Misure di Prevenzione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Le misure di prevenzione rappresentano uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per contrastare la pericolosità sociale di determinati soggetti, prima ancora che commettano ulteriori reati. Tuttavia, la loro applicazione deve seguire un iter rigoroso, e anche le modalità di impugnazione sono soggette a regole precise. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione traccia confini netti sui motivi per cui è possibile contestare tali provvedimenti in sede di legittimità, dichiarando inammissibile un ricorso che tentava di rimettere in discussione la valutazione del merito.
Il Caso: Sorveglianza Speciale e Pericolosità Sociale
Il caso analizzato riguarda un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale dalla Corte d’Appello di Lecce. La decisione del giudice di merito si fondava sulla ritenuta pericolosità sociale dell’individuo, desunta da una serie di precedenti penali significativi. In particolare, venivano valorizzate pendenze giudiziarie per reati in materia di sostanze stupefacenti, considerati notoriamente redditizi, e un tentato omicidio maturato in un contesto di criminalità organizzata. Questi elementi, nel loro complesso, delineavano un profilo di spiccata pericolosità, tale da giustificare l’applicazione della misura.
I Motivi del Ricorso: Una Critica alla Motivazione del Giudice
L’interessato ha proposto ricorso per cassazione, articolando le sue difese su tre punti principali:
1. Carenza dei presupposti: Si contestava la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per l’applicazione della misura, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge.
2. Mancato avviso orale: Si lamentava il mancato esperimento dell’avviso orale prima dell’applicazione della sorveglianza speciale, passaggio ritenuto necessario.
3. Sostentamento da redditi leciti: In una memoria successiva, la difesa ha insistito sull’assenza del requisito della destinazione dei proventi illeciti al sostentamento, evidenziando che il soggetto percepiva una pensione dal 2017.
In sostanza, il ricorrente cercava di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti e della logicità delle conclusioni a cui era giunta la Corte d’Appello.
I Limiti del Ricorso per le Misure di Prevenzione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha richiamato un principio consolidato in materia di misure di prevenzione. Il ricorso per cassazione avverso tali provvedimenti è ammesso soltanto per violazione di legge. Questo significa che non è possibile dedurre il vizio di ‘illogicità manifesta della motivazione’, previsto in generale dall’articolo 606, lettera e), del codice di procedura penale.
L’unico caso in cui un difetto di motivazione può essere fatto valere è quando questa sia ‘inesistente’ o ‘meramente apparente’. Una motivazione apparente è quella che, pur essendo presente sulla carta, è così generica, contraddittoria o tautologica da non rendere comprensibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. In tale ipotesi, la motivazione carente si traduce in una violazione dell’obbligo di motivare i provvedimenti, e quindi in una violazione di legge.
Le Motivazioni della Decisione
Sulla base di questo principio, la Corte ha smontato i motivi del ricorso. I primi due motivi sono stati giudicati inammissibili perché, sotto la veste di una violazione di legge, celavano in realtà una critica alla valutazione di merito compiuta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva adeguatamente motivato la pericolosità del soggetto sulla base di elementi concreti e gravi, come i reati legati agli stupefacenti e il tentato omicidio. Il ricorso, quindi, non si confrontava con la ratio della decisione ma tentava di ottenere un riesame dei fatti, precluso in sede di legittimità.
Anche il terzo motivo, relativo al mancato avviso orale, è stato ritenuto manifestamente infondato e riproduttivo di censure già correttamente respinte. Infine, riguardo alla pensione percepita dal ricorrente, la Corte ha osservato che tale reddito non era significativo né sufficiente a giustificare le entrate del proposto, soprattutto considerando che l’arco temporale della sua pericolosità era ben più ampio e radicato.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ribadisce un punto cruciale per chiunque si approcci alla difesa in materia di misure di prevenzione: il ricorso in Cassazione deve essere calibrato esclusivamente sulla violazione di norme di legge sostanziali o processuali. Non è una terza istanza di giudizio dove si può sperare di ribaltare l’apprezzamento dei fatti compiuto dai giudici di merito. La motivazione può essere attaccata solo se radicalmente assente o talmente viziata da risultare incomprensibile. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla pericolosità sociale per una misura di prevenzione?
No, secondo la Corte il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione è ammesso solo per violazione di legge. Non si può contestare l’illogicità della motivazione con cui il giudice di merito ha valutato la pericolosità, a meno che la motivazione sia totalmente assente o meramente apparente.
Quali sono i limiti del ricorso in Cassazione per le misure di prevenzione?
Il ricorso è limitato alla sola ‘violazione di legge’. Ciò esclude la possibilità di denunciare l’illogicità manifesta della motivazione (vizio di cui all’art. 606, lett. e, c.p.p.), che è invece un motivo di ricorso in altri procedimenti. Si può contestare solo una motivazione inesistente o apparente, che equivale a una violazione dell’obbligo di motivare.
La percezione di un reddito lecito, come una pensione, esclude automaticamente la pericolosità di un soggetto?
No. La Corte ha ritenuto che la pensione percepita dal soggetto non fosse significativa né sufficiente a giustificare i suoi redditi, né a sminuire la sua pericolosità, valutata su un arco temporale molto più ampio e sulla base di gravi precedenti penali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30887 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30887 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NARDO’ il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 20/12/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso e la memoria depositata nell’interesse di COGNOME NOME; premesso che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3-ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575 e, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifest di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n. 1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME e altri, Rv. 260246 – 01; v. anche Sez. 5, n. 1861 del 28/10/2021 dep. 17/01/2022, COGNOME, Rv. 282539 – 01);
che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di una sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato;
ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, con i quali si deducono vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1 lett. c) e b), d.lgs. 159 del 2011, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità poiché nella sostanza denunciano una motivazione carente in un’impugnazione ammessa per sola violazione di legge e non si confrontano con le argomentazioni della Corte che, condividendo le considerazioni del Tribunale, ha valorizzato le pendenze giudiziarie del COGNOME per delitti in materia di sostanze stupefacenti, notoriamente lucrogenetici, e per un tentato omicidio eseguito nell’ambito di un contesto di criminalità organizzata, a riprova della sua spiccata pericolosità;
ritenuto che il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta la violazione di legge per il mancato esperimento dell’avviso orale ai sensi dell’art. 4 I. 1423/1956 prima dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, è manifestamente infondato e meramente riproduttivo di profili di censura già vagliati e disattesi dalla Corte di merito con corretti argomenti logici e giuridici (si veda, in particolare, pag. 2);
ritenuto che con la memoria la difesa insiste nei motivi di ricorso e in particolare sull’assenza del requisito della destinazione dei proventi delle attività delittuose al sostentamento della persona, valorizzando la pensione di cui il prevenuto è titolare dal 2017, senza considerare che l’arco temporale in cui si è
espressa la pericolosità del proposto è molto più ampio e detta entrata non risulta significativa e sufficiente a giustificare i redditi del proposto;
che pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 21 giugno 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente