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Molestie telefoniche: reato anche con numero bloccato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per molestie telefoniche nei confronti di un uomo che continuava a chiamare l’ex compagna, nonostante lei avesse bloccato il suo numero. La Corte ha stabilito che le chiamate, anche se deviate in segreteria, costituiscono un’intrusione illecita nella sfera privata della vittima, integrando il reato. La condotta reiterata, inoltre, impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Molestie telefoniche: reato anche se il numero è bloccato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di molestie telefoniche: il reato sussiste anche quando la vittima ha bloccato il numero del molestatore e le chiamate vengono inoltrate direttamente alla segreteria telefonica. Questa decisione chiarisce che l’azione di difesa della persona offesa non elimina l’illiceità della condotta, la quale si perfeziona con il semplice tentativo di contatto invasivo e indesiderato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla denuncia di una donna che, dopo aver interrotto una relazione sentimentale durata circa tre anni, ha iniziato a ricevere numerose e insistenti telefonate dal suo ex partner. Durante queste chiamate, l’uomo le rivolgeva parole offensive. Per porre fine a questa situazione, la donna ha deciso di bloccare il numero di telefono dell’ex compagno.

Tuttavia, nonostante il blocco, l’uomo ha continuato a chiamare. La donna, pur non ricevendo più direttamente le telefonate, riceveva costantemente notifiche di tentativi di chiamata e messaggi vocali lasciati in segreteria. Questa condotta, ripetuta con cadenza settimanale o bisettimanale per circa sei mesi, ha provocato nella vittima un persistente stato d’ansia, costringendola a modificare le proprie abitudini di vita per timore di incontrare l’ex partner.

Le indagini, basate sull’analisi dei tabulati telefonici, hanno confermato la presenza di circa quaranta chiamate provenienti dal numero dell’imputato e inoltrate alla segreteria della donna nel periodo contestato. Sulla base di questi elementi, il Tribunale ha condannato l’uomo per il reato di molestia ai sensi dell’art. 660 del codice penale.

Il Ricorso in Cassazione e le questioni legali sulle molestie telefoniche

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sollevando tre principali motivi di doglianza:

1. Inattendibilità della persona offesa: La difesa sosteneva che le dichiarazioni della vittima non fossero sufficientemente credibili e che, avendo lei bloccato il numero, l’imputato non avrebbe potuto concretamente molestarla.
2. Assenza del nesso di causalità: Secondo il ricorrente, una volta bloccato il numero, i tentativi di contatto non potevano più raggiungere la persona offesa e, quindi, non potevano arrecare disturbo o molestia.
3. Trattamento sanzionatorio: Si lamentava l’eccessività della pena e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), data la presunta esiguità dei contatti.

La decisione della Suprema Corte sulle molestie telefoniche

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito punti cruciali per la configurazione del reato di molestie telefoniche.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su argomentazioni giuridiche precise e consolidate. In primo luogo, ha ribadito che le dichiarazioni della persona offesa possono, da sole, costituire prova sufficiente per una condanna, a condizione che siano sottoposte a un vaglio rigoroso di credibilità, come avvenuto nel caso di specie. Tali dichiarazioni, inoltre, erano state pienamente corroborate dai tabulati telefonici, che attestavano l’insistenza delle chiamate.

Sul punto centrale del ricorso, la Corte ha affermato un principio chiave: il reato di molestia si perfeziona nel momento in cui l’agente pone in essere la condotta invasiva, introducendosi nella sfera percettiva del soggetto passivo. La possibilità per la vittima di interrompere l’azione (ad esempio, bloccando il numero) sorge solo dopo che la molestia si è già realizzata. Pertanto, il blocco dell’utenza non elide il reato, ma ne è una conseguenza. Le notifiche di chiamata e i messaggi in segreteria, di fatto, perpetuano l’attività molesta e petulante.

Infine, la Corte ha escluso l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il reato di molestia, quando caratterizzato dalla reiterazione delle condotte, assume la forma di un reato abituale. L’abitualità del comportamento è per legge incompatibile con il beneficio della non punibilità, che presuppone un’offesa del tutto occasionale e di minima gravità. Le quaranta chiamate in sei mesi sono state ritenute espressione di una condotta reiterata e non di un episodio isolato.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza la tutela delle vittime di molestie, stabilendo che le misure difensive adottate, come il blocco di un numero di telefono, non rendono lecita la condotta persecutoria. Il reato consiste nell’intrusione fastidiosa e inopportuna nella vita privata altrui, a prescindere dalle modalità tecniche con cui essa si realizza. La decisione sottolinea inoltre che la persistenza nel comportamento molesto, anche di fronte alla chiara volontà della vittima di non avere contatti, qualifica la condotta come abituale, precludendo sconti di pena e benefici di legge. Un monito chiaro contro ogni forma di petulanza e insistenza che viola la tranquillità e la libertà personale.

Le chiamate che finiscono in segreteria telefonica perché il numero è bloccato costituiscono reato di molestie?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il reato di molestia si realizza con l’azione invasiva del molestatore. Il fatto che la vittima abbia bloccato il numero non esclude il reato, poiché la possibilità di interrompere l’azione perturbatrice sorge dopo che la molestia si è già realizzata e i tentativi di contatto, recepiti tramite notifiche o segreteria, perpetuano l’attività molesta.

Quando si commettono ripetute molestie telefoniche si può beneficiare della non punibilità per “particolare tenuità del fatto”?
No. Secondo la sentenza, la reiterazione della condotta tipica del reato di molestia lo rende incompatibile con la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.). L’abitualità del comportamento è considerata ostativa al riconoscimento di tale beneficio.

È sufficiente che la vittima possa bloccare il numero per escludere il reato di molestie?
No. La possibilità per il destinatario di evitare l’ulteriore ricezione delle comunicazioni, ad esempio attivando la funzione di blocco, non costituisce una situazione idonea a eliminare il perfezionamento del reato. La condotta è già molesta e illecita nel momento in cui viene posta in essere, e il blocco è una reazione difensiva della vittima a un reato già in atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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