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Modifica prescrizioni: illegittima se non motivata

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un magistrato di sorveglianza che aveva reso più restrittive le condizioni dell’affidamento in prova di un soggetto. La decisione si basa sul fatto che la modifica prescrizioni era avvenuta in assenza di una violazione accertata, risultando quindi un aggravamento immotivato e illegittimo.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Modifica Prescrizioni in Affidamento in Prova: Quando è Illegittima?

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta un pilastro del sistema penitenziario, finalizzato al reinserimento del condannato. Le regole che ne disciplinano lo svolgimento, dette prescrizioni, possono essere adattate nel tempo. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la modifica prescrizioni in senso peggiorativo è illegittima se non è supportata da una valida motivazione, come una violazione accertata. Analizziamo il caso per comprendere meglio i limiti del potere discrezionale del giudice.

I Fatti del Caso

Un uomo, ammesso alla misura dell’affidamento in prova, era soggetto a diverse prescrizioni, tra cui l’obbligo di non lasciare il domicilio in orario notturno. A seguito di un controllo delle forze dell’ordine, l’uomo non veniva trovato in casa. Di conseguenza, il magistrato di sorveglianza emetteva un provvedimento di diffida e, contestualmente, inaspriva le prescrizioni, riducendo l’orario di libertà e limitando gli spostamenti alla sola provincia di residenza.

Successivamente, emergeva che l’assenza del soggetto era pienamente giustificata: era stato autorizzato dall’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.) a recarsi in un’altra città per motivi di lavoro. Appurata l’insussistenza della violazione, il magistrato revocava la diffida ma, sorprendentemente, rimodulava nuovamente le prescrizioni, mantenendole comunque più restrittive rispetto a quelle originarie. Contro questo secondo provvedimento, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un aggravamento illegittimo e immotivato delle sue condizioni.

La Decisione della Corte e la Modifica Prescrizioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. I giudici supremi hanno chiarito che, sebbene le misure alternative non siano un diritto assoluto e il magistrato di sorveglianza abbia il potere di modificare le prescrizioni, tale potere non è illimitato. La discrezionalità del giudice deve essere esercitata in funzione del percorso rieducativo e basarsi su elementi concreti.

L’aggravamento delle condizioni imposte, ovvero una modifica prescrizioni in peius, deve essere giustificato da elementi di novità negativi che dimostrino l’inadeguatezza del programma in corso. In questo caso, l’unico elemento che aveva innescato il procedimento era una presunta violazione, che si è poi rivelata inesistente. Pertanto, far derivare da un fatto non accaduto un inasprimento delle regole è un atto privo di logica giuridica e di adeguata motivazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha sottolineato che il potere di modifica delle prescrizioni deve essere funzionale ad adeguare il percorso di reinserimento alla luce del comportamento del condannato. Una modifica peggiorativa presuppone una valutazione negativa, supportata da fatti concreti e apprezzabili che mettano in discussione l’idoneità delle condizioni originarie.

Nel caso di specie, il magistrato di sorveglianza ha disposto un aggravamento ‘non adeguatamente motivato, e apparentemente non giustificato da alcun apprezzabile elemento di novità’. Era infatti pacifico che, nei quasi due anni di affidamento, il soggetto non avesse mai contravvenuto alle regole e che l’episodio specifico fosse frutto di un equivoco. La decisione del magistrato di mantenere comunque delle condizioni più severe è stata quindi considerata un esercizio illegittimo del proprio potere, in quanto non ancorato a una reale necessità trattamentale o a una colpa del condannato.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di garanzia fondamentale nell’esecuzione della pena. La stabilità delle condizioni di una misura alternativa è essenziale per la riuscita del percorso di reinserimento. Un condannato che rispetta le regole ha diritto a non vedersi imporre restrizioni aggiuntive senza una causa valida e comprovata. La decisione della Cassazione serve da monito: il potere giudiziario, per quanto discrezionale, deve sempre essere esercitato in modo trasparente e motivato, nel rispetto dei diritti della persona e della finalità rieducativa della pena, evitando provvedimenti che appaiano arbitrari o punitivi.

Un magistrato può rendere più severe le regole dell’affidamento in prova senza un motivo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un aggravamento delle prescrizioni (modifica in peius) deve essere giustificato da elementi di novità negativi, come una violazione accertata. Una modifica immotivata è illegittima.

Cosa succede se un condannato viene accusato ingiustamente di aver violato una prescrizione?
Se viene accertato che la violazione non è mai avvenuta, come nel caso esaminato, tale circostanza non può essere usata come fondamento per inasprire le condizioni della misura alternativa. Le decisioni del giudice devono basarsi su fatti concreti e verificati.

Il potere del magistrato di sorveglianza di modificare le prescrizioni è assoluto?
No. Sebbene il magistrato abbia il potere-dovere di adeguare le prescrizioni al percorso rieducativo, la sua discrezionalità non è assoluta. Ogni modifica, specialmente se peggiorativa, deve essere supportata da una motivazione logica e coerente con la finalità della misura e con il comportamento effettivo del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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