Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 24673 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 24673 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso presentato da Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro Nei confronti di COGNOME COGNOME nato il 2524’6/1985 a Lamezia Terme COGNOME NOME nata il 01/10/1986 a Lamezia Terme
avverso il decreto in data 15/11/2024 della Corte di appello di Catanzaro lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 15 novembre 2024 la Corte di appello di Catanzaro ha revocato nei confronti di NOME COGNOME COGNOME la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di P.S. e nei confronti dello stesso COGNOME e della terza
interessata NOME COGNOME la misura di prevenzione reale della confisca, avente ad oggetto un conto corrente, misure disposte dal Tribunale di Catanzaro con decreto del 20 novembre 2023 in relazione all’ipotesi di pericolosità qualificata derivante dall’appartenenza a sodalizio di ‘ndrangheta e da fatti riconducibili al reato di cui all’art. 513-bis cod. pen. aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
Ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro.
Deduce violazione di legge in relazione alle disposizioni che disciplinano l’applicazione di misure di prevenzione personali e reali.
Indebitamente la Corte di appello aveva valorizzato una sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Catanzaro in sede penale, con cui COGNOME era stato assolto dal reato di partecipazione al sodalizio perché il fatto non sussiste.
La sentenza era stata impugnata dal Procuratore generale che aveva dedotto la possibilità di una riqualificazione della condotta nella fattispecie del concorso esterno, in rapporto all’emergente scambio di favori tra il gruppo COGNOME e la ditta COGNOME, funzionale ad una posizione egemonica della ditta nel settore delle onoranze funebri e dei servizi sanitari.
Del resto nella sentenza di assoluzione vi erano circostanze fattuali indicative dell’esistenza di legami qualificati, solo la cui irrevocabile negazione avrebbe potuto determinare un effetto preclusivo.
Inoltre, era stata rilevata nel decreto impugnato l’astratta possibilità di correlare la misura patrimoniale al residuo reato di cui all’art. 513-bis cod. pen. per cui era intervenuta condanna, ma in concreto era stato escluso che potessero ricondursi le somme confluite nel conto corrente a proventi di attività illecite.
Senonché anche sotto questo profilo non avrebbe potuto darsi rilievo ad una sentenza in sede penale non irrevocabile.
Inoltre, la confisca avrebbe potuto mantenersi in quanto il profitto corrispondente al reato ravvisato avrebbe potuto essere determinato a mezzo di perizia in base ai dati presenti nel fascicolo e acquisiti dalla banca dati dell’Anagrafe Tributaria, comparando fatturato, volume di affari e redditi delle imprese operanti nel settore in quel comprensorio, fermo restando l’aumento del fatturato derivante dal sostegno di figure criminali nelle fila della compagine.
3. Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria, concludendo con richiesta di annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.
L’impugnazione si incentra essenzialmente sull’indebito rilievo che sarebbe stato attribuito alla sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Catanzaro in sede penale, con la quale NOME COGNOME COGNOME è stato assolto con la più ampia formula dal delitto di cui all’art. 416-bis e riconosciuto colpevole solo del reato d cui agli artt. 513-bis e 416-bis.1 cod. pen.
Si assume che in sede di prevenzione non avrebbe potuto valorizzarsi in modo decisivo l’accertamento contenuto in una sentenza non ancora irrevocabile in quanto impugnata con ricorso per cassazione, ma avrebbe dovuto comunque procedersi alla verifica degli specifici elementi di fatto sulla base dei quali avrebbe potuto formularsi un pertinente giudizio, rilevante in questa sede.
Si tratta di deduzione in astratto fondata, ma che risulta tuttavia in concreto aspecifica.
Ed invero, nel decreto impugnato si è rilevato, sulla base di una autonoma valutazione, non fatta oggetto di puntuale censura, che il proposto aveva comunque operato nell’ambito della società facente capo al padre e allo zio non oltre il 2017/2018, dopo di che aveva svolto attività lavorative sicuramente lecite, senza alcun concreto coinvolgimento in condotte inquadrabili in un’operatività di tipo mafioso.
Ciò avrebbe dovuto dirsi anche in relazione al ravvisato concorso del predetto nel reato di cui all’art. 513-bis cod. pen., essendo dunque ravvisabile un congruo lasso di tempo tra la cessazione dei contributi forniti da COGNOME e la data della proposta e dell’adozione del decreto del Tribunale.
In definitiva, secondo la Corte di appello, non avrebbe potuto in nessun caso prospettarsi l’attualità della pericolosità del proposto, non essendo sufficiente il ricorso a generiche presunzioni, a fronte della concreta verifica della condotta tenuta a partire dagli anni 2017/2018.
Si tratta di rilievi di per sé decisivi e idonei a sorreggere la decisione dell Corte di appello, a prescindere dalla valenza attribuibile ad una sentenza emessa in sede penale, ma non ancora irrevocabile, rilievi che non sono stati fatti oggetto di specifiche censure in questa sede.
Relativamente alla revoca della confisca di prevenzione, il ricorso si espone ai medesimi rilievi.
La Corte territoriale nel decreto impugnato ha sottolineato che COGNOME e sua moglie avevano certamente svolto nel corso degli anni attività lavorativa, tale da
giustificare corrispondenti introiti, di per sé idonei a colmare la prospettata sperequazione, tanto più che non vi era alcun elemento dal quale potesse
desumersi che sul conto corrente, oggetto della confisca di prevenzione in primo grado, fossero confluiti proventi illeciti.
5. Si tratta anche in questo caso di valutazione non illogica e di per sé idonea a giustificare la revoca della confisca, a prescindere sia dalla rilevanza attribuibile
a sentenza non irrevocabile sia dalla difficoltà di computo di profitti illeciti, se caso, rivenienti dal delitto di cui all’art. 513-bis cod. pen.
Ed invero risulta dirimente, in assenza della puntuale deduzione di una violazione di legge, rilevante in questa sede, l’assunto della Corte secondo cui dei
proventi certamente leciti conseguiti da COGNOME e dalla moglie non si fosse tenuto specificamente conto ai fini del computo della sperequazione, che, per contro,
secondo quanto osservato dalla Corte, quei proventi erano idonei ad elidere.
L’assenza della sproporzione non avrebbe imposto al proposto di provare in alternativa la provenienza lecita delle somme confluite sul conto corrente, peraltro in assenza di comprovati elementi dai quali desumere la natura certamente illecita di quelle somme.
In conclusione, il ricorso risulta aspecifico nelle sue articolazioni e deve essere dunque dichiarato inammissibile.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 30/04/2025