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Misure di prevenzione: la Cassazione decide su confisca

La Corte di Cassazione si è pronunciata sui ricorsi proposti da alcuni imprenditori e dai loro familiari avverso un decreto di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali. La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la confisca dei beni e chiarendo importanti principi in materia di pericolosità sociale e di correlazione tra l’accusa e la decisione del giudice. La sentenza ribadisce che la confisca di prevenzione è autonoma rispetto al sequestro penale e può basarsi su una valutazione della pericolosità sociale generica, anche se la proposta iniziale si fondava su una pericolosità qualificata (mafiosa).

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure di Prevenzione e Confisca: La Cassazione Fa Chiarezza

Le misure di prevenzione rappresentano uno degli strumenti più incisivi del nostro ordinamento per contrastare la criminalità, in particolare quella di stampo economico e organizzato. A differenza delle pene, non presuppongono una condanna definitiva, ma si basano su un giudizio di pericolosità sociale del soggetto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23598/2024) offre importanti chiarimenti sui presupposti applicativi di tali misure, con particolare riferimento alla confisca dei beni e alla corretta qualificazione della pericolosità. Analizziamo insieme i punti salienti di questa decisione.

I Fatti di Causa: Dalla Proposta alla Corte d’Appello

Il caso trae origine da un decreto del Tribunale che applicava la misura della sorveglianza speciale e disponeva la confisca di un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare nei confronti di due imprenditori e dei loro familiari. La proposta iniziale si fondava sull’ipotesi che gli interessati fossero affiliati a un noto clan mafioso e che, tramite meccanismi fraudolenti, si fossero aggiudicati appalti pubblici, traendo profitto da attività illecite. Si contestava, quindi, una ‘pericolosità sociale qualificata’ legata all’associazione mafiosa.

La Corte di Appello, in parziale riforma, aveva escluso la pericolosità qualificata per entrambi i soggetti, ma aveva riconosciuto la sussistenza di una ‘pericolosità sociale generica’ per uno di essi, legata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione (come la turbativa d’asta) finalizzati al profitto. Di conseguenza, aveva ridotto la durata della sorveglianza speciale e confermato la confisca, limitandola però ai soli beni acquisiti in un determinato arco temporale (2011-2016), ritenuto coincidente con il periodo di manifestazione della pericolosità.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulle Misure di Prevenzione

I ricorrenti si sono rivolti alla Corte di Cassazione lamentando diversi vizi, tra cui la violazione del principio di correlazione tra accusa e decisione, l’errata valutazione della pericolosità e la mancanza di motivazione sulla confisca. La Suprema Corte ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia.

La Correlazione tra Proposta e Decisione

Uno dei motivi di ricorso principali era la presunta violazione del principio secondo cui la decisione del giudice deve vertere sugli stessi fatti contestati. I ricorrenti sostenevano che, essendo stata proposta una misura basata sulla pericolosità mafiosa, il giudice non potesse poi applicarla sulla base di una diversa pericolosità, quella generica.

La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando un principio ormai consolidato: nel procedimento di prevenzione non si viola tale principio se il giudice ritiene sussistente una categoria di pericolosità diversa da quella indicata nella proposta, a condizione che la nuova definizione giuridica sia fondata sui medesimi elementi di fatto originari e che sia stato garantito alla difesa un contraddittorio effettivo su di essi. Nel caso di specie, i fatti (reati contro la P.A., turbative d’asta) erano noti alla difesa fin dall’inizio e su di essi si era potuta difendere.

La Valutazione della Pericolosità Sociale

La Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la sussistenza della pericolosità generica, basata su una serie di reati di turbativa d’asta commessi in un arco temporale significativo e sostenuti da una struttura associativa. Questi reati, definiti ‘lucrogenetici’, erano funzionali all’acquisizione di appalti e, quindi, all’ottenimento di profitti illeciti. L’attualità della pericolosità, inoltre, era stata correttamente desunta anche dalla sottoposizione del soggetto a misure cautelari in un altro procedimento.

La Questione della Confisca Patrimoniale

Anche le censure relative alla confisca sono state ritenute infondate. La Corte ha chiarito due aspetti cruciali:
1. Inefficacia del sequestro e confisca: I ricorrenti sostenevano che, essendo divenuto inefficace il sequestro preventivo per decorrenza dei termini, non potesse essere disposta la confisca. La Cassazione ha ribadito che il sequestro non è una condizione necessaria per la confisca. Quest’ultima è una misura autonoma e la sua applicazione non è impedita dall’eventuale inefficacia della misura cautelare che l’ha preceduta.
2. Autonomia rispetto al sequestro penale: Non rileva che alcuni beni, già sottoposti a sequestro in un procedimento penale, fossero stati restituiti. I presupposti del sequestro penale (finalizzato a impedire l’uso del bene per altri reati) sono diversi da quelli della confisca di prevenzione, che si basa sulla sproporzione tra il valore dei beni e il reddito dichiarato e sulla mancata giustificazione della loro lecita provenienza.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando che i ricorsi, in realtà, non denunciavano vere e proprie violazioni di legge, ma proponevano una rilettura del merito dei fatti e una critica alle valutazioni della Corte d’Appello. Nel procedimento di prevenzione, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione, salvo il caso di motivazione inesistente o meramente apparente, circostanza non ravvisata nel provvedimento impugnato. La Corte d’Appello aveva, infatti, fornito una motivazione ampia, logica e coerente, basata sugli atti processuali, sia sulla pericolosità sociale sia sulla sproporzione patrimoniale, tenendo conto anche delle deduzioni difensive e disponendo la restituzione di parte dei beni.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale sulle misure di prevenzione, rafforzandone l’efficacia come strumento di contrasto all’accumulazione di ricchezze illecite. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare: la flessibilità nella qualificazione della pericolosità sociale, l’autonomia della confisca rispetto al sequestro e i limiti stringenti del sindacato di legittimità rendono questo istituto un pilastro fondamentale nella lotta alla criminalità economica. Per gli operatori del diritto, la decisione sottolinea l’importanza di concentrare le difese sugli elementi di fatto e sulla prova della lecita provenienza dei patrimoni, piuttosto che su questioni puramente formali.

Un giudice può applicare una misura di prevenzione per una ‘pericolosità generica’ se la proposta iniziale si basava su una ‘pericolosità qualificata’ (mafiosa)?
Sì, secondo la Cassazione non vi è violazione del principio di correlazione tra accusa e decisione se la nuova qualificazione giuridica si fonda sugli stessi elementi di fatto contenuti nella proposta originaria, e a condizione che sia stato assicurato alla difesa un pieno diritto al contraddittorio su tali fatti.

Se un sequestro preventivo diventa inefficace, ad esempio per decorrenza dei termini, la confisca dei beni è ancora possibile?
Sì. La Corte ha ribadito che il sequestro non è una condizione indispensabile per l’applicazione della confisca. Quest’ultima è una misura autonoma e la sua adozione non è preclusa dalla precedente inefficacia del sequestro.

La restituzione di un bene dopo un sequestro in un procedimento penale impedisce la sua confisca in un procedimento di prevenzione?
No. I presupposti delle due misure sono diversi. Il sequestro penale ha finalità cautelari (ad esempio, impedire la commissione di altri reati), mentre la confisca di prevenzione si basa sulla sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dichiarati e sulla mancata giustificazione della loro legittima provenienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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