Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28021 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28021 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALMI il 12/06/1993
avverso l’ordinanza del 27/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME il quale si riporta alla memoria scritta e conclude per l’inammissibilità del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in difesa di COGNOME il quale insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame cautelare, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da COGNOME COGNOME avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma -Ufficio Gip che aveva disposto la misura della custodia in carcere in relazione ad alcune fattispecie di detenzione in concorso ai fini della cessione di sostanza stupefacente (indicate ai capi blb2-b6 della contestazione provvisoria), di acquisto in concorso (b4) e di partecipazione all’associazione per delinquere volta al traffico di sostanze stupefacenti in Roma, INDIRIZZO, quale componente dell’organizzazione su base familiare facente capo ai coniugi COGNOME, che gestiva una piazza di spaccio presso il comprensorio in cui si trovava la loro abitazione in INDIRIZZO
Confermava la gravità indiziaria in relazione alla prospettazione accusatoria sulla base di intercettazioni telefoniche ed ambientali, posizionamento di GPS, attività di osservazione e controllo, sequestri di stupefacente ed arresti, che avevano consentito di riconoscere a COGNOME NOME, figlia dei coniugi COGNOME un ruolo operativo all’interno della compagine familiare che dalla propria abitazione, con diramazioni operative, corrieri, sistema di videosorveglianza, fornitori abituali e occasionali, sistemi di consegna dello stupefacente, utenze dedicate, linguaggio criptico, allegorico e convenzionale, gestiva una piazza di spaccio nel quartiere INDIRIZZO, soddisfacendo le esigenze di una platea di consumatori fidelizzata e costante, con una assidua attività di smercio di stupefacenti di varia natura e, in particolare di cocaina. Attingendo al vasto panorama di intercettazioni, veniva lumeggiato il ruolo della ricorrente quale abituale referente nella preparazione dello stupefacente, nella vigilanza dell’area di spaccio, nel mantenere i contatti con il fornitore COGNOME nell’ausilio in svariati incombenti esecutivi e, in assenza del genitore COGNOME NOME, quale promotrice di iniziative volte a sopperire alla carenza di stupefacente da spacciare, ricorrendo ad alternativi canali di rifornimento in collegamento con il cugino NOME NOME.
Sotto diverso profilo il giudice del riesame, anche mediante integrazione della ordinanza cautelare con riferimento alla indicazione delle fonti intercettive, escludeva che lo smercio di stupefacenti da parte del consorzio familiare potesse essere ricondotto a singole ipotesi di concorso nel reato, ravvisando un profilo organizzativo e funzionale del sodalizio che travalicava l’accordo sinallagnnatico relativo ai singoli atti di cessione e
ravvisando nei vincoli familiari tra compartecipi l’espressione di una maggiore capacità di soddisfare, sotto il profilo funzionale, lo scopo immanente e proiettato nel futuro di tutti i compartecipi, e cioè di realizzare, con carattere di stabilità e indeterminatezza, una serie di reati concernenti il traffico di sostanza stupefacente. In ragione della consistenza quantitativa degli approvvigionamenti e della costanza e della ripetitività delle forniture, a fronte della incessante attività di cessione cui era dedita l’organizzazione su base familiare, mediante un puntuale controllo e una sistematica vigilanza sull’area di spaccio ove l’attività veniva svolta, il giudice distrettuale escludeva che l’associazione potesse essere sussunta ai sensi dellart.74 comma 6 dPR 309/90.
Le esigenze cautelari a carico della COGNOME erano ravvisate nella stabilità dell’apporto offerto all’associazione in esame, nella personalità delce’ prevenuta ricavata dall’assiduità e dalla costanza degli apporti forniti all’organizzazione, anche a seguito dell’arresto del genitore che era il principale coordinatore dell’attività illecita, nei collegamenti di primaria rilevanza con il settore del narco traffico romano, nella rilevante capacità di approvvigionamento e nelle indubbie capacità di soddisfare platee molto estese di soggetti anch’essi impegnati nella cessione di sostanza stupefacente, senza che fossero emersi elementi di recisione del vincolo associativo, ovvero di accertata resipiscenza nel corso delle indagini, così da ostacolare la operatività della doppia presunzione relativa di cui all’art.275, comma 4 r cod. proc. pen.
Veniva esclusa altresì la adeguatezza di una misura cautelare domiciliare, prospettata dalla difesa della parte ricorrente, presso un luogo di domiciliazione sito in Africo quanto ) dal complesso dell’attività investigativa, era emerso che lo COGNOME, che sovente si spostava in Calabria, ivi manteneva dei collegamenti con il mondo del narcotraffico.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di COGNOME NOMECOGNOME la quale ha articolato tre motivi di ricorso.
Con un primo motivo di ricorso denuncia difetto di motivazione per avere il Tribunale del riesame confermato il giudizio di gravità indiziaria in capo alla ricorrente quale partecipe all’associazione, contestando che dal complesso dell’attività investigativa potesse trarsi, con la gravità indiziaria richiesta per l’adozione della misura, la ricorrenza di una associazione dedita allo smercio di sostanza stupefacente, in ragione di una omessa esplicitazione delle ragioni in base alle quali, a fronte del materiale intercettivo richiamato, potesse essere ritenuta una ripartizione gerarchica
dei compiti, tenuto conto del carattere rudimentale dei presidi atti a scongiurare l’intervento delle forze dell’ordine, in costanza di un’attività di cessione che si esauriva nei pressi dell’abitazione familiare, dell’assoluta incertezza sulle fasi dell’approvvigionamento e del ruolo subalterno e ausiliario della ricorrente. Il ragionamento del giudice del riesame doveva ritenersi illogico nel valorizzare le risultanze delle intercettazioni telefoniche quale indice di appartenenza ad un gruppo organizzato, a fronte di un apporto saltuario e occasionale della RAGIONE_SOCIALE alle iniziative del capo famiglia, in assenza di un permanente e stabile accordo associativo.
4.1. Con una seconda articolazione del primo motivo assume violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla erronea applicazione dell’art.74 dPR 309/90 , per avere il Tribunale del Riesame escluso la riconducibilità dell’associazione alla fattispecie di cui al comma 6 con argomentazione apodittica, in quanto dagli elementi raccolti nel corso della indagine era emerso che l’attività criminosa realizzata dalla famiglia COGNOME risultava limitata sia sotto il profilo territoriale, in quanto inserita in un contesto in cui operavano altre, e più organizzate realtà criminali, sia sotto il profilo organizzativo e del giro di affari, in presenza di cessioni al minuto di singole o poche dosi, laddove dalle stesse risultanze delle intercettazioni emergeva il limitatissimo valore economico delle transazioni, il carattere rudimentale dell’organizzazione e la ripetitività delle transazioni concernenti modesti quantitativi di droga.
4.2. Con una seconda articolazione la difesa di COGNOME NOME assume difetto di motivazione con riferimento alla gravità indiziaria riconosciuta in relazione ai reati fine, laddove nessun apporto della COGNOME era possibile ravvisare in relazione alle forniture di cui ai capi B1 e B2, curate dal COGNOME senza alcun contributo della ricorrente, mentre in relazione al capo B4 la condotta della ricorrente, che aveva accompagnato la madre ad un appuntamento con un possibile fornitore, avrebbe dovuto essere qualificata come connivenza e in relazione al capo B6 non era dato ravvisare alcun concorso della ricorrente nella detenzione dello stupefacente di cui si era disfatta la madre all’atto dell’intervento delle forze dell’ordine presso l’abitazione familiare.
4.3. Con una terza articolazione deduce difetto di motivazione per avere il giudice del riesame riconosciuto concrete ed attuali esigenze cautelari t con motivazione incongrua 1 a fronte di condotte particolarmente risalenti laddove era stata valorizzata la mera presenza della COGNOME all’atto di una perquisizione presso l’abitazione familiare, successiva all’epoca di commissione dei reati, in cui era stato rinvenuto occultato ulteriore
stupefacente, così da addebitarle la permanenza in un contesto di illiceità, trascurando elementi del tutto favorevoli alla ricorrente, quali l’incensuratezza, la giovane età, il carattere gregario ed ausiliario della eventuale partecipazione all’associazione e l’esistenza di una concreta opportunità che la COGNOME venisse collocata agli arresti domiciliari in Africo, ipotesi che era stata esclusa con argomenti del tutto ipotetici e congetturali che attenevano a possibili collegamenti del genitore con ambienti della malavita calabrese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso risulta infondato nel suo complesso e deve essere rigettato.
Va ricordato, in proposito che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, ovvero che propongano una diversa ricostruzione dei fatti reato, da ritenersi maggiormente convincente e plausibile. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; Sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.COGNOME Rv.255460).
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza appare coerente con risultanze investigative e privo di illogicità evidenti in quanto il giudice del riesame da un lato ha evidenziato le caratteristiche dell’associazione riconducibile ai coniugi RAGIONE_SOCIALE operante nel quartiere INDIRIZZO di Roma /
descrivendone la operatività sulla base di una serie di spunti investigativi (intercettazioni, OPG, geolocalizzazioni, sequestri, arresti, individuazioni e riconoscimenti) e t dall’altro i ha ravvisato la partecipazione della ricorrente al sodalizio, su base familiare, in ragione dei contributi forniti nell’attività di preparazione dello stupefacente, nella costante verifica e bonifica della piazza di spaccio, nell’attuazione degli ordini impartiti dal genitore, nel collegamento con il fornitore COGNOME in occasione dell’incontro dinanzi al centro commerciale RAGIONE_SOCIALE di cui al capo b4, nel mantenimento dei collegamenti con diversa articolazione operante nel medesimo contesto territoriale n cui faceva parte il cugino NOME, nella ricerca di nuove fonti di approvvigionamento in assenza del genitore per consentire la prosecuzione dell’attività illecita.
A tale proposito va precisato che la motivazione dell’ordinanza impugnata è molto accurata nel delineare la operatività della struttura associativa su base familiare, caratterizzata dal coordinamento del padre della ricorrente, con diramazioni operative, corrieri, sistemi di videosorveglianza, fornitori abituali e occasionali, sistemi programmati di consegna dello stupefacente, utenze dedicate alla vendita, linguaggio criptico, allegorico e convenzionale, che gestiva una piazza di spaccio nel quartiere Laurentino INDIRIZZO, soddisfacendo le esigenze di una platea di consumatori fidelizzata e costante, con una assidua attività di smercio di stupefacenti di varia natura e, in particolare / di cocaina. Sotto diverso profilo ha logicamente rappresentato come i contributi forniti dalla ricorrente all’attività associativa (stoccaggio, preparazione, vendita, intermediazione dello stupefacente, vigilanza sull’area di spaccio), fosse tutt’altro che occasionale e modesta ma che, al contrario, risultava vitale per il mantenimento dell’associazione e per la prosecuzione dell’attività associativa, tenuto altresì conto della stabilità del sodalizio, dell’interscambio dei ruoli, del collegamento continuo tra sodali e Al numero dei reati fine, pienamente compatibile con una organizzazione ristretta fondata su rapporti solidaristici su base familiare (Sez.5, n.6782 del 16/01/2015, Amante Rv.262733), in cui i vincoli familiari non escludono ma addirittura sono in grado di rafforzare il vincolo associativo tra i componenti (Sez.2, n.49007 del 16/09/2014, lussi e altri, Rv.261426; Sez.3, n.48568 del 25/02/2016, COGNOME, Rv.268184).
2.1. A fronte di tali corrette valutazioni sotto il profilo logico giuridico la ricorrente contrappone censure meramente avversative che si limitano a delineare i principi generali che presidiano il ragionamento induttivo su base indiziaria e a contrastare le conclusioni delle valutazioni operate dal
Tribunale del Riesame senza proporre una critica analisi censoria agli argomenti dallo stesso addotti. La censura si presenta pertanto inammissibile.
Infondata risulta altresì la doglianza, contenuta nella seconda articolazione del primo motivo di ricorso, volta a contestare la qualificazione giuridica della contestazione di partecipazione della RAGIONE_SOCIALE all’associazione riconducibile ai coniugi COGNOMERAGIONE_SOCIALECOGNOME (di cui si assume debba riconoscersil sussunzione sotto il paradigma di cui all’art.74, comma 6 dPR 309/90).
3.1. Sotto un primo profilo la ricorrente risulta priva di interesse ad una riqualificazione giuridica nella presente fase cautelare, in quanto pure a riconoscere la ipotesi di cui all’art.74,, comma 6,dPR 309/90, risulterebbero comunque presenti le condizioni di cui agli artt.273 e 280 cod. proc. pen. ai fini dell’adozione della misura cautelare custodiale, né risulterebbero modificati i termini di durata della misura in corso (sez.6, n.10941 del 15/02/2017, Leocata, Rv.269783; n.41003 del 7/10/2015, COGNOME, Rv.269783; Sez.6, n.46387 del 24/0/2023, COGNOME, Rv. Rv.285481).
3.2. Sotto diverso profilo la censura risulta manifestamente infondata in quanto generica e priva di confronto con gli argomenti indicati dal giudice del riesame il quale ha escluso che il sodalizio si prefiggesse un programma criminoso limitato all’attività di piccolo spaccio, in ragione della gestione di una piazza di spaccio, dell’esistenza di plurimi canali di rifornimento di cui il principale era quello del LORI, ma che aveva cointeressenze anche in ulteriori realtà criminali svolte in forma associativa (IARIA) e collegamenti con il mondo del narco traffico calabrese, la cui attività di spaccio era incessante e non sempre limitata a dosi da strada e i cui rifornimenti, come quello sequestrato in occasione dell’arresto del ROSI, risultavano frequenti e consistenti. La motivazione dell’ordinanza impugnata si muove nel solco della giurisprudenza di legittimità sul punto(Sez. 6, n.1642 del 09/10/2019, PG C/Degli COGNOME, Rv.278098- 01; Sez. 3 -n. 44837 del 06/02/2018, COGNOME, Rv. 274696 – 01) e risulta priva di vizi giuridici, da cui consegue l’inammissibilità della relativa doglianza.
Il secondo motivo di ricorso, volto a contestare di illogicità la motivazione dell’ordinanza impugnata in punto di gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati fine, è inammissibile in quanto in fatto, non risulta scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, meramente avversativo delle logiche argomentazioni poste a fondamento della decisione e privo della puntuale
enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). La ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione del Tribunale del riesame la quale ha adeguatamente motivato, nel rispetto degli standard probatori richiesti per la presente fase cautelare, il contributo fornito dalla COGNOME nelle cessioni di cui ai capi B1 e B2, materialmente eseguite dal correo COGNOME l’essenziale partecipazione della COGNOME alla organizzazione e alla attuazione dell’approvvigionamento in epoca antecedente e coeva alla fornitura (29 settembre 2021) da parte del COGNOME, segnalando al padre la carenza di stupefacente da spacciare e poi assumendo l’incarico di consegnare al fornitore il corrispettivo della fornitura (capo B4), nonché di riconoscere la codetenzione dello stupefacente rinvenuto all’interno dell’abitazione in occasione della perquisizione avvenuta in data 8 ottobre 2022 (capo B6).
5. Infondato è infine il motivo di ricorso concernente la sussistenza di esigenze cautelari tali da giustificare l’adozione della misura cautelare in carcere. Del tutto corretto è infatti l’apprezzamento sviluppato in ordine sia alla concretezza sia all’attualità delle esigenze cautelari, in linea con il novum introdotto dalla legge n. 47 del 2015 sul disposto della lettera c) dell’articolo 274 c.p.p. Come è noto, l'”attualità” dell’esigenza cautelare non costituisce un predicato della sua “concretezza”. Si tratta, infatti, di concetti distinti, legati l’uno (la concretezza) alla capacità a delinquere del reo, l’altro (l’attualità) alla presenza di occasioni prossime al reato, la cui sussistenza, anche se desumibile dai medesimi indici rivelatori (specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato), deve essere autonomamente e separatamente valutata, non risolvendosi il giudizio di concretezza in quelle(di attualità e viceversa. Il Tribunale, difatti, anche circa il presupposto dell’attualità, lungi dall’aver posto alla base della valutazione in merito alle esigenze cautelari il mero richiamo alla gravità dei reati per cui si procede, ha sul punto argomentato non solo in ragione della doppia presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, ultima parte,. operante con riferimento al capo d’incolpazione relativo al delitto associativo e esplicitamente ritenuta non vinta dalla difesa, ma anche in considerazione del ritenuto attuale inserimento della SCARCELLA in circuiti criminali
connessi al traffico di stupefacenti e dal pericolo di recidiva desunto dal fatto che la COGNOME ha continuato ad operare nel contesto criminale in cui si era sviluppata l’attività illecita anche in epoca successiva all’arresto del genitore COGNOME NOME, come il tribunale del riesame ha desunto dall’esito delle, perquisiziontdell’ottobre 2022, che portò al rinvenimento di sostanza stupefacente di tipo cocaina nella camera da letto della ricorrente, la quale avrebbe dovuto sottostare alla misura cautelare del divieto di dimora cui era stata sottoposta e anche in epoca successiva (in data 2 febbraio 2023) allorquando l’abitazione familiare era stata sottoposta ad ulteriore perquisizione con rinvenimento di stupefacente occultate’ nei termosifoni, che evidenziava l’esistenza di un’attività di spaccio ancora in essere.
5.1. Il giudice del riesame ha pertanto rispettato i principi formulati dalla decisione della Corte Costituzionali in relazione all’operatività della presunzione di cui all’art.275, comma 3, cod.proc.pen., evidenziando le ragioni da cui ha desunto un’alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie (contesto criminoso associativo, collegamenti con il settore del narco traffico, reiterazione di condotte criminose della stessa specie anche in epoca successiva a quella di accertamento dei fatti, trasgressione a misura cautelare non detentiva) ma, nel contempo, non ha certo trascurato il decorso del tempo tra la misura e i fatti sub iudice, evidenziando come la misura sia stata emessa dopo neppure un anno e mezzo dall’epoca in cui la struttura associativa era ancora operante (anni 2021-2022). In questa prospettiva, risulta evidente che le doglianze appaiano generiche e prive di confronto con la motivazione della ordinanza impugnata. Il giudice del riesame ha rispettato pertanto l’obbligo motivazionale di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto sussistere una alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie, così da riconoscere una prossima, seppure non imminente, occasione di delinquere (sez.3, 24.4.2018, COGNOME, Rv.273674.01; sez.5, 29.11.2018, Avolio, Rv.277242.01; sez.5, n.12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv.282991). L’ordinanza impugnata ha precisato che, in tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reatifine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la
mera recisione del vincolo non è di per sé idonea a consentire il superamento della presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari
di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. (sez.3, n.16357, del 12/01/2021,
PMT c. COGNOME, Rv.181293-01; sez.6, n.5327 del 28/11/2023 n.m.; sez.4, n.3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv.280243-01). Il motivo di ricorso va
pertanto disatteso.
Al contempo il Tribunale del riesame ha logicamente escluso la adeguatezza di una misura cautelare domiciliare nel comune di Africo, in ragione della
inidoneità del domicilio indicato come luogo di esecuzione della misura, anche in considerazione delle cointeressenze criminose vantate dalla
famiglia COGNOME in tale contesto territoriale, come erano emerse dal complesso delle intercettazioni in atti.
6. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
4.
1-ter, crei ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma
disp.
att./coord./trans. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagata trovasi ristretto,, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.