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Modifica imputazione: appello del PM inammissibile

La Cassazione ha dichiarato inammissibile l’appello del PM che contestava un’errata qualificazione giuridica (truffa anziché estorsione). La Corte ha stabilito che la mancata modifica imputazione durante il primo grado di giudizio, un potere esclusivo dell’accusa, preclude la possibilità di sollevare la questione in sede di appello, cristallizzando la decisione del Tribunale basata sull’accusa originaria.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Modifica Imputazione: la Scelta del PM in Udienza è Decisiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 1738 del 2024, offre un importante chiarimento sui poteri del Pubblico Ministero (PM) nel processo penale e sulle conseguenze delle sue scelte. La Suprema Corte ha stabilito un principio procedurale fondamentale: se il PM ha la possibilità di procedere a una modifica imputazione durante il giudizio di primo grado e non lo fa, non può successivamente lamentarsi in appello per l’errata qualificazione giuridica del fatto. Vediamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Roma che dichiarava il non doversi procedere nei confronti di un imputato per il reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 del codice penale. La decisione del Tribunale si basava su una ragione puramente procedurale: l’azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela, un atto indispensabile per la perseguibilità di quel specifico reato.

La Tesi dell’Accusa e l’Appello

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma ha impugnato questa decisione, sostenendo che il Tribunale avesse commesso un errore nella qualificazione giuridica del fatto. Secondo la Procura, la condotta dell’imputato non configurava una truffa, ma un reato più grave: l’estorsione, prevista dall’art. 629 del codice penale. A differenza della truffa semplice, l’estorsione è un reato procedibile d’ufficio, per il quale non è necessaria la querela della persona offesa. La Procura sosteneva quindi che il processo avrebbe dovuto proseguire sotto questa diversa qualificazione giuridica.

Il passaggio in Cassazione

La Corte di Appello, anziché decidere nel merito, ha trasmesso l’atto di impugnazione direttamente alla Corte di Cassazione, come previsto dall’articolo 568, comma 5, del codice di procedura penale. In questa sede, è stato lo stesso Procuratore Generale presso la Cassazione a chiedere che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.

La Modifica Imputazione: il Cuore della Decisione

Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nel potere, e nel mancato esercizio, di modifica imputazione da parte del PM nel corso del giudizio di primo grado. Il Pubblico Ministero, in qualità di organo dell’accusa, ha la facoltà di cambiare la contestazione mossa all’imputato se, nel corso del dibattimento, emergono elementi che suggeriscono una diversa qualificazione giuridica del fatto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso del Procuratore Generale manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che l’ufficio della Procura aveva la piena possibilità di modificare l’imputazione da truffa a estorsione direttamente dinanzi al Tribunale. Questa scelta rientra nei poteri esclusivi dell’organo dell’accusa.

Non avendolo fatto, il PM non può dolersi in una fase successiva del processo di una decisione che è la diretta conseguenza della sua stessa inerzia. Il Tribunale, infatti, ha correttamente giudicato sulla base dell’imputazione che gli era stata sottoposta, ovvero quella di truffa. Di fronte a tale accusa, la constatazione della mancanza di querela ha reso inevitabile la pronuncia di non doversi procedere.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un principio di auto-responsabilità e di preclusione processuale per l’organo dell’accusa. Il momento per definire e, se necessario, correggere il perimetro dell’accusa è il giudizio di primo grado. Lasciar passare questa occasione significa cristallizzare la situazione, impedendo che la stessa questione possa essere sollevata come motivo di impugnazione. Questa decisione rafforza la necessità di un’attenta valutazione da parte del Pubblico Ministero durante tutto il corso del dibattimento, poiché le sue scelte strategiche hanno conseguenze definitive sull’esito del procedimento.

Perché il Tribunale ha inizialmente archiviato il caso?
Il Tribunale ha dichiarato il non doversi procedere perché l’imputato era accusato del reato di truffa (art. 640 c.p.), che richiede la querela della persona offesa per poter essere perseguito. Poiché tale querela mancava, l’azione penale non poteva essere iniziata.

Qual era l’argomento principale del Procuratore Generale nel suo ricorso?
Il Procuratore Generale sosteneva che il Tribunale avesse sbagliato la qualificazione giuridica del fatto. A suo avviso, non si trattava di truffa, ma di estorsione (art. 629 c.p.), un reato più grave che è procedibile d’ufficio e non necessita di querela. Di conseguenza, il processo avrebbe dovuto continuare.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha stabilito che il Pubblico Ministero aveva il potere e l’opportunità di modificare l’imputazione da truffa a estorsione durante il processo di primo grado. Non avendolo fatto, non poteva lamentarsi in appello di una decisione (quella del Tribunale) che era corretta sulla base dell’imputazione originaria. L’inerzia del PM in primo grado gli ha precluso la possibilità di sollevare la questione in sede di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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