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Modifica imputazione: Cassazione fissa i limiti del giudice

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di una misura cautelare, stabilendo un principio chiave sulla modifica imputazione. Un giudice può cambiare la qualificazione giuridica di un reato (es. da art. 444 a 440 c.p.), ma non può alterare il fatto storico contestato dal Pubblico Ministero. Nel caso specifico, il giudice aveva trasformato un’accusa di commercio di sostanze nocive in adulterazione, aggiungendo elementi fattuali non presenti nell’imputazione originale, violando così le prerogative dell’accusa e il diritto di difesa.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Modifica imputazione: la Cassazione traccia la linea tra potere del giudice e prerogative del PM

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13329/2024, è intervenuta su un tema cruciale del processo penale: i confini del potere del giudice nella modifica imputazione durante la fase cautelare. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudice può riqualificare giuridicamente un fatto, ma non può alterarne la sostanza storica, che resta di competenza esclusiva del Pubblico Ministero. Questa decisione ha importanti implicazioni sulla tutela del diritto di difesa e sulla corretta ripartizione dei ruoli nel processo.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). L’accusa iniziale, formulata dal Pubblico Ministero, contestava a tre indagati i reati di commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.) e vendita di sostanze non genuine (art. 516 c.p.). In sintesi, gli indagati erano accusati di aver detenuto e distribuito a cantine e distillerie alcool denaturato (contenente isopropilico e metiletilchetone), pericoloso per la salute e non destinato al consumo umano.

Tuttavia, per poter applicare la misura cautelare (che non sarebbe stata consentita dai limiti di pena dell’art. 444 c.p.), il GIP ha riqualificato il fatto come adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari (art. 440 c.p.), un reato più grave. Il Tribunale del Riesame, in seconda istanza, ha annullato l’ordinanza, sostenendo che il GIP non si era limitato a una diversa qualificazione giuridica, ma aveva operato una vera e propria modifica dell’imputazione fattuale, eccedendo i suoi poteri. Il Procuratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Differenza Sostanziale tra Adulterazione (art. 440) e Commercio di Sostanze Nocive (art. 444)

Per comprendere la decisione, è essenziale capire la distinzione tra le due norme al centro della vicenda:

* Art. 440 c.p. (Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari): Punisce chi corrompe, adultera o contraffà sostanze destinate all’alimentazione, rendendole pericolose per la salute pubblica. L’elemento chiave è l’intervento manipolativo sulla sostanza (immutatio), che ne altera la composizione originale.
* Art. 444 c.p. (Commercio di sostanze alimentari nocive): Punisce chi detiene per commerciare o distribuisce sostanze che, pur non essendo state adulterate o contraffatte, sono comunque pericolose per la salute (ad esempio, per cattiva conservazione o perché intrinsecamente non idonee al consumo).

Nel caso in esame, l’accusa originaria descriveva la detenzione e distribuzione di una sostanza già di per sé nociva (l’alcool denaturato), una condotta che rientra pienamente nell’art. 444 c.p. Mancava, invece, qualsiasi riferimento a un’attività di adulterazione di bevande da parte degli indagati, elemento essenziale per configurare il reato di cui all’art. 440 c.p.

I Limiti alla Modifica dell’Imputazione da parte del Giudice

La Cassazione, nel respingere il ricorso del Procuratore, ha confermato la correttezza della decisione del Tribunale del Riesame. Il punto centrale è la distinzione tra qualificazione giuridica e immutazione del fatto.

Il giudice ha il potere-dovere di attribuire la corretta etichetta giuridica (la qualificazione) al fatto storico descritto dal PM. Se il PM accusa Tizio di furto, ma dalla descrizione dei fatti emerge una rapina, il giudice può e deve riqualificare il reato.

Ciò che il giudice non può fare, invece, è modificare la narrazione storica degli eventi. Non può aggiungere o cambiare elementi materiali dell’accaduto. Questo potere spetta esclusivamente al Pubblico Ministero, titolare dell’azione penale. Cambiare il fatto significa ledere il diritto di difesa dell’indagato, che si troverebbe a doversi difendere da una ‘storia’ diversa da quella formalmente contestata.

Le motivazioni

La Corte ha osservato che l’imputazione originaria si concentrava unicamente sulla detenzione e distribuzione di sostanze pericolose. Non vi era alcun accenno a un coinvolgimento degli indagati nel successivo processo di adulterazione delle bevande. Pertanto, nel fondare la misura cautelare sull’art. 440 c.p., il GIP ha introdotto un elemento fattuale nuovo – l’adulterazione – che non era presente nell’editto accusatorio. Questo, secondo la Cassazione, non è un mero cambio di prospettiva legale, ma una vera e propria modifica dell’imputazione nei suoi elementi strutturali, un’operazione non consentita che determina la nullità del provvedimento per violazione dell’iniziativa del Pubblico Ministero.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta separazione tra il ruolo dell’accusa e quello del giudice. Sebbene il giudice sia il custode della legge (iura novit curia), non può sostituirsi al PM nella definizione del perimetro fattuale dell’accusa. La decisione della Cassazione rafforza le garanzie difensive, assicurando che l’indagato sia chiamato a rispondere solo dei fatti storici specificamente e chiaramente contestati dall’organo titolare dell’azione penale, senza rischiare ‘sorprese’ introdotte dal giudice in corso di procedimento.

Può un giudice modificare l’accusa formulata dal Pubblico Ministero per applicare una misura cautelare?
No. Il giudice può modificare la qualificazione giuridica del fatto (cioè applicare una norma diversa a parità di accadimenti storici), ma non può alterare o modificare il fatto stesso come descritto nell’imputazione. Modificare il fatto è una prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero.

Qual è la differenza fondamentale tra il reato di adulterazione di sostanze alimentari (art. 440 c.p.) e quello di commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.)?
La differenza risiede nell’attività dell’agente. L’art. 440 c.p. punisce l’attività di corruzione o adulterazione, cioè una manipolazione che rende pericolosa una sostanza. L’art. 444 c.p., invece, punisce la detenzione per il commercio o la distribuzione di sostanze che sono già nocive, senza che vi sia stata un’alterazione da parte del soggetto agente.

Perché la modifica del fatto da parte del giudice è considerata una violazione dei principi processuali?
Perché invade la sfera di competenza esclusiva del Pubblico Ministero, titolare dell’azione penale, e viola il principio di correlazione tra accusa e decisione. Ciò lede il diritto di difesa dell’indagato, che deve essere messo in condizione di difendersi su un fatto storico preciso e non su una versione modificata dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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