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Misure di prevenzione: attualità della pericolosità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore contro la revoca di misure di prevenzione personali e patrimoniali. La decisione si fonda sulla constatazione che l’appello era generico e non contestava specificamente la valutazione della Corte d’Appello, la quale aveva accertato la cessazione della pericolosità sociale del soggetto, requisito fondamentale per l’applicazione di tali misure.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure di prevenzione: quando la pericolosità non è più attuale

L’applicazione delle misure di prevenzione rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’ordinamento per contrastare la criminalità, in particolare quella di stampo mafioso. Tuttavia, la loro legittimità si fonda su presupposti rigorosi, tra cui spicca l’attualità della pericolosità sociale del soggetto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 24673/2025) offre un importante chiarimento su questo punto, dichiarando inammissibile un ricorso del Procuratore generale proprio per la mancata contestazione di questo requisito fondamentale.

I Fatti del Caso: La Revoca delle Misure

Il caso trae origine da un decreto della Corte di appello di Catanzaro, con cui venivano revocate importanti misure di prevenzione. Nello specifico, era stata annullata la sorveglianza speciale di P.S. nei confronti di un soggetto e la confisca di un conto corrente cointestato con un familiare. Tali misure erano state inizialmente disposte dal Tribunale sulla base di un’ipotesi di “pericolosità qualificata”, derivante da una presunta appartenenza a un sodalizio di ‘ndrangheta e da reati connessi.

La Corte d’appello, nel decidere per la revoca, aveva considerato una sentenza penale, seppur non ancora definitiva, che aveva assolto l’interessato dall’accusa di associazione mafiosa. Tuttavia, il punto cruciale della sua decisione era un altro: una valutazione autonoma dei fatti aveva dimostrato che l’attività del soggetto nell’ambito della società di famiglia, ritenuta il contesto delle condotte illecite, era cessata già da diversi anni (nel periodo 2017/2018). Di conseguenza, secondo i giudici di merito, era venuta meno l’attualità della pericolosità, requisito indispensabile per mantenere in vita le misure.

Il Ricorso del Procuratore e le Misure di Prevenzione

Il Procuratore generale presso la Corte di appello ha impugnato questa decisione, presentando ricorso in Cassazione. Le sue argomentazioni si basavano principalmente su due punti:

1. Errata valutazione della sentenza di assoluzione: Il Procuratore sosteneva che la Corte d’appello non avrebbe dovuto dare peso decisivo a una sentenza penale non ancora irrevocabile.
2. Sussistenza della pericolosità: Anche a fronte dell’assoluzione dal reato associativo, residuava una condanna per un altro reato che, secondo l’accusa, avrebbe potuto comunque giustificare le misure di prevenzione, sia personali che patrimoniali (la confisca).

In sostanza, il ricorso mirava a riaffermare la validità delle misure originarie, sostenendo che la pericolosità del soggetto fosse ancora presente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi del Procuratore, dichiarando il ricorso inammissibile per un motivo dirimente: la sua “aspecificità”.

I giudici di legittimità hanno spiegato che il ricorso si concentrava erroneamente sul rilievo dato alla sentenza di assoluzione non definitiva, trascurando il vero fulcro della decisione della Corte d’appello. Quest’ultima, infatti, non si era limitata a prendere atto dell’assoluzione, ma aveva condotto una propria, autonoma valutazione, concludendo che la condotta pericolosa si era interrotta da un “congruo lasso di tempo”.

Questo accertamento sulla cessazione della pericolosità e sulla mancanza del requisito dell’attualità era, secondo la Cassazione, “di per sé decisivo e idoneo a sorreggere la decisione”. Il ricorso del Procuratore, non avendo mosso censure specifiche e puntuali contro questa autonoma valutazione di merito, risultava generico. In altre parole, non contestava il vero motivo per cui le misure erano state revocate.

Anche per quanto riguarda la confisca, la Corte ha applicato lo stesso ragionamento, rilevando che l’appello non aveva efficacemente contrastato la conclusione dei giudici di merito sull’assenza di elementi concreti per ritenere illecita la provenienza delle somme sul conto corrente.

Le Conclusioni: L’Importanza della Specificità del Ricorso

La sentenza in commento ribadisce due principi cardine del sistema delle misure di prevenzione e del processo penale.

In primo luogo, conferma che la pericolosità sociale deve essere attuale al momento della decisione. Non è sufficiente dimostrare che una persona sia stata pericolosa in passato; è necessario che tale pericolosità persista. La valutazione del giudice deve basarsi su elementi concreti e recenti, come la condotta di vita del soggetto.

In secondo luogo, sottolinea un requisito tecnico fondamentale del processo di impugnazione: la specificità dei motivi di ricorso. Per ottenere la riforma di una decisione, non basta criticarla in termini generali. È indispensabile attaccare in modo preciso e mirato le specifiche argomentazioni che ne costituiscono il fondamento logico-giuridico. Un ricorso che manchi di questa specificità è destinato a essere dichiarato inammissibile, senza neppure entrare nel merito della questione.

Una sentenza di assoluzione, anche se non definitiva, può essere usata per revocare le misure di prevenzione?
La Corte di Cassazione chiarisce che la decisione di revoca non si basava solo sulla sentenza non definitiva, ma su una valutazione autonoma e concreta dei fatti da parte della Corte d’Appello, che ha concluso per la cessazione della pericolosità sociale attuale del soggetto, che è il vero punto decisivo.

Cosa significa che un ricorso è “aspecifico” e quali sono le conseguenze?
Un ricorso è aspecifico quando non contesta in modo puntuale le ragioni fondamentali della decisione impugnata, ma si limita a critiche generiche. La conseguenza, come in questo caso, è la sua inammissibilità, che impedisce alla Corte di Cassazione di esaminare il merito della questione.

Per applicare o mantenere una misura di prevenzione, è sufficiente dimostrare una pericolosità passata?
No. La sentenza ribadisce che un requisito fondamentale per l’applicazione e il mantenimento delle misure di prevenzione è l’attualità della pericolosità. In questo caso, la Corte d’Appello ha accertato che la condotta pericolosa era cessata da un congruo lasso di tempo, facendo così venir meno questo requisito essenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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