Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11217 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11217 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 19/09/1996
avverso la sentenza del 14/06/2024 della Corte d’appello di Milano Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Busto Arsizio, in data 19 ottobre 2023, che ha condannato NOME COGNOME per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ex art. 110 cod.pen., 216 co. I n. I, Legge Fallimentare, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di due anni di reclusione.
Il Tribunale ha dichiarato l’imputato colpevole – a titolo di concorso con la madre e con il di lei compagno, rispettivamente amministratore unico, e poi liquidatore, la prima, e amministratore di fatto, il secondo, della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallit 17 maggio 2017 – per la distrazione di due autovettura, BMW XL e FIAT 600; ha
considerato che tali beni non furono rinvenuti, dal curatore, in sede di inventario e che gli stessi risultavano essere stati ceduti a NOME COGNOME senza che tuttavia la società avesse mai effettivamente percepito alcun corrispettivo; inoltre, l’autovettura BMW risultava essere stata rivenduta dall’imputato dopo quattro mesi a una concessionaria, per una cifra superiore del 70% al prezzo di acquisto, peraltro mai pagato.
La Corte di appello, nel confermare la pronuncia di condanna, ha ritenuto legittima la modifica dell’accusa, effettuata già nel corso dell’udienza preliminare e ritenuta tale anche dal Tribunale, inerente alla diversa qualificazione della condotta originariamente contestata a titolo di riciclaggio e successivamente il termini di bancarotta, escludendo la novità del fatto contestato in relazione a tale diversa imputazione.
L’imputato, per il tramite del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con primo motivo denuncia inosservanza di norme processuali stabilite, a pena di nullità (art, 606, comma 1, lett. c, cod.proc.pen.) in riferimento agli artt. 423, 178 lett. c) cod.proc.pen. Deduce che la modifica dell’imputazione effettuata all’udienza preliminare – da riciclaggio a concorso in bancarotta distrattiva quale extraneusconcernerebbe “un fatto diverso per la presenza di elementi costitutivi parzialmente diversi da quelli originali”.
Richiama precedente arresto di questa Corte secondo cui sussisterebbe incompatibilità fra il reato di riciclaggio e reati presupposti, essendo stato escluso che la condanna per i reati presupposti sia uno sviluppo prevedibile del fatto originariamente contestato, corrispondendo, piuttosto, ad una sostanziale imnnutazione del fatto.
Originariamente era stato contestato al ricorrente “il trasferimento (vendita) della BMW tg. TARGA_VEICOLO alla concessionaria, per ostacolarne la provenienza delittuosa”; con la seconda imputazione erano state contestate condotte del tutto diverse, consistenti nell’acquisto della BMW tg. TARGA_VEICOLO e nella gratuita ricezione della Fiat TARGA_VEICOLO In altre parole, dapprima il fatto naturalistico contestato ad Engel è stato ricondotto alla «vendita» della BMW, mentre con l’imputazione modificata gli si è contestato «l’acquisto» proprio di detta BMW, con l’aggiunta della ricezione gratuita della Fiat 600, neppure menzionata nella prima imputazione. L’imputato non ha prestato alcun consenso ex art 423, comma 2, cod.proc.pen. alla modificazione dell’originaria contestazione operata dal pubblico ministero all’udienza del 21 aprile 2022, e il Giudice non avrebbe potuto autorizzarla.
2.2. Con secondo motivo denuncia violazione di norma processuale ed erronea applicazione della legge penale, in riferimento agli artt. 110 cod.pen. e 216, comma 1, n. 1, legge fall. .Deduce che gli elementi valorizzati dalla Corte non sarebbero sufficienti a ritenere provato alcun concorso.II rapporto familiare non sarebbe di per sé sintomatico di alcuna consapevolezza dell’imputato in ordine allo stato di decozione della società, gestita dalla madre e dal di lei compagno.
3.11 Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
IL primo motivo è infondato.
La difesa deduce l’illegittimità della diversa qualificazione giuridica del fatto operata dal giudice dell’udienza preliminare, avallata dal Tribunale e dalla Corte di appello, ritenendo che l’attribuzione di un diverso nomen iuris alla condotta, originariamente contestata in termini di riciclaggio e successivamente a titolo di concorso in bancarotta distrattiva, abbinata ad una diversa descrizione della stessa, non più focalizzata sul momento della vendita dell’autovettura BMW ma sull’acquisto della stessa, abbia di fatto comportato la contestazione di un fatto nuovo che, a norma dell’art. 423 comma 2, cod.proc. pen., avrebbe potuto essere contestato solo in presenza di autorizzazione del giudice, su richiesta del pubblico ministero, e su consenso dell’imputato.
Diversamente, la sentenza impugnata, nel confermare la sentenza di primo grado sul punto, ha ritenuto che la diversa qualificazione giuridica dovesse essere ricondotta nella previsione di cui al comma 1 dell’art. 423 cod.proc.pen.
L’art.423 cod.proc.pen, informato ad una ratio di economia processuale, prevede che laddove, nel corso dell’udienza preliminare, il fatto risulti diverso da come è descritto nell’imputazione, ovvero emerga un reato connesso ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l’imputazione e la contesta all’imputato; se risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, su richiesta del pubblico ministero, qualora vi sia il consens dell’imputato, il giudice ne autorizza la contestazione.
La medesima linea di confine – in tema di emendatio dell’imputazione- è configurata con riferimento a fasi processuali successive all’udienza preliminare.
L’art.516 cod.proc.pen. individua analogo strumento per consentire di adeguare la contestazione alle emergenze istruttorie prevedendo che, qualora nel corso dell’istruzione dibattimentale, il fatto risulti diverso da come è descritto nel decreto ch dispone il giudizio, il pubblico ministero modifica l’imputazione e procede alla relativa contestazione, sempre che il reato non appartenga alla competenza di un giudice superiore.
L’art. 518 cod.proc.pen. prevede che il pubblico ministero debba procedere nelle forme ordinarie qualora, nel corso del dibattimento, risulti, a carico dell’imputato, un fatt nuovo, non enunciato nel decreto che dispone il giudizio e per il quale si debba procedere d’ufficio, a meno che non vi sia il consenso dell’imputato presente a procedere a contestazione nella medesima udienza.
Sotto altro, ma connesso, profilo l’art. 521 cod.proc.pen., in applicazione del principio riassumibile nel brocardo latino iura novit curia, prevede che il giudice, nella sentenza, possa dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, purché il reato non ecceda la propria competenza o non sia affidato alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale anziché monocratica. Al fine di tutelare il diritto di difesa dell’imputato, però, il secondo comma impone al giudice, che accerti che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio (ovvero nella contestazione effettuata a norma degli artt. 516, 517 e 518, comma 2, cod. proc. pen.), di pronunciare un’ordinanza con cui dispone trasmettersi gli atti al Pubblico Ministero.
1.2. Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, inoltre, «in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione» ( Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Rv. 248051 – 01).
Il principio di correlazione tra imputazione e sentenza risulta violato quando nei fatti, rispettivamente descritti e ritenuti, non sia possibile individuare un nucleo comune, con la conseguenza che essi si pongono, tra loro, in rapporto di eterogeneità ed incompatibilità, rendendo impossibile per l’imputato difendersi. Per «fatto diverso», considerato dal comma 2 dell’art.521, così come dall’art. 423 comma 2 cod.proc.pen., deve intendersi non solo un fatto che integri una imputazione diversa, restando esso invariato, ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, rendendo necessaria una correlativa puntualizzazione nella ricostruzione degli elementi essenziali del reato (Sez. 5, n. 2295 del 03/07/2015 – dep. 2016,p.c.in proc.COGNOME, Rv. 266019; Sez. 6, n. 26284 del 26/03/2013, COGNOME, Rv. 256861;; Sez. 5, n. 10310 del 25/08/1998, Rv. 211477).
1.3.Dalle superiori coordinate ermeneutiche deriva che l’obbligo di correlazione tra accusa e sentenza non può ritenersi violato da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione dell’imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato: la nozione strutturale di “fatto”, contenuta nel disposizioni che si assumono violate, va coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che il princ di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) risponde
all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi, (in tal senso, Sez. 1, n. 35574 de/ 18/06/2013, Rv. 257015 – 01; Sez. 4, n. 10103 del 15/01/2007,Rv. 236099).
Nel caso di specie non è, tuttavia, riscontrabile alcuna sostanziale immutazione del fatto contestato o violazione del diritto di difesa, ed è immune da vizi la motivazione con la quale il giudice di merito, con logiche argomentazioni, come tali non censurabili in questa sede, ha ritenuto che il fatto contestato sia rimasto sostanzialmente immutato, nonostante la diversa qualificazione giuridica.
All’imputato è stato originariamente contestato il reato di riciclaggio in relazione all’effettuato trasferimento dell’autovettura BMW ad una concessionaria, a titolo di acconto per l’acquisto di altra autovettura, in quanto posto in essere “in modo da ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa”; a seguito di modifica del capo di imputazione è stato contestato all’imputato di avere, in concorso con gli amministratori ( di diritto e di fatto) della società fallita, posto in essere una condot distrattiva per avere acquistato, dalla società fallita, la medesima autovettura BMW al prezzo di euro 10.000, rivendendola dopo quattro mesi al prezzo di euro 17.000,00, senza avere pagato alcun corrispettivo alla medesima; analoga condotta è stata contestata all’udienza preliminare con riferimento ad altra autovettura non specificamente indicata in sede di decreto di rinvio a giudizio.
La Corte territoriale ha ritenuto che il fatto contestato sia rimasto immutato, nonostante la diversa qualificazione giuridica, dal momento che anche nella prima versione del capo di imputazione gli elementi costitutivi dell’ipotesi di concorso in bancarotta successivamente contestata erano stati, di fatto, delineati attraverso l’indicazione del provento dell’autovettura da “delitto di bancarotta”.
Quanto alla contestazione della seconda autovettura, la Corte territoriale, argomentando in merito a doglianza analoga a quella in esame, ha rilevato che la contestazione della ricezione di essa, senza alcun corrispettivo, pur avendo un un valore di euro 1.900,00, abbia integrato un fatto diverso, per aggiunta, e non un fatto nuovo.
La decisione adottata non può essere censurata in quanto la condotta delineata attraverso la modifica dell’imputazione non può essere considerata fatto storico diverso, essendo il focus dell’imputazione rappresentato in entrambi i casi, sia prima che dopo la modifica dell’imputazione, dalla fuoriuscita dei beni sociali dal patrimonio della fallita: mutare è stato l’inserimento della condotta in un diverso contesto di relazioni rispetto ai soggetti autori del reato presupposto, già, peraltro, individuato ab origine nel reato di bancarotta.
La condotta su cui è stato fondato l’addebito non ha subito variazioni, rimanendo immutata nella sua componente naturalistica, pur essendo stata descritta con riferimento a due momenti distinti, essendosi nell’un caso la contestazione focalizzata sul momento
della fuoriuscita dell’autovettura dal patrimonio sociale, e, nell’ipotesi di riciclag originariamente contestata, sul momento della ricezione della stessa da parte dell’imputato.
La riqualificazione giuridica, peraltro, è stata effettuata in favore dell’imputato con l configurazione di reato meno grave, essendo il reato di bancarotta fraudolenta, punito con la reclusione da 3 a 10 anni, mentre il reato di riciclaggio è punito con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000. Inoltre la riqualificazione è stata effettuata già nel corso dell’udienza preliminare e il ricorrente ha avuto modo di argomentare, nell’esercizio del suo diritto di difesa, sia in appello sia in sede di legittimit
1.4. Né, peraltro, appare determinante il richiamo al precedente di questa Corte (Sez. 2, n. 30027 del 15/06/2021, Rv. 281810 – 01) con cui è stato disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata che aveva condannato l’imputato per i reati di cui agli artt. 640 ter e 615 ter cod.pen. , al posto di quello di riciclaggio, oggetto di origina contestazione. La sentenza non costituisce espressione di un principio generale dovendo, piuttosto, la decisione essere calata in quella specifica vicenda processuale, del tutto diversa da quella in esame, come risulta dal tenore della medesima motivazione in cui si mette in risalto che, in tale vicenda, l’iter concreto di svolgimento del processo non aveva, in alcun modo, evidenziato la prevedibilità della qualificazione operata dalla Corte d’appello, atteso che sia la sentenza di primo grado che l’appello della pubblica accusa, oltre che gli atti difensivi, erano risultati incentrati sulla configurabilità o meno del de di riciclaggio, senza alcun riferimento ai reati presupposti, ritenuti “pacificamente non attribuibili al ricorrente”. Al contrario deve rilevarsi che, in fattispecie analoga a quella esame, questa Corte ha ritenuto che lo storno indebito di una risorsa patrimoniale a favore di un terzo al di fuori della società integri una condotta distrattiva fraudolenta e art.216 legge fall. ( con automatica preclusione della sussistenza del reato di riciclaggio) quando questi sia conscio del contenuto dell’operazione e della sua natura distrattiva, avendo agito con la consapevolezza che essa espone a rischio la garanzia offerta ai creditori dal patrimonio dell’impresa ( Sez. 5, n. 2298 del 21/11/2017, dep.2018, Rv. 272089 – 01) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.È manifestamente infondato il secondo motivo. In tema di concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Rv. 278156 – 02; Sez. 5, n. 54291 del 17/05/2017, Rv. 271837-01; Sez. 5, n. 16983 del 05/03/2014, Rv. 262905 – 01). Ne consegue che ogni atto distrattivo assume rilievo ai sensi dell’art. 216 della legge fall., i caso di fallimento, indipendentemente dalla rappresentazione di quest’ultimo, il quale non costituisce l’evento del reato, coincidente piuttosto con la lesione dell’interesse
patrimoniale della massa dei creditori. Peraltro, se la conoscenza dello stato di decozione costituisce dato significativo della consapevolezza del terzo di arrecare danno ai creditori, ciò non significa che essa non possa ricavarsi anche da altri fattori, quali la natura fittiz o l’entità dell’operazione che incide negativamente sul patrimonio della società ( Sez.5, n. 16579 del 24/03/2010, Rv. 246879;Sez. 5, n. 9299 del 13/01/2009, Rv. 243162). Il riferimento a tali principi vale a confutare il rilievo difensivo secondo cui i rapp personali tra l’imputato e i familiari priverebbero di ogni sospetta connotazione le operazioni contestate in quanto la condotta è stata posta in essere non riguardo a beni personali ma relativamente a beni sociali, che sono stati sottratti alla garanzia dei creditori. La doglianza difensiva risulta articolata senza alcun confronto con la motivazione espressa dalla Corte territoriale – immune da vizi ed ispirata a criteri di logica- che ha ritenuto, piuttosto, sussistente la prova del concorso nel reato di bancarotta evidenziando: che l’autovettura BMW era stata acquistata, da parte dell’imputato, ad un prezzo pari alla metà del valore, in prossimità della messa in liquidazione della società della madre, che si trovava già in crisi conclamata da due anni; la seconda autovettura risulta ceduta senza la pattuizione di alcun corrispettivo ( pur avendo un valore di euro 1.900,00); il rapporto familiare esistente fra l’imputato e l’amministratore di diritto ( oltre che di fatto) della società fallita e la tipologia stessa, riconducibile per la sua compagine soggettiva, ad una società familiare.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 30/01/2025