Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14438 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14438 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a GIOIA TAURO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a GIOIA TAURO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a GIOIA TAURO il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 24/02/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per inammissibilità del ricorso di COGNOME NOME in riferimento alla vettura Audi A6 e per l’annullamento del provvedimento impugNOME nel resto
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 24 febbraio 2023, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sezione per le misure di prevenzione, in parziale riforma del provvedimento del locale Tribunale, revocava la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di p.s. applicata a NOME COGNOME e rideterminava in anni due quella disposta nei confronti di NOME COGNOME (c1 90); revocava, inoltre, la misura di prevenzione patrimoniale in relazione ai beni meglio elencati in dispositivo e rigettava nel resto gli appelli dei proposti NOME e NOME COGNOME e del terzo interessato NOME COGNOME.
1.1. Il Tribunale aveva emesso le misure di prevenzione, personali e patrimoniali, ravvisando la pericolosità sociale dei proposti NOME e NOME COGNOME perché inquadrabili nelle categorie di cui all’art. 4, lett. a), b) e i) bis, cui all’art. 1 lett. b), del d.lgs. n. 159/2011, ritenendo pertanto sia la l pericolosità qualificata, sia quella generica.
1.2. La Corte d’appello aveva, innanzitutto, in via istruttoria, rilevato palesi e sostanziali difformità fra gli accertamenti patrimoniali effettuati dalla poliz giudiziaria e gli elaborati dei consulenti delle difese, ed aveva così disposto una perizia volta a dirimere tale discrasia.
Alla luce dei cui esiti, e delle ulteriori acquisizioni ed allegazioni, la Corte avev così (come si è sommariamente anticipato) deciso:
aveva escluso, in capo a NOME COGNOME (padre dell’altro proposto, NOME COGNOME), la sua inquadrabilità nella categoria prevista dall’art. 4, lett. a), d.lgs. n. 159/2011 e quindi la sua pericolosità sociale qualificata, non essendosi raggiunto un tranquillante quadro indiziario circa la sua “appartenenza” (quale “imprenditore colluso”) alla RAGIONE_SOCIALE; nel processo detto COGNOME, infatti, in cui si era ipotizzata la sua partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE, le misure di cautela personale erano state annullate così che gli indizi in esse evidenziati non potevano essere presi a fondamento neppure delle misure di prevenzione;
confermava, invece, il profilo di pericolosità generica, ai sensi dell’art. 1 lett. b) d.lgs. N. 159/2011 (p. 32 del provvedimento), nei confronti dello stesso NOME COGNOME, traendone il fondamento probatorio dal giudicato cautelare formatosi nel processo detto COGNOME, in cui il prevenuto (insieme al fratello NOME, al figlio NOME, l’altro proposto, ed al figlio del fratello NOME) era accusato di avere costituito un’associazione a delinquere volta a commettere illeciti
nel corso delle procedure di asta pubblica, quali la turbativa delle stesse, la corruzione di pubblici funzionari e l’intestazione fittizia di beni.
In particolare, la Corte riportava (pg. 33) le imputazioni del detto procedimento, in cui, appunto, si era ascritto al prevenuto il delitto associativo, avendo egli costituito, servendosi delle srl RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (possedute a metà con il fratello NOME), un sodalizio che si proponeva di turbare i procedimenti di assegnazione di appalti affidati dalle società pubbliche RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di Catanzaro, consorteria a cui aveva aderito il figlio NOME (oltre che il fratello NOME, in posizione, anch’egli, di vertice).
Il delitto associativo, pur essendo stato contestato a partire dall’il agosto 2011 e “con condotta perdurante”, doveva, secondo la Corte stessa, considerarsi esaurito il 9 marzo 2012, il giorno in cui erano state eseguite le misure cautelari personali a carico degli indagati.
Fra i reati fine del processo COGNOME si annoveravano i delitti di corruzione, rivelazione di segreti di ufficio, turbativa d’asta, violenza per costringere a commettere i reati indicati, danneggiamento, calunnia ed intestazione fittizia di beni.
La Corte osservava come sussistessero i gravi indizi di colpevolezza in ordine a tali reati (pg. da 38 a 43), tanto che l’applicazione delle misure di cautela personale era stata confermata sia dal Tribunale per il riesame, sia dalla Corte cassazione.
Era pertanto confermato il giudizio di pericolosità, generica, del prevenuto, per gli anni 2011 e 2012. Che, poi, i reati in questione avessero apportato utili al COGNOME era dimostrato dalle emergenze della CTU COGNOME che aveva determiNOME il complessivo profitto che ne era disceso in euro 5 milioni.
Gli stessi elementi sopra valorizzati consentivano, secondo la Corte territoriale, di confermare la pericolosità di NOME COGNOME anche ai sensi dell’art. 4 lett. i bis) d.lgs. n. 159/2011, norma applicabile pur se non in vigore al momento della consumazione dei fatti che ne costituiscono il presupposto, considerando che lo era invece al momento in cui la misura era stata disposta.
1.2. La Corte decideva poi nello stesso senso nei confronti di NOME COGNOME (c190; da pg. 44).
Ne escludeva la pericolosità sociale qualificata ai sensi dell’art. 4 lett. a) (pg. 51) per le medesime ragioni già argomentate trattando della posizione del padre (conseguenti all’annullamento delle misure cautelari del processo COGNOME).
Tuttavia, ne confermava la pericolosità sociale qualificata ai sensi dell’art. 4 lett. b) d.lgs. n. 159/2011 e ciò in ossequio alle risultanze dell’ulteriore processo,
denomiNOME RAGIONE_SOCIALE, in cui NOME COGNOME era imputato di numerosi reati contro la p.a. e la fede pubblica, consumati al fine di aggiudicarsi gli appalti indetti dai comuni di Gioia Tauro e di Rosarno, reati aggravati ai sensi dell’art. 416 bis 1 cod. pen.
Si trattava di condotte che giungevano fino a metà del 2016 (a decorrere dal luglio 2012, per il proposto) – e che costituivano la prosecuzione di quelle oggetto del processo COGNOME – e le relative ordinanze di cautela personale erano state confermate sia dal Tribunale del riesame, sia dalla Corte di cassazione.
Posto che, per tale processo, NOME COGNOME era detenuto agli arresti donniciliari, la Corte d’appello confermava la misura di prevenzione personale per tale titolo, pur riducendone la durata.
Veniva confermata anche la pericolosità generica del proposto, ai sensi dell’art. 1 lett. b), in considerazione delle emergenze del processo COGNOME di cui si era detto a proposito dell’altro proposto, il padre del prevenuto, che vedeva pienamente coinvolto anche NOME COGNOME.
Il perimetro temporale della sua giudicata pericolosità generica veniva così fissato tra il 2011 ed il 2016, dovendosi però considerare assente il requisito dell’attualità così da doversi revocare, per questa causa, la misura di prevenzione personale.
1.3. In conseguenza a tutto quanto osservato, in tema di diverso giudizio di pericolosità e di riperimetrazione del relativo periodo, la Corte revocava, o confermava, la misura patrimoniale come da motivazione (da pg. 64) e dispositivo, precisando che i beni che restavano sottoposti a confisca dovevano essere solo quelli che risultavano essere stati, per il periodo in cui era avvenuto l’acquisto e per i fondi utilizzati, frutto di attività illecite.
Veniva così confermata la sola confisca dei seguenti beni:
(pg 64) a NOME COGNOME, gli immobili siti in INDIRIZZO foglio 30 considerando che i lavori di costruzione erano stati compiuti nel 2014, e quindi nel periodo di giudicata pericolosità sociale, rilevando la sperequazione complessiva, fra redditi ed acquisti, riportata nella perizia COGNOME (disposta, come si è sopra ricordato, dalla stessa Corte d’appello) pari a poco più di 4 milioni di euro;
(pg. 68) le autovetture Audi 6 e Aygo acquistate rispettivamente, il 6 giugno 2016 da NOME COGNOME per euro 10.000, ed il 13 ottobre 2015 da NOME COGNOME al prezzo di euro 11.550, considerando la sperequazione complessiva del reddito familiare individuato nella perizia COGNOME;
(pg 68) gli orologi Rolex Datejust e Submariner, acquistato rispettivamente nel 2015 e nel 2011 in conseguenze della ricordata sperequazione;
(pg 69) il saldo di euro 76.446,01 del conto Unicredit intestato a NOME COGNOME contenente le rimesse dei canoni di locazione dell’immobile di cui era stata confermata la confisca.
Propongono ricorso i due proposti ed il terzo interessato, tutti a mezzo dei propri difensori.
2.1. L’AVV_NOTAIO, per NOME COGNOME (c1 57), articola tre motivi.
2.1.1. Con il primo deduce la violazione di legge in relazione al giudizio di pericolosità sociale generica di NOME COGNOME.
Ricordava i principi enunciati dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 24 del 2019, in ordine al giudizio di pericolosità sociale dei soggetti indicati nell’a 1, lett. a) e b) d. Igs. n. 159/2011.
Ne deduceva che l’applicazione della misura patrimoniale doveva fondarsi sull’accertamento della realizzazione non episodica di attività delittuose, per un significativo lasso di tempo, attività che abbiano prodotto profitti e che, di conseguenza, abbiano determiNOME un significativo contribuito al soddisfacimento dei bisogni della vita personale e familiare del proposto.
E, invece, la Corte aveva applicato la misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di NOME COGNOME, pur avendolo ritenuto socialmente pericoloso per un brevissimo lasso di tempo, dall’agosto 2011 al marzo 2012, considerando poi, quanto al profitto dedotto dai reati consumati in quel periodo, le emergenze della CTU COGNOME che riguardava però i diversi delitti contestati in altro procedimento, il processo RAGIONE_SOCIALE, a cui il prevenuto era rimasto estraneo (vi era indagato il solo figlio del proposto, NOME).
Non si erano così affrontate le deduzioni difensive, tendenti a valorizzare la consulenza COGNOME e l’informativa dei commissari giudiziari della società del prevenuto, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, in ordine al fatto che le attività illecite oggetto imputazione del procedimento COGNOME – in cui il prevenuto era indagato – non avessero determiNOME alcun utile (essendo stati revocati gli affidamenti degli appalti in autotutela).
Doveva inoltre considerarsi che la misura patrimoniale era stata applicata ritenendo lo stesso rientrare nel novero dei soggetti indicati nella lettera i bis dell’art. 4 d.lgs. n. 159/2011, risultando egli indiziato per il delitto associativo vo alla corruzione di funzionari pubblici (sempre nel processo COGNOME), ma tale norma non era vigente al momento della consumazione di fatti reato oggetto di quel procedimento penale, così da rendere, illegittimamente (ai sensi dell’art. 25 Cost.), retroattiva la misura di prevenzione adottata.
2.1.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge in riferimento al difetto di correlazione temporale fra l’acquisto dei beni sottoposti al vincolo ed il periodo rispetto al quale era stata ritenuta la pericolosità sociale del prevenuto.
Quanto al fabbricato sito in INDIRIZZO, infatti, questo era stato ceduto da RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME (ed al fratello NOME) per compensarli del finanziamento infruttifero dai medesimi versato nella casse sociali nel corso del 2006 e del 2008, solo completato nel 2014 quando erano state dissequestrate le disponibilità finanziarie vincolate nel processo COGNOME. Né poteva darsi rilievo al dato, riportato nella perizia COGNOME, della sproporzione dei redditi rispetto agli acquisti già maturata negli anni precedenti posto che questa era stata calcolata a partire dal 1978 (e fino al 2016), facendo riferimento a quella pericolosità sociale qualificata, ritenuta dal Tribunale ed esclusa poi dalla medesima Corte territoriale.
Le somme in deposito nel conto corrente Unicredit erano quelle dissequestrate dal Tribunale del riesame nel processo COGNOME e non aveva rilievo la confusione con i canoni ricavati dalla locazione del fabbricato di INDIRIZZO per quanto sopra sottolineato in ordine alla confiscabilità di tale cespite. E si sarebbe comunque potuto apporre il vincolo solo sulle somme derivanti da quel contratto, essendo state, le stesse, esattamente quantificate.
L’autovettura TARGA_VEICOLO era stata acquistata nel 2016, con la somma di euro 10.000 proveniente dal conto corrente già dissequestrato nel processo COGNOME, anche in questo caso non potendosi dare rilievo a quella sproporzione progressiva indicata nella perizia COGNOME.
L’orologio Rolex Submariner era stato acquistato nel giugno 2011 e quindi in data antecedente al periodo di riconosciuta pericolosità, che decorre dal 12 agosto 2011.
Il Rolex Datejust era stato acquistato il 1 ottobre 2015 con le somme dissequestrate nel processo COGNOME.
2.1.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge per l’omessa motivazione in ordine alla perimetrazione cronologica della ritenuta pericolosità sociale ed al nesso fra le acquisizioni patrimoniali e i proventi dell’attività illec non potendosi, anche per tali profili, dare rilievo al concetto di sperequazione progressiva calcolata nella perizia COGNOME.
2.2. Ancora l’AVV_NOTAIO, per il terzo interessato NOME COGNOME, articola due motivi di ricorso.
2.2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed in particolare degli artt. 24, 26 e 19 d.lgs. n. 159/2011, in relazione all’unico bene confiscatogli, l’autovettura TARGA_VEICOLO.
Si ricordavano i principi di diritto fissati dalla sentenza delle Sezioni unite De Angelis (n. 12621 del 2016) in relazione alla presunzione iuris tantum delle intestazioni di beni ai prossimi congiunti, sprovvisti di autonoma disponibilità economica, valevole nel solo caso in cui gli stessi erano stati intestati nei due anni precedenti alla proposta di misura, come previsto dall’art. 26 del decreto.
Quanto agli acquisti operati dai familiari conviventi del proposto nel quinquennio antecedente alla richiesta di confisca, l’art. 19 del decreto prevedeva che si dovesse procedere alle opportune investigazioni al fine di accertare se gli intestatari godessero di redditi sufficienti.
La confisca del bene intestato a NOME COGNOME, invece, era stata disposta solo in base a quella perizia COGNOME che aveva valutato la sproporzione fra rediti ed acquisti (fissandola in 4 milioni di euro) in un lasso di tempo ben maggiore rispetto a quello per il quale la Corte aveva ritenuto la pericolosità sociale dei proposti (ed in particolare del padre del terzo interessato, NOME COGNOME).
Anche lo stesso acquisto del bene, la vettura confiscata, era avvenuto in epoca successiva, nel 2015.
Si doveva inoltre considerare che NOME COGNOME si era trasferito definitivamente a Milano nel dicembre 2012. E che, al tempo, godeva di ingenti disponibilità economiche essendo il titolare di un fondo finanziario acceso proprio nel 2015 del valore di un milione di euro (con denaro doNOMEgli dal padre NOME), confluito poi nel fondo Amundi la cui confisca era stata revocata dalla stessa Corte il cui decreto oggi si impugna.
2.2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge in relazione alla ritenuta intestazione fittizia del bene ed ala sproporzione del bene acquistato rispetto ai redditi maturati.
2.3. Ancora l’AVV_NOTAIO con l’AVV_NOTAIO, per NOME COGNOME, articolano tre motivi.
2.3.1. Con il primo deducono la violazione di legge in ordine alla ritenuta pericolosità del prevenuto ai sensi dell’art. 1, lett. b), d.lgs. n. 159/2011.
L’argomentazione iniziale riprendeva quanto già argomentato sul punto nel ricorso di NOME COGNOME.
Si osservava come il giudizio di pericolosità si fosse fondato sulle emergenze dei processi COGNOME e COGNOME, dai quali, però, si era dimostrato non
6
fosse derivato al prevenuto utile alcuno (come si poteva dedurre dalla consulenza COGNOME e dalla relazione degli amministratori giudiziari delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE).
Si erano citate le somme ricavate dai diversi illeciti, giudicati nel processo RAGIONE_SOCIALE, di cui però non si era adeguatamente dimostrata il loro effettivo conseguimento.
Non si erano poi adeguatamente considerate le acquisizioni successive al giudicato cautelare di RAGIONE_SOCIALE ed in particolare l’accertata inattendibilità di NOME COGNOME e la ritrattazione del collaboratore di giustizia NOME, la consulenza fonica e la nuova informativa sulla conversazione NOME COGNOME.
2.3.2. Con il secondo motivo lamentano la violazione di legge in ordine alla ritenuta attualità della pericolosità del proposto, che avrebbe dovuto essere valutata nel momento in cui la misura era stata applicata.
La pericolosità sociale qualificata del prevenuto era stata ritenuta fino al 2016, mentre era stata esclusa la misura personale per la pericolosità generica anch’essa peraltro terminata nel 2016.
2.3.3. Con il terzo motivo denunciano la violazione di legge in riferimento alla omessa motivazione sulla diretta derivazione dei beni confiscati dall’attività illecita consumata.
La presunzione di illecita provenienza dei beni nel perimetro della giudicata pericolosità, infatti, ammette la prova contraria.
Così che la confisca della RAGIONE_SOCIALE che era stata costituita con l’emissione di un assegno di euro 10.000 proveniente dal conto corrente del prevenuto, dissequestrato dai giudici dei processi COGNOME e COGNOME, risultava del tutto priva di giustificazione.
Giustificazione che non poteva provare fondamento negli esiti della perizia COGNOME (che aveva anche attribuito, erroneamente, la costituzione della società a NOME COGNOME) per le ragioni già più volte esposte e che sul punto era stata confutata da quella consulenza COGNOME che la Corte aveva omesso di considerare.
2.4. L’AVV_NOTAIO, per NOME COGNOME, articola, per quanto è dato comprendere (in assenza di più precise scansioni della complessiva argomentazione), due motivi di ricorso.
2.4.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed in particolare degli artt. 1 lett. b), 4 lett. i bis e 24 d.lgs. n. 159 del 2011.
La pericolosità sociale del prevenuto era stata perimetrata facendo riferimento agli anni 2011 e 2012, in conseguenza delle emergenze del procedimento COGNOME che, invece, era celebrato per delitti consumati in un più ristretto periodo, dall’Il agosto 2011 al 9 marzo 2012 (la data d’arresto del medesimo per tali addebiti).
Era COGNOME comunque errata COGNOME la COGNOME citazione dell’ulteriore processo, COGNOME detto COGNOME, posto che né il delitto associativo né i reati fine erano stati ascritti al prevenuto. Così che l’estensione del giudizio di pericolosità al 2014 risultava essere priva di concreto fondamento probatorio.
La Corte aveva poi citato i guadagni rivenienti agli imputati dalle condotte giudicate nel processo RAGIONE_SOCIALE calcolati dal CTU COGNOME, a cui, però, parimenti il proposto era rimasto del tutto estraneo.
Si tratta di errori di fatto certamente decisivi nel percorso argomentativo seguito dalla Corte, visto che incidono sia sulla esatta perimetrazione del periodo di pericolosità sociale, sia sulla capacità lucrogenetica dei reati attribuiti al COGNOME
Si ricordavano poi i principi di diritto fissati dalla Corte costituzionale nell sentenza n. 24 del 2019.
Alla luce dei quali assumeva rilievo decisivo anche l’omessa considerazione, ad opera della Corte, della consulenza COGNOME in cui si era dimostrato come dai reati contestati nel processo COGNOME il proposto non avesse ritratto utile alcuno (tutte le gare erano state annullate o revocate).
Si doveva inoltre considerare come il Tribunale di merito, davanti al quale si stava celebrando il processo COGNOME, avesse dissequestrato tutti i rapporti finanziari riconducibili sia al prevenuto sia al figlio NOME perché non pertinenti ai reati contestati.
Si citava poi il portato della pronuncia delle Sezioni unite in tema di confisca ai sensi dell’art. 578 bis cod. proc. pen. (n. 4145/2022), ritenuto applicabile anche alle misure di prevenzione in tema di retroattività della norma più sfavorevole.
2.4.2. Con un secondo motivo si argomentava in ordine ai singoli beni oggetto di confisca.
Quanto all’immobile sito in Gioia Tauro, la riperimetrazione del periodo di pericolosità del prevenuto operata dalla stessa Corte d’appello, avrebbe dovuto comportare la presa d’atto che lo stesso era stato acquisito fuori dal medesimo, nel 2014.
Non era inoltre condivisibile la metodologia adottata dal perito COGNOME che aveva dedotto una “sperequazione progressiva” fra redditi leciti ed acquisti non limitandola al lasso di tempo in cui si era accertata la pericolosità ma espandendola
dal 1978 al 2016 (peraltro il disavanzo, in 40 anni, era stato calcolato in soli tre milioni di euro).
Quanto alle somme in deposito sul conto Unicredit (il saldo di euro 76.446,01), si osservava come la Corte ne avesse confermato la confisca affermando che ai proventi leciti si erano aggiunti, e confusi, i canoni di locazione dell’immobile confiscato, e così si censurava sia la ritenuta illiceità del possesso dell’immobile, sia l’avvenuta confusione dei proventi potendo essere esattamente e partitamente calcolati i canoni versati.
Quanto al Rolex Datejust, lo stesso era stato acquistato oltre il periodo di pericolosità sociale, nel 2015 (irrilevanti essendo le considerazioni del perito sulla sperequazione progressiva).
Analogo discorso andava fatto per il Rolex Submariner acquistato nel giugno del 2011 e quindi prima dell’agosto di quell’anno, da cui decorre la ritenuta pericolosità del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi promossi nell’interesse dei proposti, NOME COGNOME e NOME COGNOME, e del terzo interessato, NOME COGNOME, meritano complessivo accoglimento.
1. La misura di prevenzione personale applicata a NOME COGNOME non più anche ai sensi dell’art. 4 lett. a) d.lgs. n. 159/2011 (per la sua supposta appartenenza al RAGIONE_SOCIALE) ma ancora ritenendolo rientrare nel novero dei soggetti indicati nella lettera b) della medesima norma – deducendolo dalle emergenze del processo RAGIONE_SOCIALE – e deducendo l’attualità dalla mera persistenza del COGNOME di cautela, in quest’ultimo processo, degli arresti 2 Dizi14,4″1 .donniciliari, senza così compiere un’autonoma valutazione del dato (che peraltro appare non essere più da tempo a sua volta attuale, essendo stata revocata la misura).
Si veda a tal fine quanto affermato da Sez. 1, n. 10034 del 05/02/2019, COGNOME Paola, Rv. 275054, secondo cui, in tema di misure di prevenzione, il giudizio sull’attualità della pericolosità sociale dell’indiziato di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso può essere fondato su elementi di fatto valorizzati in altri provvedimenti giudiziari, a condizione che ne sia effettuata un’autonoma valutazione, senza possibilità di recepire acriticamente il giudizio prognostico sulla pericolosità sociale contenuto in detti provvedimenti, anche se relativi a misure di sicurezza o a misure cautelari.
Nel caso concreto, poi, deve notarsi come la pericolosità che costituisce il fondamento dell’applicazione della misura personale in capo al proposto non è più derivante dalla sua appartenenza ad un contesto mafioso ma solo dalla commissione di una pluralità di reati, connotati dal collegamento con tale contesto, circostanza che facendo cadere qualsiasi presunzione di permanenza di un diretto vincolo associativo (anche solo di appartenenza) che non è stato invece accertato, rende ancor più necessaria la valutazione del necessario requisito dell’attualità della giudicata pericolosità sociale, tanto più considerando che, nel caso di specie, ne era stato fissato il termine ultimo in non pochi anni addietro, nel 2016.
Così che deve ritenersi l’omessa motivazione su punti decisivi dell’applicazione della misura di prevenzione personale applicata a NOME COGNOME, comportanti violazione di legge, con il conseguente annullamento del provvedimento impugNOME sul punto.
Anche le misure di prevenzione patrimoniale – applicate ai proposti ed al terzo interessato – difettano totalmente di motivazione su punti decisivi, così da concretare dei vizi di violazione di legge.
La Corte d’appello, rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale, ha rivisto il giudizio di pericolosità sociale dei prevenuti alla luce degli esiti delle misure cautelari personali emesse nel processo COGNOME. Ciò ha determiNOME l’esclusione dell’ipotesi di pericolosità qualificata di cui alla lettera a) dell’art. d.lgs. n. 159/2011, residuando pertanto i soli fatti, per NOME COGNOME, imputatigli nel processo COGNOME, che riguardavano però la costituzione di un’associazione a delinquere composta innanzitutto dai COGNOME stessi (a partire dall’Il agosto 2011, così si precisa in imputazione), che aveva visto la commissione dei reati fine ivi indicati (e relativi all’assegnazione di appalti pubblici) che avrebbe consentito al prevenuto, ma anche all’altro proposto NOME COGNOME (la cui posizione doveva però tenere conto anche delle acquisizione dell’ulteriore processo, il RAGIONE_SOCIALE, a cui il padre NOME era rimasto estraneo) di ritrarne quegli ingenti profitti che avrebbero determiNOME l’acquisto dei beni sottoposti al vincolo.
Così che la misura patrimoniale emessa nei confronti di NOME COGNOME, privata del profilo di pericolosità qualificata, doveva fondarsi sui criteri enunciat nella sentenza Spinelli delle Sezioni unite (n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015) secondo cui la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche “misura temporale” del suo ambito applicativo; ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale (mentre, con riferimento alla c.d. pericolosità qualificata, i
giudice dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l’intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibi di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti ne periodo temporale individuato).
Se ne deduce pertanto che, se in riferimento alla pericolosità qualificata (ritenuta dal Tribunale e non esclusa al momento in cui la Corte aveva disposto la perizia COGNOME) ben si sarebbe potuto accertarre la sproporzione dei redditi della famiglia COGNOME con gli acquisti fatti in un ben più lungo periodo di tempo (anche per comprendere se l’intera vita economica della medesima fosse connotata dalla ipotizzata appartenenza al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), tale verifica era del tutto ultronea, e non utilizzabile in parte qua, rispetto ad un mero giudizio di pericolosità sociale generica, rispetto alla quale il periodo cronologico determiNOME ai fini della pericolosità era cogente anche al fine della valutazione della suddetta sproporzione.
Nè certo valeva, per NOME COGNOME, il giudizio del AVV_NOTAIO formulato nell’ambito di un processo in cui egli non era imputato, il processo cosiddetto RAGIONE_SOCIALE.
Così che doveva considerarsi del tutto carente, e quindi omessa, la motivazione relativa alla ricordata sproporzione fra redditi leciti ed acquisti (dei beni confiscati) nel breve periodo (da agosto 2011 a marzo 2012) rispetto al quale era stata ritenuta la pericolosità sociale generica di NOME COGNOME.
A ciò deve inoltre aggiungersi un ulteriore vizio di omessa motivazione in relazione al conseguimento di profitti dai reati di cui il prevenuto era accusato nel processo COGNOME. Si era, infatti, affermato, da parte della difesa, che l’annullamento in autotutela di quelle procedure di appalto che il proposto ed i suoi complici si erano illecitamente aggiudicate aveva impedito che dagli illeciti consumati fosse derivato provento alcuno.
Ed invece, nella nuova prospettiva della ricorrenza della sola pericolosità generica, costituisce un requisito essenziale della misura di prevenzione reale la circostanza che gli illeciti posti a suo fondamento abbiano generato un profitto.
Si è infatti affermato che, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’ablazione disposta ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per la ritenuta pericolosità generica del proposto, si giustifica, alla luce de parametri definiti dalla Corte costituzionale con sent. n. 24 del 2019, se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, la cui origine lecita i
proposto non sia in grado di giustificare (Sez. 6, n. 29157 del 12/04/2023, COGNOME, Rv. 285039).
Anche sotto tale ulteriore profilo il provvedimento impugNOME deve essere annullato.
2.1. Anche in relazione ai singoli beni, la cui confisca era stata confermata perché riconducibili alla disponibilità di NOME COGNOME, la motivazione risulta apparente.
Si pensi infatti all’immobile di Gioia Tauro, la cui confisca era stata determinata da un esborso effettuato nel 2014 e quindi oltre il perimetro temporale della pericolosità del proposto. Con mezzi finanziari la cui illiceità sarebbe provata dalla sola perizia COGNOME che però abbraccia, come si è visto, un troppo ampio periodo di tempo.
Fuori dal perimetro della pericolosità sociale sono anche gli acquisti delle due autovetture, intestate a familiari del COGNOME, senza che neppure si sia adeguatamente verificato se tali beni rientrassero nella disponibilità anche del proposto (o fossero stati comunque acquistati con redditi illeciti).
Si tratta anche dell’autovettura intestata al figlio NOME, l’odierno terzo interessato proprio in relazione al vincolo reale apposto su tale bene, che era stata acquistata oltre un anno dopo la finestra temporale della pericolosità sociale del padre (a cui sono attribuiti reati ipoteticamente non lucrogenetici), di non particolare valore (euro 11.500), considerando anche che lo stesso NOME era il beneficiario di uno strumento finanziario doNOMEgli anni prima, nel 2009, del valore di un milione di euro (strumento prima sequestrato, nell’ulteriore strumento in cui si era trasfuso, e poi restituito).
Così che del tutto apparente risulta la motivazione del provvedimento impugNOME anche relativamente a tale bene.
Restano i due orologi Rolex, acquistati però entrambi fuori dal perimetro temporale dell’accertata pericolosità (l’uno prima, l’altro dopo) ed il saldo del conto corrente vincolato solo per essere, in parte, derivato dalla locazione dell’immobile di Gioia Tauro, ristrutturato anch’esso fuori dal ricordato perimetro.
Del tutto simili sono le considerazioni che impongono l’annullamento del provvedimento di vincolo reale applicato ai beni riconducibili a NOME COGNOME.
Se è tuttavia vero che, rispetto a tale proposto, sono utilizzabili le emergenze del processo RAGIONE_SOCIALE, oltre a quelle del processo COGNOME (rimanendo sempre escluse quelle derivanti dal processo COGNOME), così da potersi considerare gli esiti della CTU COGNOME circa gli utili tratti complessivamente dagli indagati dai rea loro contestati, anche in tal caso la Corte d’appello si era servita, per giudicare la
sproporzione fra redditi lecitamente conseguiti ed acquisti fatti nel perimetro temporale di giudicata pericolosità generica, di quella perizia COGNOME che rispetto a quanto poi ritenuto dalla Corte medesima (che, lo si ripete, aveva escluso il più ampio profilo di pericolosità ai sensi dell’art. 4 lett. a) d.lgs. n. 159/2011) non appariva più “centrata” rispetto ai residui presupposti, di pericolosità del proposto e di perimetro temporale della stessa, anche rispetto ai beni appresi a NOME COGNOME (ovviamente diversi da quelli sottoposto al vincolo perché riconducibili al padre NOME).
3.1. Si pensi, infatti, che è stato mantenuto il vincolo sulle quote e sulla correlativa parte del patrimonio di RAGIONE_SOCIALE solo perché questa era stata costituita a metà del 2016, e quindi al limite del perimetro temporale, dimenticando però le ingenti disponibilità di cui il proposto godeva da tempo (anche NOME aveva ricevuto in dono dal padre, nel 2009, uno strumento finanziario del valore di oltre un milione di euro) e gli altri mezzi finanziari che la stessa Corte di appello aveva restituito nel provvedimento impugNOME, non ravvisandone le derivazione da fatti illeciti.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugNOME con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso, in Roma il 6 febbraio 2024.