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Molestie Telefoniche: Cassazione su insistenza e art. 660

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna condannata per il reato di molestie telefoniche ai danni dell’ex compagno. La Corte ha stabilito che effettuare numerose chiamate in un breve lasso di tempo per insistere sul ritiro di una querela costituisce il reato di cui all’art. 660 c.p. per petulanza. Inoltre, ha escluso l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la pluralità degli episodi molesti.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Molestie Telefoniche: Insistere per il Ritiro di una Querela è Reato

L’era digitale ha amplificato le modalità con cui possono verificarsi condotte intrusive. Le molestie telefoniche, in particolare, rappresentano un tema delicato, spesso al confine tra la legittima comunicazione e l’illecito penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, confermando che l’insistenza petulante, anche se motivata da ragioni personali, può integrare il reato previsto dall’articolo 660 del Codice Penale.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una donna condannata dal Tribunale di Trieste per il reato di molestie. La sua condotta consisteva nell’aver effettuato un numero considerevole di telefonate al suo ex compagno: undici chiamate nell’arco di un’ora in un giorno e altre nove la mattina successiva. L’obiettivo di questa insistenza era uno solo: convincere l’uomo a ritirare una querela che aveva precedentemente sporto contro di lei. L’imputata si era difesa sostenendo di non voler arrecare disturbo, ma di essere unicamente preoccupata per le possibili ripercussioni negative che quella denuncia avrebbe potuto avere sulla sua già precaria situazione lavorativa e personale.
Il Tribunale di primo grado, tuttavia, non ha accolto questa tesi, condannandola a una pena pecuniaria.

Le Argomentazioni in Cassazione e le Molestie Telefoniche

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due argomenti principali:

1. Errata applicazione dell’art. 660 c.p.: Sosteneva che il suo comportamento non fosse mosso da ‘petulanza o altro biasimevole motivo’, ma dalla necessità di sensibilizzare l’ex partner sulle conseguenze della sua azione legale.
2. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Riteneva che, in ogni caso, la sua condotta dovesse essere considerata di ‘particolare tenuità del fatto’ e quindi non punibile.

La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

La Natura delle Molestie Telefoniche secondo la Corte

La Corte ha innanzitutto chiarito che le argomentazioni della ricorrente erano, in realtà, un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione non è quello di ricostruire la vicenda, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.
Nel merito, i Giudici hanno confermato l’orientamento del Tribunale: la condotta dell’imputata, caratterizzata da numerose e insistenti chiamate volte a far ritirare una querela, integra pienamente il reato di molestie. La ‘petulanza’, elemento costitutivo del reato, si manifesta proprio nell’insistenza e nell’invadenza della comunicazione, a prescindere dalle motivazioni soggettive dell’agente.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Un punto fondamentale della decisione riguarda l’impossibilità di applicare l’art. 131-bis c.p. La Corte ha sottolineato che la ‘pluralità di episodi molesti’ – le venti chiamate distribuite in due giorni consecutivi – è un fattore decisivo che osta al riconoscimento della particolare tenuità del fatto. Questa pluralità dimostra una condotta non occasionale, ma persistente, e quindi non meritevole del beneficio della non punibilità.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi giuridici consolidati. In primo luogo, viene ribadita la distinzione tra il giudizio di merito, dove si accertano i fatti, e il giudizio di legittimità, dove si controlla la corretta applicazione della legge. Le lamentele dell’imputata sulle sue reali intenzioni sono state considerate ‘mere doglianze in fatto’, inammissibili in Cassazione. In secondo luogo, la Corte ha ritenuto congrua e logicamente argomentata la motivazione del giudice di merito nel qualificare le insistenti telefonate come molestie. Infine, per quanto riguarda l’art. 131-bis c.p., la motivazione è stata chiara: la serialità della condotta, anche se concentrata in un breve arco temporale, è incompatibile con il concetto di ‘tenuità’. Il legislatore ha introdotto tale istituto per escludere la punibilità di fatti isolati e minimi, non di comportamenti reiterati che manifestano una certa insistenza nel ledere la tranquillità altrui.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: l’intenzione soggettiva di chi agisce non è sempre sufficiente a scriminare una condotta oggettivamente molesta. L’insistenza nel contattare una persona, specialmente per scopi non graditi come il ritiro di una querela, può facilmente trasformarsi in un reato di molestie telefoniche. La decisione conferma che il sistema legale tutela la quiete e la libertà personale da interferenze petulanti e reiterate. La ‘pluralità degli episodi’, inoltre, si conferma un criterio chiave per i giudici nel valutare non solo la sussistenza del reato, ma anche l’impossibilità di applicare cause di non punibilità come la particolare tenuità del fatto.

Quando delle telefonate insistenti per chiedere il ritiro di una querela diventano reato di molestie?
Secondo la decisione, un numero elevato di telefonate (nel caso specifico, venti in due giorni) effettuate con l’insistente scopo di ottenere il ritiro di una querela integra il reato di molestie di cui all’art. 660 c.p. a causa della loro natura petulante e invadente.

È possibile invocare la ‘particolare tenuità del fatto’ per una serie di molestie telefoniche?
No. La Corte ha stabilito che la presenza di una ‘pluralità di episodi molesti’, come chiamate ripetute in giorni consecutivi, è un elemento che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), poiché indica un comportamento non isolato o occasionale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le intenzioni di chi ha effettuato le chiamate?
No. La Corte ha ribadito che il suo compito è limitato al controllo della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Non può entrare nel merito dei fatti o riesaminare le intenzioni soggettive dell’imputato, poiché tale valutazione spetta esclusivamente ai giudici dei gradi inferiori (giudici di merito).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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