Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13329 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13329 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a SANT’ARPINO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI
avverso l’ordinanza del 12/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
uditi i difensori:
l’avvocato NOME COGNOME, del foro di NAPOLI, in difesa di NOME e NOME, si associa alle conclusioni del P.G. chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
l’avvocato NOME COGNOME, del foro di NAPOLI, in difesa di COGNOME NOME conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 12 settembre 2023, il Tribunale di Napoli, investito delle richieste di riesame proposte nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha annullato l’ordinanza del 19 agosto 2023 con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord aveva applicato nei confronti degli stessi la misura della custodia cautelare in carcere, con riferimento a COGNOME, e degli arresti domiciliari, con riferimento ai COGNOME, in relazione all’imputazione di cui al capo 8) della rubrica (reati di cui agli artt. 110, 444 e 516 cod. pen.), indicato il fatto oggetto dell’imputazione di cui all’art. 444 quale reato ex art. 440 cod. pen.
L’imputazione provvisoria, al capo 8) della rubrica, ha posto a carico degli indagati di avere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso fra loro e con altri, detenuto per la successiva vendita alcool composto da isopropilico e metiletilchetone, ossia sostanze pericolose per la salute umana e non destinate al consumo alimentare, tipiche degli alcool denaturati ad uso industriale e di altri prodotti, quali detersivi, deodoranti, insetticidi particolare, di avere distribuito tale alcool denaturato di illecita provenienza estera presso cantine, distillerie ed altre attività campane, pugliesi e calabresi, tra le quali quelle specificamente indicate nel capo, tra il dicembre 2020 e il giugno 2021.
Il Tribunale ha considerato che le fattispecie di cui agli artt. 444 cod. pen. (commercio di sostanze alimentari nocive) e 516 cod. pen. (vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine) indicate nel capo di accusa hanno entrambe limiti edittali che non consentono l’applicazione di misure cautelari e ha escluso che il Giudice per le indagini preliminari, nell’indicare la fattispecie di cui all’art. 440 cod. pen. in luogo di quella ex art. 444 cod. pen., si fosse limitato a una consentita diversa qualificazione del fatto dedotto con il capo di accusa: ha invece ritenuto essersi verificata un mutamento del fatto oggetto dell’accusa senza la corrispondente iniziativa del pubblico ministero, con la conseguente integrazione della nullità ex art. 179, comma 1, cod. proc. pen.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord chiedendone l’annullamento sulla scorta di due motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione degli artt. 40, 110, 440 e 444 cod. pen.
Sulla premessa che la richiesta formulata dallo stesso Pubblico ministero costituente peraltro la rinnovazione di una precedente richiesta, su cui il Giudice
per la indagini preliminari aveva, per mero difetto di coordinamento, omesso di provvedere – era riferita, in ordine al capo 8), al reato di cui all’art. 440 cod pen., di adulterazione di bevande alcoliche, e che soltanto per mero errore materiale la rubrica aveva indicato il reato di cui all’art. 444 cod. pen., afferente alla molto più tenue fattispecie della condotta intervenuta su sostanze destinate all’alimentazione non contraffatte, né adulterate, laddove la più grave fattispecie regolata dall’art. 440 cit. sanziona la condotta di adulterazione, corrompimento e contraffazione di sostanze alimentari prima che siano attinte o distribuite per il consumo, così rendendole pericolose per la salute pubblica, si evidenzia da parte del ricorrente che la condotta materiale incriminata da quest’ultima norma consiste nella modificazione delle caratteristiche fisiche o chimiche dell’alimento, di guisa che tale alimento, in concreto, abbia la capacità di arrecare danno alla salute, capacità da dimostrare in modo specifico.
Assodato ciò, si prospetta l’erroneità dell’impostazione privilegiata nell’ordinanza impugnata, che avrebbe valorizzato illogicamente il refuso della rubrica, contenente in riferimento all’art. 444, anziché all’art. 440, cod. pen., segnalando, a conferma, il rilievo che il reato di cui all’art. 444 cod. pen. non costituisce titolo per l’emissione della misura cautelare.
Inoltre, il Tribunale, secondo il ricorrente, ha trascurato l’applicazione dei principi in tema di concorso di persone nel reato e di causalità soffermandosi sul solo segmento della condotta relativa alla detenzione dell’alcool per la successiva vendita, senza tener conto della condotta successiva pure descritta nel capo, condotta inerente al procacciamento e alla distribuzione della sostanza presso opifici e case vinicole da utilizzarsi nei processi produttivi per l’adulterazione di bevande e distillati: da tale impostazione discende chiara la prospettazione, nel capo di accusa, dell’apporto causale all’adulterazione data, in modo rilevante sotto il profilo concorsuale, da parte degli indagati, essendo stata determinante la consapevole condotta dei medesimi per l’integrazione del reato contestato; ciò, quanto meno con riferimento al reato di cui al capo 10), inerente al fatto compiuto nel gennaio 2021 presso la RAGIONE_SOCIALE
Pertanto, oltre a non considerare la reale portata della contestazione, il Tribunale, ad avviso del Pubblico ministero, ha erroneamente negato la validità della riqualificazione operata dal Giudice emittente l’ordinanza genetica, laddove la ricostruzione del fatto contestato agli indagati attiene a condotte rientranti nell’oggetto sanzionato dall’art. 440 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 179 cod. proc. pen.
L’esito dell’analisi compiuta nei sensi che precedono conduce, secondo il ricorrente, alla conclusione che nessuna violazione dell’iniziativa del Pubblico
ministero aveva compiuto il Giudice per le indagini preliminari operando l’indicata riqualificazione, giacché le condotte specificate nel capo di accusa sono relative a fatti sussumibili nell’ambito applicativo della norma incriminatrice di cui all’art. 440 cod. pen.: d’altro canto – ha aggiunto il ricorrente – l’oggettiva contiguità delle due fattispecie in questione ha sovente indotto i giudici a compiere, nel rispetto dei principi elaborati sul tema, l’attività di riqualificazione ragguagliabil a quella censurata, in questo caso, dal Tribunale con il provvedimento impugnato, nonostante nell’ordinanza applicativa della misura non si fosse posta a base di tale attività una condotta diversa da quella contestata.
Concludendo in tal senso, il ricorrente, per ribadire l’assenza dell’affermata nullità, segnala che la natura di mero refuso inerente all’indicazione nel capo 8) del diverso articolo (art. 444 in luogo del corretto art. 440 cod. pen.) è confermata dagli ulteriori provvedimenti emessi dai Tribunale del riesame di Napoli il 17.05.2023 e di Santa Maria Capua Vetere il 3.10.2023 in altri procedimenti cautelari paralleli.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto l’Autorità ricorrente non si è confrontata effettivamente con la concreta articolazione del capo di imputazione, strutturalmente inadeguato a sorreggere l’accusa relativa al reato di cui all’art. 440 cod. pen., sicché quella che è stata prospettata come una riqualificazione del fatto si è concretata in un’effettiva – ma non consentita – modifica dell’imputazione da parte del giudice emittente la cautela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene l’impugnazione non fondata e, come tale, da rigettare.
Giova, in premessa, osservare, a integrazione di quanto già esposto in parte narrativa, che il Tribunale ha ritenuto determinante il rilievo che, a fronte della contestazione, con l’imputazione sub 8), inerente ai soli titoli di reato di cui agli artt. 444 e 516 cod. pen., il Giudice per le indagini preliminari – senza svolgere alcun accenno alla riqualificazione operata – aveva affermato la sussistenza della gravità indiziaria in ordine al diverso delitto di cui all’art. 4 cod. pen., ossia al delitto di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, poi dedicandosi a spiegare il significato giuridico delle attività d adulterazione e contraffazione delle sostanze stesse.
Questo inquadramento non è stato reputato legittimo dai giudici del riesame, giacché, in questa fattispecie, a prescindere dall’attività di qualificazione
giuridica, il fatto oggetto dell’imputazione ha riguardato la detenzione finalizzata alla successiva vendita e alla distribuzione a cantine, distillerie e altre attivit commerciali di alcool denaturato, pericoloso per la salute umana e non destinato al consumo alimentare, ma non ha riguardato alcuna condotta di corruzione o adulterazione di acque o di sostanze alimentari destinate al commercio eventualmente posta in essere dagli indagati.
Accertata questa rilevante discrasia fra fatto contestato e fatto posto a base della misura cautelare, il Tribunale ha considerato essersi verificata la nullità, nella parte di interesse, dell’ordinanza applicativa della misura, in quanto non è consentito al giudice per le indagini preliminari o al tribunale del riesame formulare autonome ipotesi ricostruttive sulla base di dati di fatto diversi, sicché, quando si esorbita in tale ultimo senso, si determina il difetto dell’iniziativa del pubblico ministero in ordine al fatto posto a base della misura e, di conseguenza, si incorre nella nullità sanzionata dall’art. 179, comma 1, cod. proc. pen.
I giudici del riesame hanno, pertanto, concluso nel senso che il Giudice per le indagini preliminari era incorso in questo vizio quando, nell’ambito di questo procedimento cautelare, aveva adottato l’ordinanza applicativa della misura coercitiva nei confronti dei tre suindicati indagati in relazione all’ipotesi di accusa di cui al capo 8), come affermata in dispositivo.
Questo rilievo, ritenuto decisivo dal Tribunale del riesame, non risulta infirmato dalle due doglianze articolate dal Pubblico ministero ricorrente, doglianze da trattare in modo unitario in ragione dell’intima connessione che le avvince e della medesima ratio che le sorregge.
Va rimarcato il discrimine giuridico fra le due fattispecie rispetto alle quali si è posta la questione di qualificazione giuridica, questione dai giudici del riesame non reputata ammissibile in questa evenienza.
Si è, in materia di reati contro l’incolumità pubblica, affermato, in modo qui condiviso, che costituisce dato comune ai reati in esame quello per il quale – ai fini della configurabilità dei delitti di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari (sanzionato dall’art. 440 cod. pen.) e di commercio di sostanze alimentari nocive (punito dall’art. 444 cod. pen.) – è necessario che gli alimenti abbiano, in concreto, la capacità di arrecare danno alla salute, dato di fatto che deve costituire oggetto di specifica dimostrazione mediante indagine tecnica o altro mezzo di prova (Sez. 1, n. 54083 del 21/07/2017, COGNOME, Rv. 272177 01).
In questo comune alveo, si considera, poi, che la differenza sostanziale tra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 440 cod. pen. e quella di cui all’art. 444 co pen. non vada ricercata nella natura delle sostanze prese in considerazione, ma
debba individuarsi nell’attività posta in essere dal soggetto agente: l’elemento oggettivo del primo delitto è costituito dall’opera di corruzione o adulterazione delle sostanze alimentari destinate all’alimentazione o al commercio; invece, l’elemento oggettivo del secondo delitto consiste nella detenzione per il commercio o nella distribuzione per il consumo di sostanze che non siano state contraffatte o adulterate ma che siano, comunque, pericolose per il consumatore, con l’effetto che il carattere nocivo della sostanza non dipende – in questa seconda ipotesi – da una immutatio tra quelle descritte nella prima ipotesi (alterazione, corruzione, adulterazione), ma da altre cause, quali, ad esempio, il cattivo stato di conservazione la provenienza delle carni da animali malati.
Consegue che, pur costituendo entrambe le fattispecie criminose delitti di pericolo concreto che richiedono l’accertamento in concreto dello stato di pericolo, ancorché la sostanza pericolosa non abbia causato danno, si tratta di ipotesi in punto di principio non compatibili, nel senso che esse possono ricorrere solo in via alternativa (Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255519 01; Sez. 1, n. 604 del 09/12/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245961 – 01; Sez. 1, n. 5536 del 05/10/2000, Confl. comp. in proc. Francia, Rv. 217619 – 01); ciò, naturalmente, quando si faccia riferimento alla medesima condotta, nulla escludendo che, in ipotesi di diverse e cumulative condotte da parte del medesimo agente, possa verificarsi la distinta integrazione sia dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 440 cod. pen., sia di quella di cui all’art. 444 cod. pe (per una concreta fattispecie di tal tipo v. Sez. 1, n. 20999 del 01/04/2004, Provaroni, Rv. 228108 – 01).
Nella cornice così tratteggiata, la valutazione compiuta dal Tribunale rinviene adeguato riscontro nell’esame dell’ordinanza applicativa delle misure cautelari ai tre indagati succitati.
Con tale provvedimento, il Giudice per le indagini preliminari, pur avendo esaminato, quanto all’imputazione provvisoria che qui rileva, quella di cui al capo 8), la fattispecie univocamente riferita, oltre che al reato di cui all’art. 516 cod. pen., al solo reato di cui all’art. 444 cod. pen.
Non consta – né il ricorrente ha fornito elementi in tal senso – che nel provvedimento genetico si sia affrontata la questione della diversa qualificazione della condotta oggetto del capo di accusa quale reato previsto e punito dall’art. 440 cod. pen., essendosi, invece, da parte del Giudice per le indagini preliminari direttamente ragionato, quanto al suddetto reato, come già contestato anche a COGNOME e ai COGNOME ai sensi di tale ultima norma, così essendosi omologata la corrispondente trattazione a quella inerente al capo 15), che però era connotata
dall’effettiva, espressa contestazione ad altri indagati (NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME) del reato ex art. 440 cod. pen., con specifico riferimento, nell’articolazione della condotta incriminata, all’attività di adulterazione di sostanze alimentari.
L’imputazione provvisoria di cui al capo 8), come ha rilevato il Tribunale, si caratterizza per avere dedotto in contestazione le sole condotte di detenzione per la successiva vendita e di susseguente distribuzione delle sostanze pericolose per la salute umana, non destinate al consumo alimentare. In definitiva, il fulcro dell’imputazione provvisoria riguarda la detenzione di sostanze, quali l’alcool denaturato, pericolose per la salute umana e la loro distribuzione alle imprese poi elencate nel capo stesso, senza espliciti richiami al processo di adulterazione che ne fosse seguito e al – prospettabile, ove del caso – concorso dei tre indagati con coloro i quali avevano, in thesi, proceduto a utilizzare le sostanze per l’adulterazione di sostanze destinate all’alimentazione.
Il dato che ha determinato il decisivo rilievo del Tribunale del riesame è quello per il quale il riferimento alle attività di adulterazione, contraffazione corrompimento delle sostanze – in questo caso, delle bevande – destinate all’alimentazione non è risultato esplicitato nell’editto accusatorio, residuando la mera constatazione che i soggetti destinatari della distribuzione ascritta a COGNOME e ai COGNOME sono stati indicati come produttori di bevande.
Si profila, pertanto, insuperata dai motivi sviluppati nell’impugnazione la precisa e argomentata affermazione da parte dei giudici del riesame che, non soltanto il riferimento numerico alla norma contestata come violata, ma anche la descrizione del fatto risultano modellati – con riferimento al fuoco dell’accusa mossa sub 8) nei confronti dei suddetti indagati – sulla sola fattispecie di cui all’art. 444 cod. pen., senza attribuzione, diretta o mediata, agli indagati di attività di adulterazione o contraffazione delle sostanze stesse proprie del reato di cui all’art. 440 cod. pen.
Né appare prospettabile la proposta di pervenire al recupero della diversa e più vasta portata dell’orizzonte fattuale sottesa all’ordinanza applicativa della misura come concepita dal Giudice emittente operando il relativo ampliamento mediante collegamenti logici fra l’oggetto dell’imputazione provvisoria formulata nei confronti di COGNOME e dei COGNOME e le imputazioni provvisorie elevate a carico (esclusivamente) di altri indagati, quale l’accusa di cui agli artt. 440 e 516 cod. pen., formulata, al capo 10), nei confronti di altri soggetti, legati a vario titolo a una della società acquirenti dell’alcool denaturato, poiché una siffatta argomentazione determinerebbe la ridefinizione del fatto oggetto di accusa mediante riferimenti esogeni, estranei al capo di imputazione e non riconnettibili allo stesso.
1
A
Questi essendo i connotati strutturali dell’imputazione, deve concludersi che correttamente il Tribunale ha rilevato la non consentita immutazione del fatto oggetto dell’imputazione sub 8) a carico dei tre indagati, immutazione che non è possibile obliterare derubricando la scelta del Giudice AVV_NOTAIO le indagini preliminari a un mero refuso oppure relegando tale opzione nell’ambito di una diversa qualificazione di un fatto comunque oggetto di contestazione, come prospetta il Pubblico ministero ricorrente.
4. Le conclusioni raggiunte inducono a ritenere incensurabile l’approdo a cui è pervenuto il Tribunale.
Si riafferma, beninteso, il consolidato principio di diritto secondo cui, in sede di applicazione della misura cautelare ai sensi dell’art. 292 cod. proc. pen., al giudice per le indagini preliminari e, poi, al tribunale, in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 cod. proc. pen., è consentito modificare la qualificazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto per cui si procede, senza che ciò incida sull’autonomo potere di iniziativa dello stesso pubblico ministero, potere che rileva esclusivamente sotto il diverso profilo dell’immutabilità della formulazione del fatto inteso come accadimento materiale, fermo restando che l’eventuale modifica della qualificazione non produce effetti oltre il procedimento incidentale (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205617 – 01; fra le successive Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020, P., Rv. 279211 – 02; Sez. 5, n. 7468 del 28/11/2013, dep. 2014, Pisano, Rv. 258983 01).
È, però, del pari – e specularmente COGNOME assodato che il giudice chiamato a emettere il provvedimento cautelare e, poi, il tribunale del riesame, se hanno il potere-dovere di procedere a una diversa qualificazione giuridica del fatto, non possono formulare un giudizio su un’ipotesi di reato fattualmente diversa rispetto a quella contenuta nel capo di imputazione: ciò, perché la modifica ex officio degli estremi del fatto sul quale il giudice della cautela è stato chiamato a decidere, anche se questo risulti diverso e più grave rispetto a quello contestato, incide sulla necessaria correlazione ai fatti posti a fondamento dell’accusa formulata dal pubblico ministero.
Il potere di modificazione dell’imputazione, quale descrizione del fatto storico da cui l’indagato è chiamato a difendersi, compete, invero, al pubblico ministero in modo esclusivo, essendo l’organo della pubblica accusa, nella fase delle indagini preliminari, a poter procedere in qualsiasi momento alle modificazioni fattuali della contestazione, anche nel corso dell’udienza per il riesame delle misure cautelari (Sez. 6, n. 16020 del 13/03/2019, Calanna, Rv. 275602 – 01; Sez. 2, n. 29429 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 251015 – 01).
8 COGNOME
L’esorbitanza dallo spettro dell’imputazione di cui al capo 8) del fatto ascritto, con l’ordinanza genetica, ai tre indagati ha, pertanto, determinato la formulazione, quanto alla contestazione del reato di cui all’art. 440 cod. pen., di un’accusa che avrebbe richiesto il previo vaglio del pubblico ministero.
Senza la previa iniziativa dell’organo titolare dell’esercizio dell’azione penale e della corrispondente elevazione dell’imputazione, con l’individuazione del fatto oggetto dell’accusa, si è determinata, nella parte di interesse, la corrispondente violazione degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen rettamente individuata dal Tribunale.
Ineludibile è emersa, quindi, la necessità che l’ipotesi di accusa qui controversa venga sottoposta al vaglio del pubblico ministero per la sua eventuale riformulazione in guisa da comprendere le condotte risultate escluse dalla sua attuale articolazione fattuale.
5. Corollario delle svolte considerazioni è che il ricorso deve essere rigettato. La natura della parte ricorrente esclude statuizioni in merito alle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 12 gennaio 2024
Il Consi liere es nsore
Il Presidente