Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27481 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27481 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a Brescia il 10/08/1969
avverso l’ordinanza del 14/03/2025 del Tribunale di Milano, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata ;
udito il difensore presente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l ‘ accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Il Giudice per le indagini preliminari di Milano applicava a NOME COGNOME la misura degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza (a) in ordine alla sua partecipazione ad una associazione a delinquere funzionale alla consumazione seriale di truffe, consistite nell ‘ottenimento di finanziamenti attraverso l’utilizzo di società di comodo, poi reinvestiti con condotte di riciclaggio ed autoriciclaggio (il ruolo del COGNOME era quello di agevolare le pratiche di finanziamento essendo lo stesso un funzionario della ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ con mansioni di ‘ Area manager ‘ ), (b) in ordine alla consumazione di tre truffe, reati-fine della contestata associazione.
La difesa del COGNOME ha proposto una istanza di riesame che il Tribunale di Milano respinto con l ‘ ordinanza impugnata, con la quale è stata confermata la sussistenza sia del quadro indiziario che di quello cautelare; il Tribunale riteneva inoltre legittima la posticipazione dell’interrogatorio di garanzia ritenendo corretta la valutazione del Giudice per le indagini preliminari circa la sussistenza del pericolo inquinamento probatorio.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione (le cui ragioni venivano ribadite con memoria) i difensori di NOME COGNOME che deducevano:
2.1. violazione di legge (art. 291, comma 1quater, cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione in ordine alla mancata effettuazione dell’interrogatorio di garanzia in via preventiva: non sarebbe evincibile dagli elementi raccolti il ‘ pericolo di inquinamento probatorio ‘ tenuto conto (a) che nel novembre del 2024 era stata eseguita un’ordinanza che aveva applicato delle misure cautelari personali agli altri partecipi all’associazione, (b) che le truffe sarebbero state consumate nel 2022 e nel 2023, dunque in un periodo risalente rispetto all ‘ applicazione della misura, (c) che non sarebbero rilevanti i rapporti intrattenuti dal COGNOME con NOME COGNOME persona estranea alle indagini, (d) che la buona fede del ricorrente emergerebbe dal fatto che egli, dopo aver incontrato il COGNOME, aveva contattato il superiore NOME COGNOME raccontandogli senza reticenze il contenuto della conversazione (la mancanza di visibile preoccupazione manifesterebbe un comportamento incompatibile con la volontà di inquinare le prove), (e) che la telefonata intercorsa nel maggio del 2024 tra il Portesani ed il Savio non dimostrerebbe un attuale pericolo di inquinamento probatorio, dato che la conversazione sarebbe relativa a notizie su indagini diverse da quelle relative al presente procedimento.
In sintesi, si deduceva che la posticipazione dell’interrogatorio sarebbe illegittima, con violazione del diritto al contraddittorio preventivo;
2.2. violazione di legge (art. 274 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: non sarebbe stato dimostrato il pericolo di reiterazione; nel dettaglio si allegava (a) che le truffe erano state commesse nel 2022 e nel 2023, dunque in un periodo risalente rispetto all’applicazione della misura, (b) che l’associazione a delinquere era stata smantellata in seguito all’esecuzione di una ordinanza cautelare, (c) che il Franchi sarebbe estraneo alle indagini, sicché i rapporti con lo stesso non avrebbero potuto essere ritenuti indicativi di alcun pericolo cautelare, (d) che NOME COGNOME era un superiore gerarchico del COGNOME, sicché i rapporti con lo stesso sarebbero fisiologici e non indicherebbero alcun coinvolgimento nell ‘ associazione, (e) che il COGNOME, persona con un ruolo di rilievo nell’ambito dell’organizzazione contestata, si trovava in carcere, (f) che il COGNOME era stato sospeso dalla banca dove lavorava e dunque non avrebbe potuto consumare reati della stessa specie di quelli per cui si procede.
Infine, si contestava la mancata valutazione della possibile capacità contenitiva di una misura meno afflittiva;
2.3. violazione di legge (art. 273 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza della gravità gravi indizi di colpevolezza: si deduceva che la chiamata in correità del COGNOME, sarebbe de relato e non confermata da fonte primaria e, dunque, insufficiente ad indicare i gravi indizi di colpevolezza, tenuto conto dell’assenza di conferme esterne al dichiarato, tali non potendo considerarsi le generiche dichiarazioni dello COGNOME.
Si allegava inoltre che (a) il COGNOME non conoscerebbe alcun persona, diversa dal COGNOME, appartenente al presunto sodalizio, (b) che il profitto che il COGNOME avrebbe ricavato dall’attività illecita sarebbe irrisorio rispetto a quello lucrato dai coindagati, (b) che il denaro ricevuto sarebbe tracciabile, (d) che non avrebbe dovuto essere valorizzata scelta del ricorrente di non rispondere in sede di interrogatorio, (e) che non sarebbe stata individuata alcuna specifica alterazione di documenti, né alcuna produzione di documentazione falsa, (f) che il COGNOME non avrebbe avuto alcun potere di delibera.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso che deduce l ‘illegittimità della posticipazione dell ‘interrogatorio di garanzia è infondato .
1.1.In primo luogo il Collegio rileva che l ‘ illegittimità della posticipazione dell ‘ atto non è stata dedotta nel corso dell ‘ interrogatorio con conseguente sanatoria dell ‘ ipotetico vizio.
Invero l ‘ illegittimità della posticipazione dell ‘ interrogatorio integra una lesione del diritto di difesa, e, segnatamente del diritto al contraddittorio preventivo, che genera una nullità generale a regime intermedio, che si ritiene sanata – secondo quanto previsto dagli artt. 178, comma 1, lett. c) e 183 cod. proc. pen. – se non dedotta nel corso della prima occasione processuale utile, che, nel caso in esame, è proprio l ‘ udienza per lo svolgimento dell ‘ interrogatorio di garanzia (in questo senso la notizia di decisione n. 8 del 2025 della Seconda sezione penale).
1.2. In secondo luogo, il Collegio osserva che, contrariamente a quanto dedotto, non si rileva alcun difetto in ordine alla rilevazione del pericolo di inquinamento probatorio, che risulta identificato con motivazione che non si presta ad alcuna censura.
Il Tribunale ha infatti confermato le valutazioni in ordine alla sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio già effettuate dal Giudice per le indagini preliminari dando atto che il COGNOME, dopo avere appreso delle indagini a suo carico aveva iniziato ad attuare misure di prudenza volte ad eluderle come, ad esempio, l’evitamento dell’uso del cellulare.
In tale prospettiva il Tribunale ha richiamato sia alcuni messaggi telematici risalenti al 31 gennaio 2024, sia l’incontro avvenuto il 2 gennaio 2025 presso un bar di Brescia con il Franchi.
Peraltro le allegazioni difensive volte a contestare la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio si configurano come meramente reiterative rispetto a quelle già proposte con la richiesta di riesame e disattese dal Tribunale con motivazione accurata ed esaustiva, che non si presta a censure in questa sede.
In conclusione, si ritiene che nessun vizio logico sia rinvenibile nel percorso motivazionale tracciato dal Collegio di merito che ha ritenuto che il COGNOME, consapevole delle indagini in corso, avesse attuato misure prudenziali e di protezione funzionali a coprire la sua azione diretta alla riorganizzazione dell ‘ attività illecita, come emergeva peraltro, con particolare chiarezza, dall ‘ intercettazione del suo colloquio con il COGNOME (pagg. 13 e 14 dell ‘ ordinanza impugnata).
E ‘ infondato anche il secondo motivo con il quale si contestala legittimità della motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui identifica la sussistenza del pericolo di reiterazione e contesta la valutazione in ordine all ‘ adeguatezza della misura imposta.
2.1.Invero la censura si risolve nella richiesta di rivalutazione della capacità dimostrativa degli elementi di prova posti a fondamento della valutazione in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare, senza che siano stati identificati vizi logici manifesti e decisivi del percorso motivazionale posto a sostegno della valutazione in ordine al pericolo rilevato.
Contrariamente a quanto dedotto, il Tribunale, con motivazione accurata ha rilevato che, per quanto il COGNOME fosse incensurato e socialmente inserito, lo stesso avesse messo a disposizione le proprie competenze per il perseguimento di un articolato programma criminale perdurante nel tempo e caratterizzato da una attitudine imprenditoriale e dalla volontà di generare elevati profitti. Tali condotte risultavano perduranti in quanto risalenti e reiterate, il che rendeva infausta la prognosi in ordine al pericolo di reiterazione, che si configurava anche ‘ attuale ‘ , tenuto conto delle modalità della condotta e degli obiettivi raggiunti dal sodalizio criminale nel quale lo stesso era inserito
2.2. Infine la valutazione delle modalità della condotta della dedizione del ricorrente all ‘ attività criminosa inducevano il Tribunale con motivazione che, anche in questo caso, non si presta ad alcuna censura a ritenere che non potesse essere applicato un presidio cautelare meno afflittivo degli arresti domiciliari.
Il Collegio condivide, sul punto, la giurisprudenza della Corte di cassazione secondo cui l’art. 275 cod. proc. pen. attribuisce al giudice poteri discrezionali assai estesi nella scelta delle misure cautelare da applicare all’indiziato. Egli, infatti, deve tener conto – al riguardo – della specifica idoneità della misura, che intende applicare, a soddisfare nel caso concreto le esigenze cautelari. Il legislatore non ha, però, inteso attribuire al Giudice una
discrezionalità assoluta e la formulazione del giudizio di proporzione ed adeguatezza della misura cautelare prescelta e le esigenze da soddisfare è incensurabile, in sede di legittimità, se sorretta da adeguata motivazione, immune da vizi logico- giuridici (Sez . 1, n. 3492 del 22/10/1990, Rv. 185922). La disposizione contenuta nel comma terzo dell’art. 275 cod. proc. pen. non pone infatti a carico del giudice l’obbligo di offrire l’analitica dimostrazione della inadeguatezza di ogni misura diversa da quella restrittiva in carcere; ne consegue che deve ritenersi assolto l’onere motivazionale, allorché venga dimostrato che l’unica misura adeguata ad impedire la prosecuzione dell’attività criminosa sia la permanenza in carcere, rimanendo così superata ed assorbita la dimostrazione della inadeguatezza di misure cautelari meno afflittive.
Anche l ‘ ultimo motivo di ricorso che contesta la valutazione in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria non è fondato.
3.1. In via preliminare il Collegio riafferma che la chiamata in correità o in reità de relato , anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, può avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilità penale dell’accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purché siano rispettate le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilità soggettiva di ciascun dichiarante e dell’attendibilità intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificità, della coerenza, della costanza, della spontaneità; b) siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo; c) vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevanti del thema probandum ; d) vi sia l’indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente; e) sussista l’autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255143 -01; Sez. 1, n. 36065 del 03/05/2024, COGNOME, Rv. 286948 – 01).
3.2. In coerenza con tali indicazioni ermeneutiche il Tribunale ricostruiva il quadro indiziario evidenziando come vi fossero le chiamate convergenti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME (pagg. 6 e 7 dell ‘ ordinanza impugnata).
Tali dichiarazioni accusatorie risultavano chiaramente confermate dai contenuti delle intercettazioni, che rafforzavano in modo decisivo la credibilità della dichiarazione eteroaccusatoria contestata.
Veniva esaminata peraltro anche la deduzione difensiva – qui riproposta – circa la bassa percentuale del profitto lucrato dal ricorrente, ritenendo che non fosse un elemento utile incrinare il quadro indiziario (pagg. 9 e 10 dell ‘ ordinanza impugnata).
4 .Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso, il giorno 20 giugno 2025.