anche se chi chiama ritiene di essere nel giusto.

È possibile giustificare le molestie telefoniche se lo scopo è avere notizie di un figlio?
No. Secondo la sentenza, anche se il motivo è comprensibile, le modalità con cui si cerca il contatto (chiamate e messaggi insistenti, soprattutto in orario notturno) possono integrare l’elemento della “petulanza” e quindi configurare il reato. Il fine non giustifica i mezzi se questi recano disturbo.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è “inammissibile” perché “versato in fatto”?
Significa che l’appellante non sta contestando un errore di diritto del giudice precedente, ma sta chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti per giungere a una conclusione diversa. Questo non è consentito, perché la Cassazione giudica solo la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non può riesaminare il merito della vicenda.

Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La conseguenza è che la sentenza di condanna del tribunale diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati