Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2052 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2052 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Padova il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Sassuolo il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Bussolengo il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Parma il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Quistello il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nata a Verona il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 11/01/2022 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
Con sentenza del 11 gennaio 2022, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha condannato gli imputati, anche al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, liquidarsi in separata sede, con assegnazione di provvisionale immediatamente esecutiva, per il reato di cui agli artt. 110 e 659 cod. pen. (così modificata da pubblico ministero, all’udienza il 10 dicembre 2021, l’originaria contestazione ex artt. 110 e 610 cod. pen.) per avere, in veste di manifestanti, mediante clamori, rumori, schiamazzi, slogan, disturbato il regolare svolgimento di un convegno – in tema di diritto dell’immigrazione, presso i locali della facoltà di giurisprudenza d un’università – aperto al pubblico in presenza di una pluralità di partecipanti.
Avverso la sentenza gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME hanno proposto, tramite il difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 516, 518, 520, 522 cod. proc. pen., in relazione alla modifica del capo di imputazione, con riqualificazione dei fatti ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 110 e 659 cod. pen. Si sostiene che la nuova contestazione ha per oggetto un fatto nuovo e non un fatto diverso e che, dunque gli imputati avrebbero dovuto prestare il loro consenso alla modifica del capo di imputazione. Secondo la difesa, l’originaria imputazione era riferita all’avere limitato la libertà dei partecipanti al convegno, n permettendo il regolare svolgimento dello stesso e costringendo gli astanti a subire la violenza RAGIONE_SOCIALE imputati, mentre la nuova imputazione è relativa al disturbo del convegno stesso da parte RAGIONE_SOCIALE imputati. Vista la radicale differenza fra la fattispecie dell’art. 610 e quella dell’art. 659 codice penale, si sarebbe dovuto applicare l’art. 520 e non l’art. 516 cod. proc. pen.
2.2. Si lamenta, in secondo luogo, la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 111 Cost., 190, 468, 495 cod. proc. pen., nonché del diritto di difesa, anche in relazione all’omesso esame RAGIONE_SOCIALE imputati per il nuovo reato contestato. Si sostiene che il giudice ha rigettato la richiesta di assunzione dei mezzi di prova richiesti dal difensore, reputandoli irrilevanti, pur essendo questi riferiti alla nuova condotta contestata e, in particolare, alle circostanze relative ai cori, gli schiamazzi e alle atti nonché allo stato dei luoghi (testi COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME). Secondo la difesa anche gli imputati avrebbero dovuto poter rendere la versione dei fatti in merito alla nuova accusa.
2.3. Con la terza censura, si contesta l’erronea applicazione dell’art. 659 cod. pen., nella parte in cui si è ritenuto sussistente il reato in mancanza RAGIONE_SOCIALE elementi costitutivi dello stesso. Non si sarebbe considerato che la riunione non era stata interrotta da schiamazzi o cori, bensì dall’ingresso dei manifestanti e dal posizionamento di uno striscione davanti al banco dei relatori, mentre il coro
oggetto dell’imputazione veniva scandito solo alla fine, allorché i manifestanti lasciavano l’aula. Si tratterebbe di circostanze documentate dal video in atti; mentre non si potrebbe fare leva sul rumore causato dall’arrivo dei manifestanti, perché questo era dovuto alla vetustà delle scale da questi salite, come confermato dalla teste COGNOME.
2.4. In quarto luogo, ci si duole dell’erronea applicazione della legge penale e della manifesta illogicità della motivazione quanto alla dichiarazione di responsabilità penale dei singoli imputati, sul rilievo che le condotte di ciascuno non sarebbero state puntualmente individuate. Ad esempio la COGNOME – secondo la difesa – si trovava in aula come spettatrice prima dell’arrivo dei coimputati ed era stata condannata solo perché conosceva gli stessi. Analoghe considerazioni varrebbero per COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME.
2.5. Si lamenta, poi, violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 522 e 546 cod. proc. pen., perché la sentenza sarebbe priva di requisiti essenziali, quali l’indicazione del nuovo capo di imputazione e il riferimento alle conclusioni del pubblico ministero.
2.6. In sesto luogo, si denunciano la violazione dell’art. 62-bis cod. pen. e vizi della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sul rilievo che non sarebbero stati considerati: il comportamento processuale, le dichiarazioni spontanee di COGNOME, l’esame reso da COGNOME, la giovane età e lo stile di vita RAGIONE_SOCIALE imputati, l’occasionali dell’episodio.
Gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno anche proposto appello contro la medesima sentenza.
3.1. Il primo, il secondo, il terzo, il quarto motivo di doglianza sono analoghi, rispettivamente, a quelli sopra riportati sub 2.5., 2.2., 2.4., 2.3.
3.2. Un quinto motivo è riferito all’omessa pronuncia sull’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen.
3.3. Una sesta censura è relativa all’eccessività della pena, quantificata in misura vicino al massimo edittale, nonché al diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla base di considerazioni analoghe a quelle svolte sub 2.6.
3.4. Con una settima doglianza, si denuncia l’eccessività della quantificazione del danno riconosciuto alle parti civili e delle spese liquidate, con particolar riferimento ai criteri di determinazione della provvisionale e di computo delle spese legali, nonché alla circostanza che il danno da disturbo avrebbe dovuto essere comunque considerato minimo.
COGNOME NOME, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi di doglianza, analoghi a quelli sopra riportati sub 2.1., 2.2.,
e 2.6. Quanto alla posizione dell’imputato, la difesa precisa che vi era l’esigenza dell’esame testimoniale di COGNOME e COGNOME, dettata dalla sopravvenienza della contestazione di una condotta di reato nuova e ontologicamente differente rispetto alla precedente. Tali testimoni avrebbero potuto riferire circostanze rilevanti in merito all’iniziativa dei cori e alla produzione RAGIONE_SOCIALE schiamazzi e d rumori.
COGNOME NOME, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, con censure analoghe a quelle riportate sub 2.1., 2.2., 2.5., 2.6., 3.4.
La difesa della parte civile RAGIONE_SOCIALE ha depositato conclusioni scritte, con cui chiede che vengano dichiarati inammissibili i ricorsi, con vittoria di spese legali.
La difesa RAGIONE_SOCIALE imputati COGNOME e COGNOME ha depositato memoria, con la quale insiste in quanto già dedotto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi – e l’impugnazione sopra sintetizzata sub 3., presentata dalla difesa come appello, ma da qualificare anch’essa come ricorso per cassazione, essendo proposta contro sentenza di applicazione di condanna alla sola pena pecuniaria possono essere trattati congiuntamente – seguendo la numerazione dei motivi sopra riportata sut 2. – vista la sostanziale sovrapponibilità delle censure proposte. Essi sono inammissibili, perché le dogjianze dei ricorrenti risultano in parte manifestamente infondate in diritto e in parte formulate in modo non specifico, essendo assertive e prive di richiami agli atti di causa rilevanti.
1.1. Il primo motivo di doglianza – riferito alla modifica del capo d imputazione, con riqualificazione del fatto ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 110 e 659 cod. pen., che secondo la difesa configurerebbe la contestazione di un fatto nuovo – è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, dalla lettura comparata delle imputazioni si evince che non sono stati introdotti fatti storici radicalment diversi rispetto alla prima descrizione, ovvero non è mutato il nucleo essenziale della contestazione, con la conseguenza che gli imputati hanno potuto comprendere l’accusa e difendersi dalla stessa, trattandosi di un semplice ridimensionamento dell’iniziale imputazione, la quale già conteneva riferimenti a rumori e atti di disturbo; mentre i motivi di ricorso appaiono ancorati ad una concezione formalistica della disciplina della modifica dell’imputazione che non
tiene conto della mancanza di una concreta lesione del diritto di difesa. Alla modificazione dell’imputazione ex art. 516 cod. proc. pen. ha correttamente fatto seguito la concessione del termine a difesa di cui all’art. 519 cod. proc. pen., e i ricorrenti non hanno dedotto di avere proposto l’eccezione di irregolarità della notificazione del verbale agli imputati assenti ai sensi dell’art. 157 comma 8-bis cod. proc. pen. Trova dunque applicazione il principio secondo cui, in tema di nuove contestazioni, la modifica dell’imputazione non accompagnata dalla notifica dell’estratto del verbale dibattimentale all’imputato assente, determina una nullità assoluta qualora l’elemento modificato, incidendo sul nucleo essenziale del fatto, abbia impedito il pieno esercizio dei diritti difensivi; qualora, invece, la modifi non investa il nucleo sostanziale dell’addebito e non reca pregiudizio al diritto dell’imputato di individuare con esattezza il fatto contestatogli, l’omessa notificazione del verbale di udienza contenente tale modifica, determina una nullità relativa, non deducibile con l’impugnazione della sentenza se non eccepita dal difensore presente all’udienza successiva (Sez. 2, n. 46342 del 26/10/2016, Rv. 268320).
1.2. Il secondo motivo di doglianza – con cui si lamenta l’omesso esame RAGIONE_SOCIALE imputati e la mancata ammissione di prova testimoniale quanto alla nuova condotta contestata e, in particolare, alle circostanze relative ai cori, ag schiamazzi e alle attività disturbanti, nonché allo stato dei luoghi – è anche esso inammissibile.
A fronte di un’imputazione che già conteneva il riferimento a tali profili, risult logicamente corretta l’affermazione del Tribunale secondo cui le testimonianze richieste dalla difesa a seguito dea concessione del termine ex art. 520 cod. proc. pen. per effetto della modifica del capo di imputazione all’udienza del 19 dicembre da parte del pubblico ministero vertevano su circostanze di fatto già ampiamente accertate nel corso dell’istruttoria già espletata.
I ricorsi, al di là di generici richiami ad una pretesa rumorosità intrinseca dell scale – le quali, però, erano state percorse dagli imputati con passo militare, generando così dolosamente un rumore disturbante – sono in grado di precisare quale avrebbe potuto essere il decisivo apporto di tali testimonianze. Né si prospetta specificamente la circostanza che gli imputati abbiano chiesto effettivamente di essere esaminati.
1.3. La terza censura – con cui si contesta l’erronea applicazione dell’art. 659 cod. pen., nella parte in cui si è ritenuto sussistente il reato in mancanza RAGIONE_SOCIALE elementi costitutivi dello stesso – è formulata in modo non specifico. Le difese non richiamano e non contestano puntualmente le risultanze processuali analizzate nella sentenza, limitandosi a proporre una lettura alternativa del quadro istruttorio, secondo cui l’ingresso dei manifestanti e il posizionamento di uno
striscione davanti al banco dei relatori non aveva provocato rumore o disturbo. Del tutto arbitraria è, in particolare, la ricostruzione difensiva secondo cui il rumore causato dall’arrivo dei manifestanti era dovuto alla vetustà delle scale; circostanza comunque irrilevante, visto che questi le avevano salite, provocando volontariamente rumore, con pesante passo militare.
1.4. Del pari generico è il quarto motivo di doglianza, con cui ci si duole della mancata puntuale individuazione delle condotte dei singoli imputati. A fronte della prospettazione difensiva, basata su mere asserzioni di segno contrario, è sufficiente qui richiamare la motivazione della sentenza impugnata, la quale dà conto della deposizione RAGIONE_SOCIALE agenti e dei militari presenti sul posto in servizio d’ordine, del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE imputati, dei filmati dell’evento in corso, della sostanziale confessione da parte di COGNOME, dell’oggettivo grave disturbo recato al convegno e ai presenti. Dall’istruttoria è emersa, dunque, secondo la coerente e corretta valutazione del giudice di primo grado, la sussistenza di tutti gli elementi che integrano la fattispecie di cui all’art. 659 cod. pen.
1.5. Inammissibile è anche la quinta doglianza.
Quanto alla mancata indicazione del nuovo capo di imputazione, deve rilevarsi che il contenuto dello stesso è ampiamente desumibile dal corpo della sentenza impugnata (pag. 7). Nessuna conseguenza in termini di nullità può derivare, invece, dal mancato riferimento alle conclusioni del pubblico ministero. Infatti, in forza di noti e consolidati principi espressi dalla giurisprudenza di legittimit l’omessa indicazione, nell’intestazione della sentenza, delle conclusioni non costituisce motivo di nullità della stessa (ex plurimis, Sez. 4, n. 48770 del 24/10/2019, Rv. 277876; Sez. 3, n. 19077 de: 24/03/2009, Rv. 243764).
1.6. L’ultima censura, riferita al diniego delle circostanze attenuanti generiche – ed estesa da alcuni ricorrenti all’eccessività del trattamento sanzionatorio – è inammissibile. In relazione al primo profilo è sufficiente richiamare l’art. 62-bis, terzo comma, cod. pen., che svaluta a tal fine in modo espresso l’elemento dell’incensuratezza, dinanzi alla mera prospettazione difensiva di dati positivi di giudizio la cui sussistenza è meramente asserita. Quanto al trattamento sanzionatorio, il giudice ha mostrato di tenere conto della personalità RAGIONE_SOCIALE imputati, concedendo i doppi benefici e scegliendo, nell’alternativa consentita dalla disposizione incriminatrice, la meno afflittiva pena pecuniaria.
Le altre censure proposte nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME con l’impugnazione qualificata come appello (sopra, sub 3.2. e 3.4.) sono anche esse inammissibili.
È sufficiente qui evidenziare come nessuna omessa pronuncia vi sia stata sull’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen., in mancanza di una richiesta difensiva
in tal senso, anche formulata in via subordinata. Mentre, quanto alla pretesa eccessività della quantificazione del danno riconosciuto alle parti civili e delle spese liquidate, può farsi richiamo alla motivazione della sentenza, la quale ha determinato discrezionalmente l’ammontare della provvisionale sulla base della gravità del danno di immagine patito dalle parti civili costituite, mentre ha lasciato al giudice civile la determinazione finale del danno, liquidando le spese processuali in misura complessivamente modesta e comunque non eccedente i massimi consentiti, in mancanza sul punto di qualsivoglia riferimento difensivo alla violazione delle vigenti tabelle di liquidazione.
I ricorsi, per tali motivi, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in € 3.000,00.
A fronte di un ricorso inammissibile, quale quello in esame, trova poi applicazione il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, quand’anche maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza impugnata, ma non dedotta né rilevata nel giudizio di merito, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex multis, Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 25/03/2016, Rv. 266818).
Nulla deve essere liquidato per le spese a favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, perché la stessa si è limitata al deposito di conclusioni scritte non circostanziate in relazione ai fatti di causa, senza lo svolgimento di alcuna apprezzabile attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.