Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 33955 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 33955 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME TERMINI IMERESE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia di condanna di COGNOME NOME in relazione ai delitti contestati di cui agli artt. 81 cpv., 624 bis, 61 n, 5 cod.pen, perché, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, introducendosi all’interno dell’abitazione di COGNOME NOME, si impossessava di elettrodomestici, pentole, suppellettili, arredi e altri beni mobili, di una stufa in ghisa e di una canna fumaria, approfittando di circostanze di tempo tali da ostacolare la privata difesa e commettendo il fatto con violenza alle cose.
Fatti commessi in Altavilla Milicia il 24 dicembre 2016 ed il 26 gennaio 2017, 1.1.Nella sentenza di primo grado si legge che all’udienza del 22.02.2024, dopo essere stata rigettata, come da ordinanza riportata a verbale, la richiesta di rinvio per legittimo impedimento presentata dall’AVV_NOTAIO, il Pubblico Ministero effettuava la modifica del capo di imputazione concernente la contestazione dell’aggravante del fatto commesso con violenza sulle cose per entrambi i capi di imputazione; quindi veniva disposta la notifica del verbale di udienza agli imputati e il difensore di ufficio nomiNOME e presente chiedeva termini a difesa per consentire all’avvocato di AVV_NOTAIO di assumere le proprie determinazioni, termine che il Tribunale concedeva disponendo altresì la sospensione della prescrizione.
All’udienza del 23.04.2024 si prendeva atto dell’avvenuta notifica del verbale di udienza, contenente la modifica del capo di imputazione all’imputato, mediante consegna a mani proprie da parte della PG, e, stante il mutamento dell’organo giudicante a seguito di variazione tabellare, si disponeva rinnovarsi la sequenza procedimentale mediante apertura del dibattimento; le parti prestavano il consenso all’utilizzazione degli atti istruttori già assunti e venivano confermati i precedenti provvedimenti e dichiarate utilizzabili le prove documentali e testimoniali già assunte.
All’esito l’AVV_NOTAIO .difensore di AVV_NOTAIO di NOME chiedeva rinnovarsi la notifica della modifica del capo di imputazione ritenendo che la rinnovazione della sequenza procedimentale riguardasse l’originaria formulazione del capo di imputazione; il Tribunale rigettava l’istanza , come da ordinanza motivata a verbale, ritenendo insussistenti le ragioni per rinnovare l’adempimento.
1.2. La Corte distrettuale, nel confermare 1 quanto alla posizione di NOME la sentenza impugnata, rigettava il motivo di appello attinente alla violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. e riguardante la mancata rinnovazione della notifica a NOME della modifica del capo di imputazione avvenuta all’udienza
del 22.02.2024 rilevando a fol 2 che vi era stata regolare notifica a mani proprie.
Quanto al motivo attinente alla dedotta insussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose di cui all’art. 625 comma 1 n. 2 cod. pen., argomentava che risultava che il NOME aveva reciso la recinzione metallica che perimetrava l’immobile e divelto la porta di ingresso ( fol 5).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, articolando i seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge con riferimento agli artt. 516-522 cod.proc.pen. in relazione alla omessa notifica del capo di imputazione al difensore di AVV_NOTAIO anche a seguito del rinnovo dell’udienza dibattimentale del 23.04.2024 e per errato rigetto del rinvio per dedotto impedimento del difensore di AVV_NOTAIO, stante il concomitante impegno professionale.
Chiedeva ai sensi dell’art. 522 cod. proc. pen. la declaratoria di nullità della sentenza per omessa contestazione del nuovo reato o, in subordine , , la nullità relativa al fatto nuovo costituito dalla circostanza aggravante contestata.
2.2.Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla contestata circostanza aggravante della violenza sulle cose, che al più. poteva riguardare l’unico episodio in cui vi è stata la recisione della rete metallica
Il Procuratore generale /con requisitoria scritta ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
3.1.11 difensore ha fatto pervenire conclusioni scritte con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1.Va ribadito che in tema di nuove contestazioni in dibattimento, il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità della contestazione del fatto diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio o del reato concorrente o della circostanza aggravante non menzionati in tale decreto, proposta dal pubblico ministero ai sensi degli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., dovendo invece provvedere sul capo d’imputazione come modificato, stabilendo se sussista o meno la responsabilità penale dell’imputato (cfr. Sez.2 n.9039 del
17/01/2023; Sez. feriale n. 43255 del 22.08.2023; Sez. 4, n. 48347 del 04/10/2023, Rv. 285682; Sez. 4 n.652 del 7.12.2023, dep. il 9.01.2024)
Tale affermazione si inserisce in un costante orientamento già ribadito da precedenti pronunce (Sez. 6, n. 37577 del 15/10/2010, Rv. 248539 – 01, in motivazione)/ secondo cui o’ art. 516 cod.proc.pen., e segg., inseriti sotto la rubrica “Nuove contestazioni”, disciplinano l’esercizio dell’azione penale nel corso del dibattimento, mirando a salvaguardare il principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza. Il pubblico ministero interviene sull’imputazione enunciata nell’atto che instaura il giudizio, per adeguarla a quanto emerge dalle prove raccolte, in modo che il dibattimento possa proseguire e la decisione conformarsi alla fattispecie concreta corretta e/o ampliata. Effettuare una nuova contestazione è un potere esclusivo del pubblico ministero, inerente all’esercizio dell’azione penale, la cui obbligatorietà è prescritta dall’art. 112 Cost. Inoltre, nell’ipoteskiricorrente (art. 517 cod.proc.pen.), non è richiesto né il consenso dell’imputato ne’ l’autorizzazione del giudice.
A conferma di tale principio è sufficiente osservare che l’art. 517 stabilisce che il pubblico ministero “contesta all’imputato” il reato connesso o la circostanza aggravante emersa dagli atti del dibattimento, senza prevedere alcun potere di intervento per l’organo giudicante, come fa invece l’art. 518 cod. proc. pen. con riferimento alla contestazione di un fatto nuovo, stabilendo che il presidente del collegio “può autorizzarla”. Emerge pertanto evidente come dalla ricognizione delle norme di riferimento, in presenza di una circostanza aggravante, al giudice che procede è preclusa qualsiasi attività discrezionale posto che l’unico titolare dell’azione penale, il pubblico ministero, può procedere alla modifica dell’imputazione.
Vanno qui richiamati anche i principi affermati da Sez. U. n. 4 del 28/10/1998 (dep. 11/03/1999), COGNOME, Rv. 212757, secondo cui “In tema di nuove contestazioni, la modifica dell’imputazione di cui all’art. 516 c.p.p. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all’art. 517 c.p.p. possono essere effettuate dopo l’avvenuta apertura del dibattimento e prima dell’espletamento dell’istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. Inoltre “la direttiva n. 78, di cui all’art. 2 delle legge deleg per il vigente codice di rito (L. 16 febbraio 1987 n. 81), prevedendo appunto il potere del pubblico ministero di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione non pone specifici limiti temporali all’esercizio di detto potere nell’ambito di tale fase processuale, ne’ consente di fare distinzioni quanto alla fonte degli elementi dai quali la contestazione “suppletiva” trae causa. E ciò è
stato previsto dalla direttiva in esame, e poi introdotto nel codice di rito, perché la modifica dell’imputazione o la contestazione di una circostanza aggravante, come pure di un reato concorrente, non possono che considerarsi come eventualità fisiologiche in un sistema processuale che si ispira al rito accusatorio incentrato nel dibattimento, ma che non consente, come più volte ricordato dalla Corte Costituzionale, dispersione degli elementi utili per un “giusto processo”.
Ora, è vero che la tendenziale parità delle parti, cui si ispira la logica del sistema accusatorio – nell’esaltare il principio del contraddittorio – richiede che il pubblico ministero formuli l’imputazione in base agli elementi d’accusa già acquisiti nelle indagini preliminari (artt. 405-407 cod.proc.pen.) e che, a sua volta, l’imputato, posto a conoscenza degli elementi di accusa, possa sin dall’inizio del dibattimento contrastarli efficacemente. Ma ciò non può comportare, come ineluttabile conseguenza, che, se il pubblico ministero, per inerzia o errore, abbia omesso in parte la contestazione di elementi di accusa già acquisiti, non possa provvedervi poi nel dibattimento, e sin dal suo inizio, apportando le necessarie modifiche all’imputazione. Senza contare, infine, che la contestazione suppletiva all’inizio del dibattimento e sulla base di elementi non considerati nella formulazione dell’originaria imputazione, in caso di circostanza aggravante o di modifica dell’imputazione, evita di precludere al pubblico ministero la possibilità di richiedere un accertamento completo del fatto-reato, in sede di giudizio. E ciò perché gli elementi modificativi od integrativi del fatto (quali le circostanze aggravanti) non potrebbero mai formare oggetto di autonomo giudizio penale, diversamente da quanto sostenuto erratamente nella sentenza impugnata. Si darebbe luogo altrimenti ad una contrazione dell’ambito di esercizio dell’azione penale, con ciò contravvenendosi al disposto dell’art. 112 Cost. Ed ancora, proprio a garanzia del diritto di difesa, l’art. 519 cod.proc.pen. dà facoltà all’imputato, nei cui confronti il pubblico ministero abbia proceduto a contestazione suppletiva (“salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva”), di chiedere al giudice un termine per poter contrastare l’accusa perché in parte integrata o modificata. La norma in esame, peraltro, aggiunge che il tempo concesso dal giudice non può essere “inferiore al termine per comparire previsto dall’art. 429 (art. 519, comma 2), cioè non inferiore a venti giorni”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In riferimento al momento processuale in cui il potere di precisazione della contestazione, immediatamente derivante dal principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost., deve essere esercitato, le direttrici ermeneutiche declinate dalla giurisprudenza di legittimità, nella sua più autorevole composizione, la citata Sez. U. COGNOME, non
assegnano alcuna preclusione correlata alla preesistenza, rispetto all’apertura del dibattimento, degli elementi di fatto che portano alla modifica dell’imputazione di cui all’art. 516 cod. proc. pen. e alla contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all’art. 517 cod. proc. pen., poiché le nuove contestazioni possono essere effettuate dopo l’avvenuta apertura del dibattimento e prima dell’espletamento dell’istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.
Di guisa che il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni va riconosciuto al Pubblico ministero senza specifici limiti temporali o di fonte, in quanto l’imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l’accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l’oblazione (ex multis, Sez. 6, n. 18749 del 11/04/2014, B.L. Rv. 262614; Sez.6 n. 44980 del 22.09.2009, Nasso, Rv. 245284).
1.2. Nel caso in esame il pubblico ministero, come risulta dal verbale di udienza dibattimentale del 22.04.2024, ha proceduto alla modifica del capo di imputazione contestando per entrambi i capi la circostanza aggravante della violenza sulle cose ex art. 625 n. 2 cod. pen. L’AVV_NOTAIO difensore di ufficio, presente e nomiNOME dal Tribunale, stante il rigetto dell’istanza per legittimo impedimento presentata dall’AVV_NOTAIO, difensore di AVV_NOTAIO, si riservava di presentare istanze istruttorie integrative e chiedeva rinvio per consentire al titolare della difesa di assumere le proprie determinazioni; il Tribunale dopo aver disposto la notifica del verbale all’imputato rinviava all’udienza del 23 aprile 2024.
All’udienza del 23.04.2024 l’avvocato di AVV_NOTAIO COGNOME, presente, non solo dava il consenso all’utilizzo dei verbali dibattimentali, compreso quello riguardante la modifica dell’imputazione, ritualmente notificato a mani proprie all’imputato / e delle prove raccolte ma articolava prove documentali rinunciando anche all’esame di un teste e quindi esercitando a pieno le proprie prerogative difensive.
E’ pertanto palese che non vi è stata alcuna lesione del diritto di difesa dell’imputato di cui all’art. 178 lett. c) cod. proc. pen.
1.3.Quanto alla dedotta illegittimità del rigetto della richiesta di rinvio per legittimo impedimento,- per concomitante impegno professionale /va rilevata la genericità e l’aspecificità del motivo di ricorso e comunque la manifesta infondatezza dello stesso alla luce dei principi già affermati da questa Corte di
legittimità secondo cui la decisione sulla istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, che adduca un concomitante impegno professionale, richiede un bilanciamento tra l’interesse difensivo e quello pubblico all’immediata trattazione del processo, per cui, la priorità temporale costituisce un parametro di valutazione (Sez. 5 – , n. 4591 del 04/12/2023 Ud. (dep. 01/02/2024 ) Rv. 286015 – 01) ed è stato adeguatamente considerato dal Giudice nel provvedimento di rigetto che ha anche rilevato l’assenza di documentazione a supporto dell’istanza.
1.4. Quanto al secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto attiene alla ricostruzione dei fatti accertati dal giudice di merito; risulta, infatti, che entrambi i furti sono stati perpetrati previa recisione della recinzione di pertinenza dell’abitazione della persona offesa ) oltre che sfondamento della porta di ingresso dell’abitazione. In tema di furto, la circostanza aggravante della violenza sulle cose si realizza tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da rendere necessaria un’attività di ripristino per restituire alla “res” la propria funzionalità (Sez. 5 – , n. 13431 del 25/02/2022 Ud. (dep. 07/04/2022) Rv. 282974 – 02; Sez. 2, n. 6046 del 1973, Rv. 124879).
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro trmila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24.09.2025