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Misure di sicurezza: espulsione sostituita con libertà

Un uomo, originariamente soggetto alla misura di sicurezza dell’espulsione, ha visto la sanzione sostituita con la libertà vigilata dal Tribunale di Sorveglianza. Ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo l’incompatibilità tra le due misure. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, affermando che il sistema delle misure di sicurezza è flessibile e consente modifiche basate sulla proporzionalità e sull’evoluzione della pericolosità sociale del soggetto. La sostituzione è stata ritenuta corretta in quanto bilanciava una residua pericolosità con il diritto alla vita familiare.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure di Sicurezza: sì alla sostituzione dell’espulsione con la libertà vigilata

L’applicazione delle misure di sicurezza rappresenta uno degli aspetti più delicati del diritto penale, poiché mira a bilanciare la difesa sociale con i diritti fondamentali dell’individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla flessibilità di questo sistema, confermando la possibilità per un giudice di sostituire una misura grave come l’espulsione con una meno afflittiva, quale la libertà vigilata, qualora le circostanze lo giustifichino.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna definitiva per reati quali tentato furto, resistenza a pubblico ufficiale e devastazione. A seguito di questa condanna, il Magistrato di sorveglianza aveva applicato al condannato la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato.

L’interessato ha proposto appello avverso tale decisione e il Tribunale di Sorveglianza, in parziale accoglimento, ha modificato la misura, sostituendo l’espulsione con la libertà vigilata. Nonostante la decisione fosse a lui favorevole (una modifica in bonam partem), il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali.

L’Appello in Cassazione: Il cuore del problema

Il ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che le due misure di sicurezza (espulsione e libertà vigilata) fossero fondate su presupposti diversi e inconciliabili. Inoltre, contestava la motivazione del provvedimento, ritenendo che la sua stabilità socio-familiare, con l’intero nucleo familiare residente in Italia, dovesse escludere la sua attuale pericolosità sociale.

Primo Motivo: Incompatibilità tra Misure di Sicurezza

Il fulcro della prima doglianza era l’asserita impossibilità di ‘scambiare’ una misura con l’altra, data la loro differente natura. L’espulsione allontana fisicamente il soggetto dal contesto sociale, mentre la libertà vigilata presuppone la sua permanenza sul territorio per essere monitorato.

Secondo Motivo: Valutazione della Pericolosità Sociale

Con il secondo motivo, si criticava la decisione del Tribunale di Sorveglianza di applicare comunque una misura restrittiva, nonostante avesse riconosciuto un’attenuazione della pericolosità sociale del soggetto, dovuta alla presenza e al supporto della sua famiglia in Italia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulle misure di sicurezza

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo e fornendo una chiara interpretazione del sistema delle misure di sicurezza.

La Flessibilità del Sistema delle Misure di Sicurezza

La Corte ha chiarito che non esiste alcuna incompatibilità sistematica tra l’espulsione e la libertà vigilata. Il sistema delle misure di sicurezza è improntato ai principi di proporzionalità e gradualità, come sancito dall’art. 27 della Costituzione. Questo significa che il giudice ha il potere-dovere di adeguare la misura alla concreta e attuale pericolosità sociale del soggetto.

Se il Tribunale ritiene la misura originaria (in questo caso, l’espulsione) inadeguata o eccessivamente gravosa, può legittimamente modificarla con una più idonea. Questa flessibilità permette di personalizzare l’intervento, evitando automatismi e garantendo che la restrizione della libertà sia sempre proporzionata al fine di prevenzione.

La Corretta Valutazione della Pericolosità Attenuata

La Cassazione ha inoltre ritenuto corretta la valutazione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici di merito avevano dato atto che la pericolosità sociale del ricorrente, pur non essendo scomparsa (a causa dei precedenti penali e di una situazione lavorativa precaria), si era notevolmente ‘affievolita’.

Questo affievolimento era dovuto proprio alla stabile situazione familiare: con genitori, sorelle, moglie e una figlia residenti in Italia, un’eventuale espulsione sarebbe risultata eccessivamente gravosa e lesiva del diritto alla vita familiare (tutelato anche dall’art. 8 della CEDU). Pertanto, la sostituzione dell’espulsione con la libertà vigilata è stata considerata una decisione logica e ben motivata, capace di bilanciare la residua necessità di controllo sociale con i diritti umani del condannato.

Le Conclusioni: Un Principio di Proporzionalità e Umanità

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: le misure di sicurezza non sono statiche, ma devono evolvere insieme alla condizione del soggetto. Il giudice della sorveglianza ha la facoltà di rimodulare la misura in bonam partem, sostituendola con una meno afflittiva, quando la pericolosità sociale si attenua. Questa decisione conferma che il sistema penale, anche nella sua fase esecutiva, deve sempre tendere a un’applicazione umana e proporzionata della legge, tenendo conto della situazione complessiva della persona e non solo del reato commesso.

È possibile sostituire una misura di sicurezza come l’espulsione con una meno grave come la libertà vigilata?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che il sistema delle misure di sicurezza è flessibile. Un giudice può modificare la misura originaria, anche sostituendo una più severa con una meno severa, se la ritiene più proporzionata e adeguata al livello attuale di pericolosità sociale del soggetto.

L’espulsione dal territorio e la libertà vigilata sono misure incompatibili tra loro?
No, secondo la sentenza, queste due misure di sicurezza non sono incompatibili né si escludono a vicenda. Fanno parte di un sistema flessibile governato dai principi di proporzionalità e gradualità, che permette al giudice di scegliere la misura più idonea al caso concreto.

Come si bilancia la pericolosità sociale di un individuo con i suoi legami familiari in Italia?
Il giudice deve ponderare la residua pericolosità sociale con il diritto dell’individuo alla vita familiare. In questo caso, pur permanendo una certa pericolosità, la presenza dell’intero nucleo familiare in Italia rendeva l’espulsione una misura eccessivamente gravosa. Di conseguenza, il tribunale ha optato per la libertà vigilata come soluzione più equilibrata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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