Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6560 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 6560 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME nato a PARTANNA il 01/11/1961 NOME nato a CASTELVETRANO il 07/04/1966 COGNOME nato a CASTELVETRANO il 22/10/1974 NOME COGNOME NOME nato a SALEMI il 03/05/1955
avverso il decreto del 29/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo ricorre avverso il provvedimento della Corte d’Appello di Palermo di annullamento del decreto di confisca emesso dal Tribunale di Trapani, Sezione misure di prevenzione, in data 24.6.2022, nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME soggetti proposti, riguardo ai quali non era stata emessa misura di prevenzione personale per difetto del solo requisito dell’attualità, ritenuta sussitente la pericolo qualificata, ai sensi dell’art. 4, comma primo, lett. i-bis e b (secondo quanto precisato dalla Corte d’Appello a pag. 16), d.lgs. n. 159 del 2011 (in relazione ad elementi derivati da procedimenti penali per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso ideologico in atto pubblico, nonché di reimpiego ex art. 648-ter cod. pen. per NOME COGNOME); la confisca di primo grado era stata disposta, altresì, n confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME terze intestatarie.
Il decreto d’appello, datato 29.5.2024, dunque, ha riformato quello di primo grado, revocando la confisca dei beni analiticamente indicati nel dispositivo del citato decreto e, di conseguenza, ha disposto la restituzione dei beni confiscati agli aventi diritto.
I beni già confiscati e successivamente restituiti consistono nell’intero capitale sociale nel compendio aziendale della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE nonché in due immobili, un motociclo ed un’autovettura.
Il Tribunale di Trapani ha ritenuto i proposti ascrivibili nella categoria dei soggetti d all’art. 4 lett. i bis) e 4 lett. b) D.Lgs. 159/2011 in relazione alle vicende del procedimento n. 3353/2011 RGNR, nonché del procedimento n. 22/2019 RGNR, inerente alla vicenda (ipotizzata a carico di NOME COGNOME COGNOME quale reato ex art. 512 bis cod.pen.) della costituzione della società RAGIONE_SOCIALE (con socio unico ed amministratore NOME COGNOME figlia del citato proposto NOME COGNOME) e della successiva cessione a tale societ da parte della RAGIONE_SOCIALE, sei mesi prima del fallimento, della gestione del reparto servizi di gestione alberghiera.
Le condotte ex art. 640-bis cod. pen. si riferivano a tre consistenti finanziamenti pubblici per l’ampliamento e la riqualificazione della preesistente struttura alberghier denominata “RAGIONE_SOCIALE Selinunte”, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, nella disponibilità di NOME COGNOME; quanto a NOME COGNOME s ipotizzava l’impiego in attività finanziaria di parte del denaro proveniente da quei deli mediante la fittizia intestazione della società RAGIONE_SOCIALE società cui era ceduta, da parte della RAGIONE_SOCIALE, sei mesi prima del fallimento di ques’ultima, la gestione del reparto servizi alberghieri, proprio per impedire il dispiegarsi della misura di prevenzion patrimoniale sui finanziamenti pubblici indebitamente percepiti.
Nel decreto del Tribunale di Palermo erano stati ritenuti sussistenti elementi dai quali era possibile ipotizzare falsificazioni documentali e contabili (in particolare, la f
rappresentazione dei tempi di esecuzione e completamento dei lavori oggetto di finanziamento); la fittizia interposizione della società RAGIONE_SOCIALE (riconducibi anch’essa al proposto NOME COGNOME COGNOME, detentore dell’intero capitale sociale) nelle attività economiche della RAGIONE_SOCIALE o nei rapporti tra detta società cooperativa (di cui la stessa società RAGIONE_SOCIALE era socia) e le diverse imprese esecutrici dei lavori e i diversi fornitori di servizi. La finaità illecita ipotizzata è stata indivi garantire alla OASI una maggiorazione dei costi tale da aumentare la percentuale di partecipazione alle contribuzioni pubbliche.
Il ricorso del Procuratore Generale della Corte d’Appello di Palermo deduce vizio di violazione di legge per motivazione apparente, carente e contraddittoria del decreto impugnato.
Secondo il PG, il decreto si sarebbe limitato a confutare apoditticamente le conclusioni alle quali era giunto il Tribunale riguardo alla sussistenza dei presupposti per pericolosità di cui al d.lgs. n. 159 del 2011 nei confronti dei tre proposti. Il ricorso ripercorre i passaggi della motivazione del provvedimento impugnato per ciascuno degli aspetti rilevanti, in particolare asserendo la sussistenza di elementi idonei a ritenere configurabili i reati di truffa ai danni dello stato e trasferimento fraudolen
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valori ex art. 512-bis cod. pen., confrontando tali passaggi logico-fattuali con quel enunciati, corrispondentemente, dal provvedimento di primo grado, che il ricorso valuta come maggiormente convincenti.
Si conclude, quindi, per la sussistenza della pericolosità sociale qualificata
Non sono stati trattati specificamente, invece, argomenti riguardo alla parte del decreto relativa alla revoca della confisca dei beni intestati ai terzi COGNOME e NOME COGNOME così com pure rimane sullo sfondo, meramente enunciata, la posizione di NOME COGNOME quale soggetto attinto dalla misura ablatoria.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, con requisitoria scritta che approfondisce ampiamente le questioni generali e specifiche proposte dal ricorso, ne ha chiesto l’inammissibilità.
4.1. Il difensore dei proposti ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto c sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La Corte d’Appello con motivazione non apparente e, dunque, che non determina una violazione di legge, unico vizio deducibile dinanzi alla Corte di cassazione in materia d misure di prevenzione, ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per affermare la pericolosità sociale dei proposti, disponendo la revoca del sequestro e della confisca con restituzione dei beni oggetto del provvedimento ablativo.
In proposito, deve rammentarsi come, nel procedimento di prevenzione, sia consentito dedurre soltanto vizi di violazione di legge, nella cui nozione va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre, oltre che nei casi di macroscopica mancanza, anche quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 33705 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 270080; Sez. 2, n. 5807 del 18/1/2017, COGNOME, Rv. 269119; cfr. anche sentenza n. 321 del 2004 Corte cost. e sentenza n. 106 del 2015 Corte cost.).
In particolare, le Sezioni Unite hanno affermato che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575 (oggi sostituito dall’art. 10, comma terzo, del codice antimafia (d.lgs. 159/2011); ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipot dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., pot
esclusivamente GLYPH denunciare GLYPH con GLYPH il GLYPH ricorso, GLYPH poiché GLYPH qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/5/2014, Repaci, Rv. 260246).
La sentenza COGNOME ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risulti assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. Ed infatti, nella nozione di vizio di motivazione che trasmodi in violazione di legge son ricomprese soltanto la mancanza o la mera apparenza della motivazione, poichè in tal caso si prospetta la violazione della norma che impone l’obbligo della motivazione nei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U, n. 25080 del 28/5/2003, COGNOME, Rv. 224611; Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, COGNOME, Rv. 226710).
Successivamente, si è ribadito che il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020 Rv. 279284-01). Ed ancora, da tale ammissibilità del ricorso per cassazione in materia di prevenzione limitata al vizio d violazione di legge deriva che il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. è estraneo al procedimento di legittimit a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge (Sez. 2, n. 20968 del 6/7/2020, COGNOME, Rv. 279435).
L’orientamento che limita la ricorribilità in Cassazione dei provvedimenti in materia d prevenzione ai soli vizi di violazione di legge è in linea con gli arresti della C costituzionale, chiamata a pronunciarsi al riguardo (sentenza n. 106 del 2015).
Nel caso sottoposto al Collegio, il ricorso non si è orientato al rispetto dei consoli principi appena ricordati.
I suoi motivi coinvolgono, infatti, dichiaratamente, asseriti difetti di motivazione che, realtà, si risolvono in una prospettazione alternativa degli elementi indiziari posti a base della decisione impugnata, secondo uno schema di censura non ammissibile in questa sede, non soltanto perché si riducono alla richiesta di stigmatizzare un vizio di motivazione e non una violazione di legge, ma anche perché, in generale, come noto, la matrice ontologica del giudizio di legittimità impedisce di per sé, qualsiasi sia il
oggetto, di riscrivere il merito di una questione fattuale ben sviluppata dal giudice primo e secondo grado.
Invero, in generale e, dunque, anche nella materia del sindacato sui provvedimenti emessi nell’ambito della materia delle misure di prevenzione, va ricordato che esula dai poteri della Corte di cassazione quello consistente nella “rilettura” degli elementi di fa posti a fondamento della decisione, la cui verifica è, invece ed in via esclusiva, riservat al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processual (ex multis Sez. 6, n. 27429 del 4/7/2006, COGNOME, Rv. 234559; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482 vedi anche Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003, COGNOME, Rv. 226074; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; cfr. altresì Sez. 2, n. 30918 del 7/5/2015, COGNOME, Rv. 264441; Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215; Sez. 2, n. 7380 del 11/1/2007, Messina, Rv. 235716; Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME Rv. 253099; Sez. 6, n. 13809 del 17/3/2015, 0., Rv. 262965).
2.1. La motivazione del decreto di prevenzione impugnato, invece, non solo non è apparente o assente, sì da rendersi immune dal sindacato di legittimità, secondo quanto già evidenziato al par. 1, ma, anzi, è fondata su un iter argomentativo che dà conto e ragione delle risultanze di causa, esaminate e valutate secondo un ordine logico dettato dalla priorità e dalla decisività, o meno, dei dati di fatto acquisiti.
Viceversa, l’incklere del ricorso si rivela omissivo perché si limita, in ultima anali reiterare le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado e non si confronta adeguatamente con le argomentazioni della Corte territoriale e con i suoi punti decisivi. In questa ottica, può essere utilmente evidenziato che,sia nei provvedimenti del giudice di primo grado che di quello in grado d’appello, si è giunti ad una conclusione di una generale rispondenza dei manufatti edilizi e degli impianti realizzati con le previsioni d progetti autorizzati ed ammessi al pubblico contributo; si è, altresì, rimarcata compatibilità tra il valore di costo delle opere esistenti e l’ammontare delle somme rendicontate, così escludendo “che siano stati rendicontati lavori in realtà mai eseguiti ovvero che il costo delle opere realizzate sia stato maggiorato artificiosamente”, atteso che “all’esito della ricostruzione dei costi di costruzione si è affermata la corrispondenz tra il denaro speso e il valore di quanto realizzato” (così testualmente pag. 76-77 provvedimento di primo grado).
Dal canto suo, la Corte d’appello ha rimarcato tali conclusioni, giungendo a mettere in risalto, sostanzialmente, l’incoerenza dello snodarsi del percorso logico del provvedimento di primo grado, là dove, pur partendo da tali basi accertative, ha poi apoditticamente virato verso l’illiceità delle operazioni pur puntualmente analizzate.
I giudici COGNOME hanno ritenuto di desumere, invece, dalle basi suddette, il mancato riscontro della prospettazione di profili di pericolosità dei proposti ed hanno anch
smentito l’assunto di una sovrafatturazione o falsa fatturazione ad opera delle coinvolte – secondo una puntuale ricostruzione operata al riguardo, che dà conto dei risultati accertativi contraddittori provenienti dai periti e dalla Guardia di merito ai costi effettivi delle opere realizzate con i finanziamenti – valutand come non sufficientemente dotata di elementi a sostegno la tesi della costituzion società RAGIONE_SOCIALE e della cessione di rami d’azienda ad essa da parte delle società RAGIONE_SOCIALE per finalità illecite.
Il provvedimento impugnato ha evidenziato come, non potendosi ritenere indebita percezione dei tre finanziamenti pubblici, neppure poteva ritenersi che in tale fossero state drenate e reimpiegate risorse finanziarie illecite; si è escluso, pe vi fossero sufficienti elementi per poter affermare che la costituzione della operazioni alla stessa inerenti fossero connotate dalla specifica finalizzazion indicata dall’art. 512-bis cod. pen.
Si tratta di affermazioni, tutte, che hanno trovato solida radice nelle emergenze e di indagine prese in considerazione con puntualità dal giudice di secondo attraverso un percorso argomentativo scevro da manifeste illogicità e, per q adeguatamente motivato e nient’affatto apparente o macante; in ultima analisi sindacabile in sede di giudizio dinanzi alla Corte di cassazione.
3. Il ricorso, pertanto, è inammissibile.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.