LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Misure di prevenzione: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una misura di prevenzione di sorveglianza speciale. La sentenza ribadisce che il ricorso è limitato alla sola violazione di legge, che include la motivazione inesistente o apparente, ma non il semplice vizio di illogicità. La valutazione della pericolosità sociale, basata anche su procedimenti penali in corso per reati di bancarotta, è stata ritenuta adeguatamente motivata dalla corte di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure di Prevenzione: Quando il Ricorso in Cassazione è Ammesso?

Le misure di prevenzione rappresentano uno strumento delicato del nostro ordinamento, finalizzato a prevenire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. A differenza del processo penale, non si basano su una condanna definitiva, ma su un giudizio di pericolosità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23922/2024, offre un’importante occasione per chiarire i confini, molto stretti, entro cui è possibile contestare tali misure davanti alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Dalla Sorveglianza Speciale al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da un decreto della Corte d’Appello di Bari, che aveva confermato l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, a un soggetto. La decisione si fondava su una valutazione della sua pericolosità sociale, derivante principalmente dal suo coinvolgimento in gravi procedimenti penali per reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale. La difesa dell’interessato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’errata applicazione della legge e, soprattutto, un difetto di motivazione da parte dei giudici di merito.

I Motivi del Ricorso: Motivazione e Pericolosità Sociale in Discussione

Il ricorrente ha contestato la decisione su più fronti. In primo luogo, ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse acriticamente recepito le conclusioni del Tribunale e del giudice della fase cautelare penale, senza una valutazione autonoma della sua pericolosità. In secondo luogo, ha lamentato la mancanza di attualità di tale pericolosità, sottolineando il tempo trascorso dai fatti contestati e l’attenuazione delle misure cautelari nel procedimento penale principale. Infine, la difesa ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, sostenendo che limitare il ricorso per Cassazione alla sola violazione di legge, escludendo il vizio di motivazione (come l’illogicità), violasse il diritto di difesa.

L’applicazione delle misure di prevenzione e i limiti del sindacato di legittimità

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 10, comma 3, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia). Questa norma stabilisce che i decreti della Corte d’Appello in materia di misure di prevenzione personali sono ricorribili in Cassazione solo per ‘violazione di legge’. La giurisprudenza, confermata anche in questa sentenza, interpreta questa dicitura in modo rigoroso. Non è possibile denunciare un’errata valutazione dei fatti o una motivazione semplicemente illogica o non condivisibile. L’unica forma di vizio motivazionale che può essere fatta valere è quella che si traduce in una violazione di legge: la motivazione ‘inesistente’ o ‘meramente apparente’. Si ha motivazione apparente quando il giudice usa formule di stile, generiche e non calate nel caso concreto, rendendo il suo ragionamento un guscio vuoto, equiparabile a un’assenza totale di giustificazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure.

Innanzitutto, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale, richiamando precedenti pronunce della Corte Costituzionale che hanno già ritenuto legittima la distinzione tra il regime delle impugnazioni penali e quello delle misure di prevenzione. Il diritto di difesa, hanno spiegato i giudici, può essere modulato diversamente nei vari procedimenti, purché ne sia garantito lo scopo essenziale.

Nel merito dei motivi, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello non fosse affatto ‘apparente’. I giudici di secondo grado avevano infatti fondato la loro decisione su elementi concreti e specifici: i precedenti penali del soggetto, l’ampio arco temporale delle condotte illecite (oltre un decennio), l’abitualità nel vivere con proventi di attività delittuose (nello specifico, gravi reati fallimentari) e la sistematicità del suo agire. Il fatto che i procedimenti penali di riferimento non fossero ancora conclusi con sentenza definitiva non è stato ritenuto un ostacolo, poiché il giudice della prevenzione può autonomamente valutare gli elementi investigativi per fondare il suo giudizio di pericolosità. La motivazione, dunque, pur potendo essere sintetica, era ancorata a fatti specifici e quindi non meramente apparente, sfuggendo così al sindacato di legittimità.

Infine, il terzo motivo, relativo alle specifiche prescrizioni, è stato giudicato inammissibile in quanto sollevava questioni non specificamente dedotte nel precedente grado di giudizio.

Le conclusioni

La sentenza 23922/2024 consolida un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: lo spazio per un ricorso in Cassazione è estremamente ridotto. La difesa non può sperare di ottenere un riesame nel merito della valutazione sulla pericolosità sociale compiuta dai giudici di primo e secondo grado. L’unica porta di accesso alla Suprema Corte è la dimostrazione di una palese ‘violazione di legge’, categoria che include solo i vizi più gravi della motivazione, quali la sua totale assenza o la sua natura meramente apparente e stereotipata. Questa pronuncia ribadisce la netta separazione tra il giudizio di prevenzione e quello penale, e l’ampia discrezionalità lasciata ai giudici di merito nella valutazione degli indizi di pericolosità sociale.

È possibile contestare l’illogicità della motivazione di una misura di prevenzione con un ricorso in Cassazione?
No, il ricorso per Cassazione in materia di misure di prevenzione personali è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Questo esclude la possibilità di contestare una motivazione semplicemente illogica o non pienamente condivisibile, a meno che il vizio non sia così grave da renderla ‘meramente apparente’, il che equivale a un’assenza di motivazione.

Un procedimento penale non ancora definito può essere usato per giustificare una misura di prevenzione?
Sì, il giudice della prevenzione può legittimamente basare il suo giudizio di pericolosità sociale su elementi emersi da procedimenti penali non ancora conclusi con una sentenza definitiva. La valutazione è autonoma e incidentale, a condizione che non sia smentita da esiti assolutori passati in giudicato.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in una misura di prevenzione?
Per motivazione apparente si intende un ragionamento che, sebbene formalmente esistente, è del tutto svincolato dai fatti specifici del caso, utilizzando clausole di stile, affermazioni generiche o apodittiche, prive di reale efficacia dimostrativa. È considerata una violazione di legge perché equivale a una mancata giustificazione della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati