Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12720 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12720 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 01/08/1999
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del PG, in persona della sostituta NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
sentito l’avv. NOME COGNOME del foro di ROMA, per delega dell’avv. NOME COGNOME del foro di CALTANISSETTA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Caltanissetta, con ordinanza del 14 novembre 2024, dichiarata la perdita di efficacia della misura cautelare applicata a Monday COGNOME, in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, a far data dal 15 novembre 2024, ha applicato allo stesso la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza con ulteriori prescrizioni.
Con provvedimento del 12 dicembre 2024 il Tribunale di Caltanissetta ha confermato l’ordinanza con la quale era stata applicato l’obbligo di dimora.
Avverso il suddetto provvedimento è stato proposto ricorso nell’interesse dell’Aigbogun affidandolo a due motivi.
3.1. Con il primo si deduce la violazione di legge e, in specie, degli artt. 291 e 178 lett. b) cod. proc. pen. i rilevando che la richiesta del P.M. di applicazione della misura, non esplicitava gli elementi su cui si fondava e che, per quanto l’art. 291 cod. proc. pen. non fornisca direttamente univoche indicazioni, queste sarebbero desumibili dall’art. 292 cod. proc. pen. laddove vengono descritti i requisiti delle ordinanze con le quali il giudice dispone la misura. Dal che discende, secondo la difesa,che struttura analoga dovrà avere la richiesta del P.M ,che dovrà essere precisa e dettagliata.
3.2. Con il secondo motivo si deduce il difetto di motivazione del provvedimento impugnato dal quale non si ricavano gli elementi sulla scorta dei quali è stato tratto il convincimento circa l’attualità e concretezza delle esigenze cautelarl i considerato, peraltro, il lungo periodo di detenzione patito e, per di più, senza che gli fossero stati trasmessi gli atti.
All’udienza il P.G., in persona della sostituta NOME COGNOME, si è riportata alle conclusioni scritte con le quali aveva chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. L’avv. NOME COGNOME del Foro di Roma, in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME del Foro di Caltanissetta ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è Siato manifestamente infondato.
Deve essere innanzitutto premesso che il ricorrente ripropone i medesimi motivi già prospettati dinanzi al Tribunale in sede cautelare che ha fornito adeguata replica a entrambe le doglianze.
Con il primo motivo la difesa “attacca” la richiesta/parere del Pubblico Ministero ritenendo che la stessa non possa essere intesa quale domanda di applicazione di nuova e diversa misura, con conseguente nullità del provvedimento applicativo delle misure alternative previste dall’art. 307 cod. proc. pen.
Sul punto, il Tribunale di Caltanissetta, in sede cautelare, richiamando giurisprudenza di questa Corte (Sez. 4 n. 25086 del 12/05/2021),ha argomentato che la richiesta del Pubblico Ministero di applicazione della diversa misura, in luogo di quella dichiarata estinta, non richiede formule sacramentali e può essere espressa anche in forma di parere sempre che lo stesso espliciti una richiesta in tal senso.
La motivazione che il Tribunale ha reso sul punto, nell’ordinanza impugnata è del tutto congrua e priva di errori di diritto oltre che aderente ai principi sanciti questa Corte di legittimità.
Invero, la richiesta di modifica del titolo cautelare era stata ritualmente formulata dal P.M. ed era stato rispettato, dunque, il principio della domanda previsto dall’art. 291 cod. proc. pen. , la cui mancanza integra una nullità di ordine generale ex art. 178 co 1, lett. b) cod,. proc. pen, principio valevole in ogni fase del procedimento e, quindi anche con riferimento alle misure cautelari applicabili ai sensi dell’art. 307 cod. proc. pen.
4. Del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
Dispone l’art. 307, co. 1 ) cod. proc. pen. che nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza dei termini il giudice dispone le altre misure di cui ricorrano i presupposti se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare. Prosegue norma, al comma 1 bis, specificando che «qualora si proceda per taluno dei reati indicati nell’art. 407, co. 2, lett. a) il giudice disp le misure cautelari indicate dall’art. 281, 282 e 283 anche cumulativamente».
E’ quanto è avvenuto nel caso di specie dato che, come compiutamente si dava atto nel provvedimento adottato dal Tribunale di Caltanissetta, il ricorrente era chiamato a rispondere anche del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90.
In tale prospettiva il ricorrente è stato considerato, sulla base di una valutazione di merito non sindacabile in questa sede, inserito in un contesto criminale di narcotraffico come tale ancora pericoloso e, quindi, meritevole di misura, sia pure non custodiale, al fine di potere, proprio in virtù del tito cautelare, garantire un controllo sulla persona del ricorrente contenendone la libertà di movimento e assicurando la possibilità di un controllo quotidiano per fronteggiare le esigenze cautelari relative al pericolo di reiterazione di reati.
Si tratta di valutazione in linea con il risalente ma sempre attuale principio espresso da questa Corte di legittimità secondo cui la permanenza delle ragioni
giustificatrici della custodia cautelare, che costituiscono condizione, ai sensi dell’art. 307, co. 1, cod. proc. pen. per l’applicazione di altre misure nei confront dell’imputato scarcerato per decorrenza termini, non implica che le esigenze cautelari a suo tempo poste alla base del provvedimento applicativo della custodia siano rimaste assolutamente immutate, dovendosi al contrario ritenere sufficiente che esse siano ancora comunque di rilevanza /01-alelétfIsto – dia, , , l’apPlicazione di diverse e meno gravose misure (sul punto, v. Sez. 5 n. 22803 del 18/02/2021),
5. Giova i in ogni caso, ricordare che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di applicazione di altre misure cautelari nei confronti dell’indagato scarcerato per decorrenza dei termini, l’inciso contenuto nell’art. 307 c.p.p., comma 1, che consente l’adozione di misure sostitutive “solo se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare”, va interpretato nel senso di ricomprendere tanto l’ipotesi di permanenza delle originarie esigenze tanto quella di sopravvenienza di nuove esigenze, intervenute alla stessa data della scarcerazione o in epoca successiva ( Sez. 6^, 10/04/2002, n. 20897, Rv. 222034; Conf. Sez. 6, n. 26458 del 12/03/2014, Rv. 259975; Sez. 3^, 11/07/2013, n. 42359, Rv. 256853; Sez. 3 n. 16053 del 26/02/2019 Rv. 275398). L’art. 307 c.p.p., comma 1, prima delle modifiche apportate con il D.L. n. 341 del 2000, convertito nelle L. n. 4 del 2001, faceva riferimento alla “permanenza” delle ragioni giustificative della custodia cautelare, tuttavia la diversa formulazione, sostituendo il concetto di “permanenza” con quello più generico di “sussistenza”, deve comunque essere interpretato in senso estensivo, come riferito all’accertamento di una situazione di fatto che imponga, al pari di quella iniziale, una tutela cautelare, sia pure assicurabile, stante la scadenza del termine della custodia, solo mediante misure attenuate e questo sia nell’ipotesi della persistenza, all’atto della scarcerazione, delle medesime esigenze originarie, sia in quella della sopravvenienza di esigenze diverse, intervenute alla stessa data di tale provvedimento ovvero in epoca anche successiva. In ogni caso, l’ipotesi della persistenza delle ragioni non può essere intesa nel senso rigoroso cui fa riferimento il ricorrente, secondo cui devono sussistere le “medesime e identiche esigenze” che avevano determinato la custodia. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tali osservazioni rendono priva di pregio la tesi, sostenuta dal ricorrente, secondo cui l’art. 307 c.p.p., comma 1, richiederebbe la completa identità del quadro cautelare pregresso interamente e complessivamente inteso rispetto allo scenario cautelare ravvisabile al momento della scadenza dei termini di fase.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dall’imputato,
segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna oltre che al pagamento delle spese del procedimento, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero (cfr. C. Cost. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso in data 25 febbraio 2025