Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21986 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21986 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CINQUEFRONDI( ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con decreto del 17 novembre-22 dicembre 2023, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale accoglimento dell’appello proposto avverso il decreto emesso il 7 giugno 2023 dal Tribunale di Catanzaro, escludeva la prescrizione aggiuntiva del divieto di soggiorno nella regione Calabria e confermava il decreto nella parte in cui aveva applicato a COGNOME NOME la misura di prevenzione di sorveglianza speciale per anni 5.
1.1 Avverso il decreto ricorrono per Cassazione i difensori di COGNOME, rilevando che non era in discussione la sentenza di condanna richiamata nel decreto, ma la mancata esposizione delle ragioni per cui dovesse essere ritenuta la pericolosità come attuale, soprattutto perché nessun reato fine a cui ancorare il giudizio di recenti condotte antisociali era rinvenibile nella sentenza; non era stato considerato che a seguito dell’annullamento di misura cautelare da parte del Tribunale, dovuto alla mancanza di gravità indiziaria, NOME aveva goduto di un periodo di libertà non irrilevante (gennaio 2020-maggio 2022) durante il quale non gli era stato mosso alcun rilievo che potesse sostenere la contestata attualità.
I difensori osservano che era stata confermata l’entità della misura sul rilievo che la precedente non avesse sortito alcun effetto, ma che la Corte di appello aveva omesso di indicare i comportamenti successivi alla precedente, totalmente mancanti, se si escludeva la sentenza di condanna.
I difensori eccepiscono che era totalmente assente qualsiasi motivazione che spiegasse quale poteva essere la decisione della Corte in merito alla richiesta di esclusione del versamento imposto della cauzione, o comunque il suo ridimensionamento, a fronte della denunciata difficoltà economica che consegue alla perdita del lavoro per chi è sottoposto a misura di prevenzione e l’enorme difficoltà di trovarne uno nuovo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 La Corte di appello ha infatti evidenziato che la condanna di COGNOME per il delitto di cui all’art.416-bis cod. pen., confermata in grado di app elemento che legittimava l’applicazione della misura di prevenzione ai se dell’art. 4 comma 1 lett. a) del D.Lgs.n. 159/2011, stante la qualif “appartenente ad associazione mafiosa” in essa contenuta e non essendo stato evidenziato alcun elemento positivo denotante l’abbandono di logiche criminali di appartenenza all’associazione; contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, le
condotte contestate nella sentenza non si arrestavano al 2006, ma perduravano fino al 2019, quando era stata applicata misura cautelare a carico di NOME.
Con riferimento quindi al primo motivo di ricorso proposto, si deve ribadire che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 10, comma 3, d.lgs. 159/2011 (e del precedente art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575). Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n. 1423 del 56 (ora art. 10, comma 2, d.lgs. 159/2011), il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246, che, in motivazione, ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (vedi anche Sez.2, Sentenza n. 20968 del 06/07/2020, COGNOME/COGNOME, Rv. 27943501 Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266365; Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261590).
Nel caso di specie il vizio radicale di motivazione in realtà non si rinviene, per quanto sopra esposto, posto che la Corte di appello ha anche evidenziato gli altri elementi che portavano a ritenere sussistente l’affectio societatis ed ha osservato che nessuna rilevanza poteva attribuirsi all’assunto comportamento corretto che COGNOME avrebbe tenuto nel periodo successivo all’annullamento della misura custodiale, ripristinata sulla base della prognosi di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. b) e c) cod. proc. pen.
1.2 Quanto alla disposta cauzione, si deve rilevare come in sede di riesame l’eccezione fosse stata posta in maniera estremamente generica, per cui nessun onere motivazionale gravava sulla Corte di appello.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11/04/2024