Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35389 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35389 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME NOME a Cutro il DATA_NASCITA
Farago’ NOME NOME NOME Cutro il DATA_NASCITA
NOME NOME NOME a Crotone il DATA_NASCITA
NOME NOME NOME a Montevarchi il DATA_NASCITA
NOME NOME NOME a Montevarchi il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 04/10/2023 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIOCOGNOME, che ha chiesto la inammissibilità dei ricorsi;
letti i motivi nuovi depositati dalla difesa di NOME NOME.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugNOME, la Corte di appello di Firenze, Sezione misure di prevenzione, ha respinto le impugnazioni avanzate da COGNOME NOME, proposto per la misura di prevenzione personale e patrimoniale, nonché dai terzi interessati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso il decreto n. 18/2021 del Tribunale di Firenze in data 14 dicembre 2022 di applicazione della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno e della confisca del denaro, degli altri beni mobili e immobili, dei beni costituiti in azienda e delle quote societarie.
Le misure di prevenzione sono state applicate in ragione della ritenuta riconducibilità del proposto alla categoria soggettiva della pericolosità qualificata ai sensi dell’art. 4, lett. b), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in relazione all’art. 51, comma 3-bis, cod. pen., e di pericolosità generica ai sensi dell’art. 1, lett. b) e dell’art. 1 lett. c) del decreto legislativo cit.
La pericolosità qualificata, che veniva perinnetrata dall’agosto 2012 all’aprile 2020, era riconosciuta in ragione dei reati contestati nell’ambito dei procedimenti penali in relazione ai quali è stato richiesto il rinvio a giudizio di COGNOME NOME, COGNOME NOME NOME COGNOME NOME innanzi al Tribunale di Firenze per i reati di concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti ambientali, tra i quali traffici organizzati di rifiuti, delitto di inquinamento ambientale, delitto di discarica (reat aggravato dalla finalità mafiosa), concorso nel reato di estorsione aggravata deil metodo mafioso.
La Corte di appello ha sottolineato che i reati oggetto dei suddetti procedimenti penali, essendo stati reiterati costantemente in modo organizzato per diversi anni (quasi un decennio) ininterrottamente dal 2012, ed avendo assicurato un rilevantissimo profitto ingiusto per tutti gli appartenenti alla famiglia COGNOME, consentivano di ritenere integrata anche la diversa ipotesi di pericolosità generica.
Avverso il decreto ricorrono, con un unico atto e a mezzo del medesimo difensore, il proposto e i terzi interessati, deducendo i motivi di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge per insussistenza dei presupposti applicativi delle misure di prevenzione.
La Corte d’appello avrebbe ritenuto la pericolosità generica in assenza di accertamenti relativi ai presupposti indicati dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione. Affinché una misura di prevenzione possa essere sorretta
dalla legalità, devono essere accertate condotte illecite che abbiano raggiunto quella consistenza e abitualità tale da consentire di poter affermare che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che i soggetto viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose.
In relazione al giudizio di pericolosità qualificata, non risultando essere stata emessa alcuna decisione definitoria in sede penale, la Corte d’appello avrebbe dovuto esercitare un autonomo potere di valutazione degli elementi posti a fondamento del procedimento penale, stante la diversa natura dell’oggetto dell’accertamento demandatogli e della regola di giudizio che lo governa.
La affermazione circa la sussistenza dei presupposti legittimanti l’applicazione della misura di prevenzione (sia personale, che patrimoniale) sarebbe rappresentata da un mero richiamo al contenuto grafico delle imputazioni elevate nel procedimento penale.
A giudizio della difesa il giudice di primo grado aveva escluso del novero dei profitti illeciti la somma di euro 6.661.650,00, relativa al capo E) della imputazione. Infatti, proprio secondo l’impostazione accusatoria, risultava pacifico che tale somma costituiva risparmio per non avere conferito in discarica quello che, in realtà, non era un materiale riciclato, bensì un rifiuto per la associazione conciatori, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE e non illecito profitto per RAGIONE_SOCIALE e le sue aziende. A fronte della doglianza difensiva, la Corte di appello sarebbe rimasta silente.
Sempre in relazione a tale somma di denaro, la difesa aveva evidenziato che essa corrispondeva al prezzo applicato dalla “RAGIONE_SOCIALE ai propri clienti per lo smaltimento, presso l’impianto di Pontedera, dei rifiuti inerti. Contrariamente a quanto affermato dai giudici, la suddetta somma non corrisponderebbe a eventuali introiti delle società del proposto per la commercializzazione di inerti. Anche su tale aspetto, nessuna risposta sarebbe stata fornita dalla Corte di appello.
In relazione, infine, alla somma di euro 2.575.838,00 – relativa al capo D) della imputazione – la difesa aveva sottolineato che la sua quantificazione era stata effettuata in via ipotetica. Anche su tale aspetto la Corte avrebbe omesso ogni considerazione.
2.2. Violazioni di legge in relazione alla proposta di applicazione della misura di prevenzione della confisca in relazione alle società “RAGIONE_SOCIALE” (costituita nel 2001) e “RAGIONE_SOCIALE” (costituita nel 2010), nonché dell’impresa individuale “RAGIONE_SOCIALE“. La motivazione sul punto sarebbe meramente apparente e non sussisterebbe il requisito della correlazione temporale, trattandosi di società costituite in epoca assai remota rispetto all’avvio della manifestazione di pericolosità sociale di NOME NOME.
2.3. In via subordinata, la difesa chiede venga sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lett. b) del d. 1gs. cit. per contrasto con l’art. 3 Cost., risultando irragionevole equiparare la condizione di indiziato di reato non riconducibile tout court al fenomeno mafioso, rispetto ad un soggetto indiziato di un reato di matrice associativa,
GLYPH NOME COGNOME ha depositato motivi nuovi afferenti al giudizio di pericolosità semplice e qualificata, in assenza di un giudicato penale; alla durata della misura della sorveglianza speciale per anni quattro; all’erroneo calcolo del profitto indiretto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito indicate.
2.1 ricorsi dei terzi interessati sono pacificamente privi di interesse perché denunziano carenze motivazionali e violazioni di legge comunque estranee all’unico profilo che deve ritenersi pertinente alla posizione del terzo interessato, quello inerente alla titolarità non solo formale dell’utilità confiscata.
Occorre ricordare che in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione, ma non è legittimato a contestare i presupposti per l’applicazione della misura, quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso, che solo il proposto può avere interesse a far valere (Sez. 6, n. 48761 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285650 – 01; Sez. 1, n. 35669 del 11/05/2023, COGNOME, Rv. 285202 – 01).
3.11 ricorso di NOME NOME è inammissibile per genericità.
Il ricorrente ha, infatti, censurato in maniera confusa e alquanto indeterminata il contenuto del decreto gravato, sostenendo l’apparenza della relativa motivazione e riproponendo in maniera aspecifica le questioni che erano state proposte con l’atto di appello, asseritamente disattese con argomenti privi di concreti agganci fattuali, e sostenendo, erroneamente, che la Corte di appello non ha tenuto in minimo conto la consulenza tecnica della difesa.
NOME ha, invero, omesso di indicare, in modo chiaro e preciso, i dati posti alla base di quelle censure, limitandosi ad enunciare il dissenso rispetto alle
4 GLYPH
valutazioni compiute dalla Corte territoriale, senza realmente dialogare con la motivazione della ordinanza gravata.
In ogni caso, semmai fosse stato illogico, il ragionamento della Corte di appello avrebbe potuto integrare, al più, un vizio della motivazione, tuttavia non deducibile in questa materia dinanzi al giudice di legittimità (art. 10, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011).
3.1.Deve, comunque, sottolinearsi che, per quanto concerne la pericolosità specifica, la Corte d’appello di Firenze ha puntualmente richiamato i capi di imputazione della richiesta di rinvio a giudizio, nonché il contenuto della richiesta stessa, che sono dotati di estrema specificità e indicano esattamente il tipo di coinvolgimento dell’imputato quale concorrente esterno nel reato di associazione a delinquere finalizzata a commettere delitti ambientali e contro la pubblica amministrazione, con particolare riguardo a molteplici traffici organizzati di rifiuti, delitti di inquinamento ambientale, delitti di abuso d’ufficio, corruzione e indebita erogazione di contributi pubblici, correlati alla illecitembusiva gestione degli scarti industriali degli impianti riconducibili al RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, si contesta a COGNOME NOME, quale gestore dell’impianto di riciclaggio inerti, sito in Pontedera, di avere contribuito all’associazione, accettando in ingresso nel proprio impianto rilevantissime quantità di rifiuti del genere “ceneri pesanti e scorie”, provenienti dall’impianto trattamenti fanghi del suindicato RAGIONE_SOCIALE, e gestendo il citato rifiuto per ricavarne materiale riciclato, mescolandolo con altri rifiuti da costruzione e demolizione per la produzione degli aggregati non legati; il tutto, nonostante non fosse stata accertata dal produttore la natura inerte del rifiuto e ne fosse quindi inibito il riutilizzo per produzione di aggregati non legati in quanto, se utilizzati per riempimenti e recuperi ambientali, avrebbero potuto rilasciare nel suolo significative concentrazioni di metalli pesanti.
Con motivazione puntuale, la pericolosità qualificata viene fatta discendere dal riconoscimento del reato di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen. / con la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen.
In relazione a tale articolo, la Corte d’appello si è, inoltre, correttamente soffermata sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa, evidenziando che si tratta di esclusiva scelta del legislatore quella di inserire un reato, ritenuto di particolare gravità, all’interno di quelli ricompresi nell’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen.
3.2.La Corte di appello di Firenze ha, inoltre, rimarcato, che le condotte criminali ascritte a COGNOME non si inseriscono in un quadro indiziario indistinto, bensì in una specifica, dettagliata e circostanziata contestazione di fatti, luoghi, dimensioni temporali e soprattutto, per quanto rileva sotto il profilo della
pericolosità generica, di specifiche somme di denaro percepite quale corrispettivo dell’attività illecita sia sotto il profilo dell’utile diretto tsia sotto l pr filo dell’utile indiretto rappresentato dal risparmio di spesa.
Inoltre, il decreto impugNOME ha dato atto che dalle indagini, suscettibili di divenire prova in giudizio, emergeva il collegamento stretto del proposto e dei suoi familiari con le cosche criminali di ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, collegamento documentato da una mole di intercettazioni telefoniche di contenuto inequivoco e dalla deposizione dei collaboratori di giustizia che affermano una colleganza di COGNOME NOME con le cosche suindicate.
3.3. Rileva il Collegio che non corrisponde a verità quanto dedotto dalla difesa in ordine al fatto che il giudice di primo grado aveva escluso del novero dei profitti illeciti la somma di euro 6.661.650,00 relativa al capo E) della imputazione.
A pagina 76 del decreto del Tribunale di Firenze, infatti, si indica la somma di euro 6.661.650,00 come conseguita da tutti i soggetti interessati e, dunque, anche dal proposto. Come chiarito anche dal perito, tale somma costituisce il profitto indiretto, ovvero il risparmio conseguito per non avere conferito in discarica quello che, in realtà, non era un materiale riciclato, bensì un rifiuto, per un importo, nell’arco temporale tra il 2012 e il 2018, considerato pari alle tonnellate di riciclato che non era stato correttamente smaltito ai costi ordinari di mercato.
3.4. Del pari, anche per quanto riguarda il capo D) (violazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen.), non corrisponde al vero che il profitto, pari alla somma di euro 2.575.838,00, sia stato quantificato in via ipotetica.
È lo stesso capo di imputazione a indicare che tale somma è pari a 58 euro a tonnellata per un totale di 44.411 tonnellate smaltite dal 2012 al 2018.
4.1 motivi aggiunti sono inammissibili, stante l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione.
Il vizio radicale che inficia i motivi originari si trasmette a questi ultimi pe l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME Giacinto, Rv. 277850 – 01).
In ogni caso, la difesa ha reiterato i motivi di ricorso, ad eccezione della censura relativa alla durata della misura di sorveglianza speciale, che invece, non è inerente ai temi specificati nei capi e punti della decisione investiti dall’impugnazione principale.
5.Alla inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente