Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10659 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10659 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI SIRACUSA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a AVOLA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a AVOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2023 del TRIBUNALE di SIRACUSA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 aprile 2023 il Tribunale di Siracusa ha dichiarato ‘non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine al delitto loro contestato ai sensi degli artt. 624, 625, comma 1, n. 2 cod. pen., in quanto non procedibile per difetto di querela.
Più precisamente, nel corso dell’indicata udienza, prima di trattazione effettiva del giudizio, il P.M. aveva avanzato richiesta di modifica dell’imputazione mediante la contestazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., rispetto alla quale il Tribunale aveva emesso sentenza immediata, ex art. 529 cod. proc. pen., di non doversi procedere per essere il reato non procedibile per mancanza di querela.
In esito ad un’articolata motivazione, il Tribunale ha esplicato le ragioni dell’assunto provvedimento osservando, in primo luogo, come l’art. 2, comma 1, lett. b) d.lgs. 150 del 2022 abbia modificato il testo dell’art. 624 cod. pen rendendo il delitto di furto ora procedibile a querela, fatta salva tra l’altro l’ipo in cui vi sia anche la contestazione dell’aggravante ex art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., che rende il reato procedibile di ufficio.
Nel caso di specie, alla data del 31 marzo 2023 era scaduto il termine previsto dall’art. 85 della c.d. “Riforma Cartabia” senza che vi fosse stata la presentazione della querela da parte della persona offesa, per cui già a decorrere da tale data il reato era divenuto improcedibile per mancanza della richiesta condizione di procedibilità, con situazione di cui prendere immediatamente atto nell’ambito del giudizio.
La possibilità di modifica dell’imputazione, infatti, è stata ritenuta dal Tribunale d Siracusa espressione di un potere immanente spettante al P.M., purché, tuttavia, vi sia la sussistenza effettiva di un processo, cosa che, nel caso di specie, non vi sarebbe più stata alla data di celebrazione dell’udienza, per essere intervenuta la carenza della condizione di procedibilità. La modifica della disciplina ad essa relativa sarebbe governata, infatti, dal principio di legalità, e cioè dal regime d cui all’art. 2 cod. pen., sul presupposto che la querela avrebbe natura mista, sia sostanziale che processuale, in quanto condizione sia di procedibilità che di punibilità. Pertanto, in ragione della sua natura sostanziale, si sarebbero determinati gli effetti, una volta decorsi i tre mesi previsti dall’art. 85 del d. 150 del 2022, essendo il reato ed il processo due entità distinte, per cui un reato risulterebbe privo della condizione di procedibilità a prescindere da qualsiasi
accertamento effettuabile nel corso del giudizio come, allo stesso modo, si verifica per l’estinzione per prescrizione, che opera autonomamente e di cui nel processo ci si limita a prendere atto .
Nella specie, quindi, il RM. avrebbe chiesto di modificare un’imputazione concernente un reato non più punibile non potendosi più procedere rispetto ad esso per mancanza di querela.
Ciò troverebbe conferma in pronunce relative ad aggravanti contestate suppletivamente dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il delitto non aggravato. Soprattutto di rilievo, rispetto al caso di specie, sarebbe la sentenza Sez. 5, n. 48205 del 10/09/2019, B., Rv. 278039-01, per la quale, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per una circostanza aggravante non può essere valutato qualora essa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione computato con riferimento all’originaria imputazione, in quanto, Una volta maturato il termine di prescrizione, la prosecuzione del processo è incompatibile con l’obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato.
Nella specie, pertanto, ricorrerebbero tutti i presupposti per pronunciare, anche per ragioni di economia processuale, un’immediata sentenza di proscioglimento, in ciò conformandosi all’impronta deflazionistica caratterizzante l’impianto della c.d. “Riforma Cartabia”.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa deducendo, con un unico motivo, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.
Il ricorrente contesta, in particolare, il modo erroneo con cui il giudice di merit avrebbe letto i principi espressi dalla citata giurisprudenza di legittimità, la quale invece, confermerebbe la sussistenza, nel caso di specie, del potere del P. M. di modificare l’imputazione.
Ed infatti, anche prescindendo dal fatto che riguarderebbe il diverso istituto della prescrizione e non, quindi, della carenza della condizione di procedibilità l’indicato indirizzo ermeneutico, del tutto maggioritario in giurisprudénza, esprimerebbe, comunque, proprio l’applicazione del principio per cui è nella possibilità del P.M. procedere in dibattimento alla modifica dell’imputazione pur a fronte del già intervenuto decorso del termine prescrizionale.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha rassegNOME conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La sentenza impugnata deve trovare annullamento in accoglimento del ricorso del pubblico ministero per le ragioni di seguito esposte, in quanto il giudice del dibattimento ha travalicato i limiti processuali e le condizioni che governano l’istituto sotteso alla immediata declaratoria di cause di non punibilità ai sens dell’art.129 comma 1 cod.proc.pen. a fronte della facoltà, legittimamente esercitata dal pubblico ministero di procedere alla precisazione, mediante contestazione suppletiva, di una circostanza aggravante nel corso del giudizio dibattimentale.
Va innanzi tutto ribadito il principio, ripetutamente espresso dal giudice di legittimità che in tema di nuove contestazioni, va riconosciuto al P.M. il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti, temporali o di fonl:e, da cui trarre gl elementi per la detta modifica o la nuova contestazione, sempre ovviamente garantendo i diritti della difesa (sez.3, n.10551 del 14/06/1999, COGNOME, Rv. 214630 in applicazione del principio delineato da S.U., n.4, del 28/10/1998, COGNOME, Rv.212757). ‘E stato successivamente precisato dal supremo consesso che le nuove contestazioni di cui all’art.517 cod.proc.pen. non devono essere necessariamente il precipitato di nuove emergenze processuali emerse nell’istruttoria dibattimentale, ma possono essere altresì la riconsiderazione di elementi di fatti già acquisiti nel corso del giudizio fin dalle indagini prelimin (Sez.2, n.36842 del 6/07/2004, COGNOME, Rv.229729), non soltanto perché non vi è alcun limite temporale all’esercizio del potere di modificare l’imputazione in dibattimento, ma anche perché, da un lato, nel caso di reato concorrente, il procedimento dovrebbe retrocedere alla fase delle indagini preliminari e, dall’altro, nel caso di circostanza aggravante, la manc:ata contestazione nell’imputazione originaria risulterebbe irreparabile, essendo la medesima insuscettibile di formare oggetto di un autonomo giudizio penale(sez.2, n.3192 del 8/01/2009, COGNOME, Rv.242672). Per le medesime ragioni si è affermato che la modifica dell’imputazione di cui all’art. 516 cod. proc. pen. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all’art. 517 cod. proc. pen. possono essere effettuate all’esito dell’istruttori dibattimentale, anche nel caso in cui nel corso della medesima non siano emersi
elementi di prova diversi da quelli di cui il pubblico ministero disponeva al momento dell’esercizio dell’azione penale (Sez.5, n.16989 del 2/04/2014, Costa, Rv.259857), in quanto l’imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l’accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativ o l’oblazione (Sez.5, n.8631 del 21/09″015, Scalia, Rv.266081.).
In conclusione deve affermarsi che il potere del pubblico ministero di procedere alla contestazione di una circostanza aggravante non è soggetto a preclusioni temporali fino alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale di primo grado, né a limiti di fonte potendo essere utilizzati a tale fine elementi acquisiti nel cor delle indagini preliminari, ovvero nella udienza preliminare, nonché quelli emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale e, come emerge dal chiaro tenore dell’art.517 cod.proc.pen., non è sottoposto a condizioni o all’autorizzazione da parte del giudice del dibattimento e, semmai impone il rispetto del contraddittorio in favore dell’imputato e l’esercizio da parte di questi delle facolt riconosciute dall’art.519 cod.proc.pen.
Anche la disposizione di cui all’art.129 cod.proc.pen. assolve ad una funzione di razionalizzazione del sistema processuale penale e di economia processuale laddove sussistano o sopravvengano le condizioni per pronunciare senza indugio specifiche cause di non punibilità tra cui, per quanto è qui di interesse, i proscioglimento dell’imputato per la mancanza di una condizione dì procedibilità (querela).
Invero tale disposizione opera con carattere di pregiudizialità nel corso dell’intero iter processuale (in ogni stato e grado del processo) in una prospettiva di favorire la definizione del giudizio ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello stato, in primo luogo qualora valga a riconoscere la innocenza dell’imputato, in secondo luogo, come nella specie, allorquando non sussistano le condizioni per la utile prosecuzione dell’istanza punitiva per ragioni in rito. In tali evenienze l’ordinamento giuridico appresta uno strumento processuale che, nel rispetto del principio di legalità sancito dall’art.l cod.pen. muove nella prospettiva di interrompere, allorchè emerga una causa di non punibilità, ogni ulteriore attività processuale e di addivenire senza indugio alla definizione del giudizio, cristallizzando l’accertamento a quanto già acquisito agli atti (Sez.U, n.17179 del 27/02/2002, Conti, Rv.221403; ‘Sez.U, n.1021 del 28/11/2001, Cremonese, Rv.225011; Sez.U, n.28954 del 27/04/2017, COGNOME, Rv.269809).
L’ambito contenutistico della pronuncia de plano ex art.129 cod.proc.pen. risulta modulato in base alla fase del procedimento in cui si prospetta o interviene la
causa di non punibilità in quanto, se risulta consentito il proscioglimento predibattimentale dell’imputato ai sensi dell’art.469 cod.proc.pen. allorquando non sia utile il vaglio dibattimentale in quanto l’azione penale non deve essere iniziata o più proseguita, ovvero in ipotesi di estinzione del reato, una volta che i contraddittorio risulta costituito nella sua massima pienezza, il ricorso alla pronuncia in rito deve sottostare a maggiore ragione al rispetto del principio del contraddittorio in quanto in tale sede, così come nel giudizio di appello, il giudice è in grado di valutare la scelta della formula più favorevole per l’imputato essendosi realizzata la piena dialettica processuale delle parti, ovvero, quando si prospetti una definizione in rito, di considerare la necessità di ultimare a istruzione dibattimentale, ovvero di sollecitare la definizione del giudizio soltanto all’esito di una preventiva interlocuzione dei contraddittori su tutti i te processuali e probatori emersi o sollevati nel corso del giudizio.
Sotto questo profilo deve ribadirsi che il rispetto del principio del contraddittor assume rilievo costituzionale e rango pregiudiziale ampiamente valorizzato dalla giurisprudenza EDU, la cui violazione costituisce la fonte di tutte le forme di nullità previste dal codice di rito. Ne consegue pertanto che “la sentenza emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali integra necessariamente la massima violazione del contraddittorio e, quindi risulta viziata da nullità assoluta e insanabile” (sez.U, 27/04/2017, COGNOME, cit.).
4. Fatte queste premesse, nel caso di specie, il Tribunale di Siracusa, nel pronunciare sentenza di immediata declaratoria del proscioglimento dell’imputato per mancanza della condizione di procedibilità del reato di furto pluriaggravato ha violato i principi sopra evidenziati, sia per avere sostanzialmente escluso, nel corso del dibattimento, la facoltà del PM di procedere alla contestazione suppletiva della circostanza aggravante della destinazione “a pubblico servizio” di cui all’art.625 comma 1 n.7 ultima parte cod.pen., sia per avere anticipato la decisione, pervenendo ad una declaratoria ai sensi dell’art.129 cod.proc.pen. dettando, ancor prima della chiusura della istruzione dibattimentale, i termini della discussione finale (limitata alla ricorrenza di un mutamento del regime della procedibilità del reato ascritto), nonostante fosse stato sollevato dall’organo della procura l’incidente relativo alla contestazione suppletiva.
In tale modo il giudice è incorso in una inammissibile anticipazione del giudizio; ha negato il contraddittorio su temi decisivi quali gli esiti dell’istrutt dibattimentale e la legittimità della contestazione suppletiva; ha sollecitato l’intervento delle parti solo sul tema della procedibilità e ha mutilato l discussione finale del suo naturale epilogo.
Così operando il Tribunale di Siracusa ha di fatto trasformato il giudizio sulla responsabilità degli imputati ad un mero accertamento sulla ricorrenza della causa di improcedibilità dell’azione penale, a discapito della piena dialettica processuale, ormai costituita tra le parti laddove, al fine del decidere, il giudic una volta condotto a termine l’iter del giudizio dibattimentale, avrebbe avuto a disposizione tutti gli strumenti per confrontarsi con la res iudicanda allo stesso devoluta e all’esito di un contraddittorio pieno su di essa (sez.U, n.12283 del 25/01/2015, COGNOME, Rv.230529; sez.U, n,17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403; sez.U, n.28954 del 27/04/2017, COGNOME, Rv.269809).
Le inosservanze in cui è incorso il Tribunale di Siracusa sono riconducibili a ipotesi di nullità di ordine generale di cui all’art.178 cod.proc.pen. e in particolar a ipotesi di nullità assolute, laddove attengono ai limiti dell’esercizio dell’azion penale ai sensi dell’art.179 in relazione all’art.178 lett.b) cod.proc.pen. e a conseguente diritto delle parti private di contraddire sul punl:o; esse peraltro si traducono nella violazione dell’integrità del contraddittorio nel corso del giudizio, in quanto hanno determiNOME una ingiustificata limitazione al potere di intervento delle parti su temi decisivi del giudizio, nullità che, rilevabile di ufficio in stato e grado del giudizio, risulta comunque eccepita nei motivi di ricorso del pubblico ministero il quale, deducendo violazione della legge penale, ha chiaramente lamentato come illegittimo il sostanziale disc:onoscimento della propria legittimazione a procedere a contestazioni suppletive nel corso del giudizio.
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Siracusa, diversa persona fisica.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Siracusa, diversa persona fisica.
Così deciso in Roma il 13.2.2024