Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14531 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14531 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Roma il 18/04/1978 avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma in data 04/11/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che il ricorrente è stato ammesso alla richiesta trattazione orale in presenza; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni con le quali il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; udita la discussione degli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di COGNOME NOME i quali si sono associati alle conclusioni del Sostituto Procuratore generale chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’attuale
ricorrente avverso l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Roma in data 07/10/2024 nei confronti di COGNOME Fabrizio, indagato dei delitti di cui agli artt. 416 cod. pen. (capo a), 110 cod. pen. e 8, co. 2, D.I.vo 74/2000 (capo b); 110, 648 bis cod. pen. (capo c) e 110 cod. pen. e 166, co. 1, lett. a) e c) D.I.vo 58/98( capo d).
Il Tribunale ha ritenuto provata, a livello di gravità indiziaria, l’esistenza di associazione per delinquere radicata in Roma di cui facevano parte oltre all’odierno ricorrente, COGNOME Fabio e COGNOME NOME, quest’ultimo con il ruolo di promotore e organizzatore, volta a commettere una serie di reati di natura tributaria e riciclaggio, mediante la creazione di società di comodo, reclutando e gestendo in comune conti correnti bancari e portafogli virtuali per investimenti.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, tramite i difensori, affidandolo ai seguenti motivi:
2.1. Inosservanza dell’art.309, comma 10, cod. proc. pen. per omessa declaratoria della perdita di efficacia della misura dovuta a violazione dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen.
Assume la difesa che il Tribunale del riesame non avrebbe rilevato che, a causa della mancata trasmissione nei termini di cui all’art. 309 comma 5 cod. proc. pen., degli allegati da 1 a 85 all’informativa del 29/07/2024, funzionali all’applicazione della misura cautelare (non rinvenuti dalla difesa nel fascicolo trasmesso dalla Procura), l’ordinanza che ha disposto la misura ex art. 309, comma 10, cod. proc., era divenuta inefficace.
A sostegno di tale motivo i difensori del ricorrente hanno tempestivamente depositato una memoria con la quale segnalano che lo stesso Tribunale del Riesame con ordinanza del 05/02/2025, adottata nell’ambito del procedimento cautelare reale relativo a COGNOME NOME, madre di COGNOME, terza interessata, ha confermato la tesi difensiva e cioè che gli allegati da 1 a 85 all’informativa del 29/07/2024, non erano presenti nel fascicolo TIAP NUMERO_DOCUMENTO non procedendo, tuttavia, alla loro materiale acquisizione perché ritenuti irrilevanti ai fini d decisione sul terzo interessato.
2.2. Contraddittorietà e mancanza della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Assume la difesa che il Tribunale ha ritenuto provata la partecipazione di COGNOME al sodalizio criminoso confondendo la sua posizione con quella degli altri due indagati: COGNOME e COGNOME. Difatti, né dalle dichiarazioni di NOME NOME COGNOME né da quelle di COGNOME sarebbe possibile identificare COGNOME come prestanome di COGNOME; irrilevante sarebbe, poi, la circostanza che presso la ditta individuale di COGNOME, fosse stata rinvenuta una cartellina con il nome “NOME” trattandosi di documenti relativi a società non riferibili all’indagato;
ancora, il Tribunale sarebbe caduto in contraddizione laddove, da un lato, ha ritenuto che COGNOME e COGNOME, fossero in contatto sin dal 2018 e dall’altro che COGNOME era divenuto socio di COGNOME nel 2022. Anche il messaggio del 20/12/2022, inviato da COGNOME a COGNOME, con cui il primo sollecitava il secondo a creare un canale riservato, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza, dimostrerebbe l’estraneità di COGNOME al sodalizio criminale.
2.3. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale avrebbe ravvisato il pericolo di inquinamento probatorio considerando conversazioni affatto conducenti poiché in tali interlocuzioni, Falcone si limitava ad invitare i presunti clienti a movimentare somme non superiori alle soglie antiriciclaggio.
2.4. Quanto al pericolo di reiterazione del reato la difesa ne evidenzia l’insussistenza poiché, tanto la condotta posta in essere (senza avvalersi di prestanome), quanto la personalità del ricorrente invero gravata da precedenti assai risalenti nel tempo, rivelerebbero l’assenza di pervicacia criminale sicchè maggiormente adeguata sarebbe stata la misura degli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In ricorso va rigettato per essere i motivi infondati.
Con riferimento al primo motivo rileva il Collegio che la mancata trasmissione degli atti al Tribunale del riesame, quale causa di inefficacia della ordinanza cautelare ai sensi dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., non è provata.
2.1. La difesa deduce che la Procura non avrebbe trasmesso al Tribunale del Riesame gli allegati da 1 a 85 all’informativa della P.G. datata 29/07/2024, non avendoli rinvenuti, né nel fascicolo informatico (TIAP), né nel fascicolo cartaceo.
Ed invero, l’ordinanza impugnata dà atto che la Procura con nota del 24/10/2024 ha trasmesso al Tribunale del riesame, sia l’informativa del 29/07/2024, sia i relativi allegati da 1 a 85 (TIAP fascicolo 18772645).
Non risulta che il ricorrente abbia formalmente richiesto alla Cancelleria del Tribunale del riesame di accedere al fascicolo ovvero di verificare l’integrale trasmissione degli atti, prima della trattazione dell’udienza di riesame; emerge piuttosto che solo in data 16/12/2024 e cioè successivamente alla celebrazione dell’udienza camerale, tenutasi il 04/11/2024 la difesa, preso atto del contenuto dell’ordinanza, abbia inteso verificare ex post l’avvenuta trasmissione.
A quel punto la Cancelleria del Tribunale con nota del 17/12/2024 pertinentemente segnalava che tutti gli atti, con i relativi allegati, potevan essere consultati presso la Segreteria del P.M. poiché una volta concluso il
procedimento incidentale, era possibile visionare il fascicolo del riesame in formato cartaceo, mentre gli atti in formato digitale venivano oscurati.
Tanto premesso nessun rilievo può essere attribuito, al fine di dimostrare la mancata trasmissione degli atti, alla circostanza che, dopo l’udienza camerale, gli allegati non si trovavano nel fascicolo del riesame, trattandosi di verifica estranea al procedimento di controllo cautelare.
2.2. Osserva, poi, il collegio che la censura difensiva non coglie nel segno nemmeno se si considera il contenuto dell’ordinanza cautelare adottata dal Tribunale del riesame nei confronti COGNOME NOMECOGNOME
In disparte la considerazione che trattasi di decisione che non investe il ricorrente, ma un terzo interessato e che il riesame ha avuto ad oggetto una misura cautelare reale e non personale con la conseguenza, per il Tribunale, di dover valutare gli atti aeconct9 in relazione ai diversi presupposti che sovrintendono all’adozione delle differenti misure cautelari, osserva il Collegio che il provvedimento allegato non dimostra affatto la fondatezza della tesi difensiva. Il Tribunale, infatti, ha rigettato l’eccezione volta ad ottenere un declaratoria di inefficacia della misura per mancata trasmissione degli allegati all’informativa di P.G. del 29/07/2024, osservando come la segreteria del P.M. avesse trasmesso copia integrale degli atti di indagine, tra i quali, oltre all’informativa, anche la copia di una busta contenente la scritta a mano “allegati da 1 a 85”; in forza di ciò la trasmissione degli allegati non poteva dirsi omessa, ma solo incompleta o difettosa ( cfr. pag. 3 dell’ordinanza del 15/01/2025) e dunque non poteva dirsi integrata la causa di inefficacia dell’ordinanza.
Il Tribunale del riesame, correttamente, ha richiamato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui “In tema di misure cautelari personali, non si verifica la perdita di efficacia della misura, ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., qualora la copia di uno degli atti, compreso nell’indice di quelli che la cancelleria del tribunale del riesame attesta come ricevuti a seguito di “caricamento” nel sistema cd. TIAP da parte del pubblico ministero, risulti non reperito o non leggibile, in quanto tale inefficacia deriva dalla sola “mancata” trasmissione e non anche dalla trasmissione “difettosa” (Sez. 2, n. 37780 del 05/10/2021, Rv. 282201; Sez. 3 43612 del 27/10/2022, n.m.; Sez. 5, n. 39013 del 27/06/2018, Rv. 273879).
2.3. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Va ricordato che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragi
giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556).
La cognizione della Corte di cassazione, infatti, è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rv. 285504).
Ebbene, lungi dal prospettare un vizio di legittimità, il ricorso finisce pe contestare il giudizio di gravità indiziaria, cui sono approdati i giudici del cautela che hanno ritenuto l’ipotesi accusatoria riscontrata nella ricostruzione della concreta vicenda fattuale.
Nel caso in esame i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo ed al riciclaggio, sono costituiti, anzitutto, dall’analisi dei conti correnti di NOME COGNOME e COGNOME dai quali emerge come attraverso una serie di società e prestanome, tra cui la ditta individuale e la società RAGIONE_SOCIALE Falcone, nelle annualità 2021 – 2023, sul conto corrente di COGNOME fossero confluiti, sotto forma di pagamenti per fatture inesistenti, versamenti in contanti e bonifici bancari, ingenti somme di denaro (oltre due milioni di euro) di provenienza illecita.
Il vincolo associativo e la natura riciclatoria delle movimentazioni finanziarie poste in essere anche dal ricorrente, è stata accertata sulla base del contenuto delle chat tra COGNOME e COGNOME (più volte richiamate a pagg. 5 e 11 dell’ordinanza impugnata), da cui sono state estrapolate anche immagini di appunti manoscritti, di contabili bancarie e di trasferimenti di denaro all’estero, che non lasciano spazio all’alternativa versione dei fatti propugnata dal ricorrente. Quest’ultimo, infatti, per provare l’illogicità della motivazione e quind la sua estraneità al sodalizio criminoso, invoca plurimi travisamenti (delle dichiarazioni di NOME NOME COGNOME e di COGNOME in relazione all’identificazione del ricorrente) deducendo un’erronea sovrapposizione di nomi e di ruoli che, a tutto voler concedere, esaminando il costrutto motivazionale dell’ordinanza, è inidonea ad inficiare la tenuta del provvedimento impugnato, basato decisamente su conversazioni/chat tra COGNOME e COGNOME e su documenti contenuti nella cartellina a nome “NOME“, dimostrativi della partecipazione attiva del ricorrente ai delitti contestati.
In sostanza, le condotte del ricorrente sono state legittimamente ritenute espressive di un’organica e sistematica interazione con gli altri associati e del conseguimento in suo favore di molteplici vantaggi (cfr. in particolare pagg. 13 e 14 dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale del riesame ha ritenuto il compendio indiziario indicativo di una piena consapevolezza del Falcone del contesto illecito in cui si era inserito e dell’intento di trarre vantaggi, grazie alla pianificazione e alla realizzazione di un complesso progetto criminoso, coinvolgente un numero elevato di società e di persone, diretto a commettere reati per finalità di indebito profitto, nonché ad avvalersi del contributo fiduciario di altri soggetti, parimenti intranei ad ambienti dediti condotte di frode e di evasione fiscale.
2.4 Corretta la motivazione anche con riferimento alle esigenze cautelari.
Il Tribunale ha ravvisato, sia il pericolo di inquinamento probatorio avuto riguardo alla chat in cui COGNOME sollecitava COGNOME ad avere un particolare canale di comunicazione, nell’intento di tenere segrete le loro comunicazioni, evidentemente riguardanti attività illecite; sia il pericolo di reiterazione del rea avuto riguardo alle modalità realizzative della condotta, alla personalità del soggetto ed al contesto strutturato e sistematico in cui era inserita la condotta di COGNOME e che lasciavano prevedere, in concreto, la commissione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede.
2.5. Il Tribunale ha motivato in maniera esauriente anche sulla impossibilità di applicare misure cautelari meno afflittive posto che, secondo i principi consolidati di questa Corte e condivisi da questo collegio, la suddetta adeguatezza deve essere valutata anche con riferimento alla prognosi di spontaneo adempimento da parte dell’indagato degli obblighi e delle prescrizioni che alla misura cautelare siano eventualmente collegati, rispetto al quale assume particolare rilievo la pericolosità dell’indagato (Sez. 6, n. 2852 del 02/10/1998, Rv. 211755); con riferimento ai criteri di scelta delle misure coercitive custodiali, l’inadeguatezz degli arresti domiciliari, in relazione alle esigenze di prevenzione di cui alli ar 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., può essere ritenuta quando la gravità del fatto, le motivazioni di esso e la pericolosità dell’indagato depongano per la propensione all’inosservanza delle prescrizioni, soprattutto nei casi, dove è apparso evidente il protrarsi di una condotta svolta con stabilità e professionalità e il collegamento tra gli indagati e con altri soggetti compiacenti (Sez. 2, n. 27272 del 17/05/2019, Rv. 275786).
Nella specie il Tribunale ha pertinentemente valorizzato la spregiudicatezza e la pericolosità specifica del ricorrente, non contenibile con gli arresti domiciliari nemmeno se accompagnati dal braccialetto elettronico, in quanto inidonei a recidere i collegamenti con soggetti compiacenti (cfr. pag. 15 dell’ordinanza).
3. Per tutte le ragioni esposte il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/03/2025