Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15050 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15050 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRESCIA il 30/12/1965
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di BRESCIA
visti gli atti ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona della sostituta P.G. NOME COGNOME la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME del foro di Brescia, in qualità di sostituto processuale dell’avv. COGNOME del foro di BRESCIA in difesa di COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia del 7 gennaio 2025 che, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza del Gip del Tribunale di Brescia che ha applicato al ricorrente la misura degli arresti domiciliari, in ordine ai reati di truffa aggravata ai danni dello Sta malversazione, autoriciclaggio e bancarotta distrattiva, documentale e impropria.
La difesa affida il ricorso a due motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Il Pubblico ministero, nella persona della sostituta P.G. NOME COGNOME con requisitoria-memoria del 12 febbraio 2025, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va rigettato.
Con il primo motivo si deduce la nullità dell’ordinanza impugnata, ai sensi della disposizione combinata di cui agli artt. 291, comma 1-quater, 292, comma 2 lett. d) cod. proc. pen., per mancato espletamento dell’interrogatorio preventivo. Si sostiene che la mancata indicazione del termine di scadenza della misura in relazione alle indagini da compiere a sost10 dell’esigenza del pericolo di inquinamento probatorio è condizione perche si possa derogare alla nuova disciplina.
Il motivo non è fondato.
Il GLYPH ricorrente invoca GLYPH una GLYPH rinnovata valutazione della GLYPH persistenza dell’orientamento della Suprema Corte (ribadito da Sez. 1, n. 9902 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 280678 – 01; da ultimo, Sez. 1, n. 326 del 17/12/2024, dep. 2025, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 41439 del 23/1072024, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 18424 del 22/03/2024, COGNOME, n.m.) che ritiene non necessaria l’indicazione di un termine di scadenza della misura cautelare nel caso in cui essa venga disposta, come nel caso specifico, non solo per il pericolo di inquinamento probatorio bensì per altra esigenza cautelare.
Il quesito è posto alla luce dell’attuale disposto dell’art. 291, comma 1-quater cod. proc. pen. come risultante dalle modifiche introdotte con la legge n. 114 del 2024 (in vigore dal 24.08.2024), che, per quanto rileva in questa sede, impone di
procedere all’interrogatorio dell’indagato prima di disporre la misura cautelare, salvo che ricorra l’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento probatorio, ovvero quella del pericolo di fuga ovvero del pericolo di reiterazione in relazione a determinate categorie di reati espressamente individuate, sanzionando con la nullità l’omissione ex art. 292, comma 3-bis cod. proc. pen.
Nel caso specifico è avvenuto che la misura oltre ad essere stata adottata per il pericolo di inquinamento probatorio è stata applicata anche per l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato ed è stata disposta senza procedere al previo interrogatorio dell’indagato e senza l’indicazione del termine di scadenza, la cui indicazione non è stata ritenuta necessaria.
Ritiene il Collegio che la modifica normativa non incida sull’orientamento sopra riportato poiché l’indicazione del termine mantiene il suo carattere di superfluità rispetto a quello di durata della misura applicata per l’impossibilità di determinare quando venga a cessare la pericolosità in relazione alla probabile commissione di altri reati.
Tanto il giudice che ha applicato la misura, quanto il Tribunale, hanno fondatamente ravvisato, oltre il pericolo di inquinamento probatorio anche quello di reiterazione di reati della stessa indole. Pertanto, l’ordinanza impugnata risulta esente da qualsiasi ipotesi di nullità ‘derivata’ posto che il codice di rito, co riguardo ai vizi che possono determinare la nullità dell’ordinanza cautelare in relazione alle condizioni e alle modalità del previo interrogatorio, ne circoscrive l’ambito alle ipotesi tassative di cui all’art. 292, comma 3-bis cod. proc. pen.
A differenti conclusioni, invece, si sarebbe giunti, muovendo dal principio affermato da Sez. 2, n. 5548 del 9/01/2025, COGNOME, allorché fosse venuta meno – retrospettivamente ma ex tunc, stante il rapporto di compenetrazione tra il provvedimento genetico e il suo successivo riesame – la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio, emergendo allora una causa originaria e strutturale di nullità dell’ordinanza applicativa, non ricorrendo, rispetto a detta esigenza, la contestazione di uno dei delitti che, a norma dell’art. 291, comma 1-quater cod proc. pen., consentono di derogare all’attivazione del contraddittorio preliminare.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione – anche sotto il profilo del travisamento della prova – in ordine ad entrambe le esigenze cautelari poste a fondamento della cautela.
Le censure sono manifestamente infondate.
Va ricordato che nel sistema processuale penalistico vigente, così come non è conferita a codesta Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi, non è
dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate. Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in sede di gravame della stessa, del tribunale del riesame.
In tal senso è stato in più occasioni osservato che “In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia , la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01).
Nel caso specifico, il pericolo di inquinamento probatorio risulta adeguatamente rappresentato con riferimento ad inequivocabili espressioni acquisite tramite le intercettazioni (il cui contenuto viene riportato solo in part nel ricorso, come per la conv. 252, all. 155) che danno ragionevolmente conto di come si sia al cospetto di una reiterata attività volta al condizionamento delle fonti di prova e tanto a prescindere dal manifestato proposito, non sfornito di rilievo, di indirizzare analoga attività nei confronti delle prove documentali (v. pag. 17).
Parimenti deve dirsi per il pericolo di reiterazione, valutato con riferimento alle specifiche doglianze formulate in sede di riesame, non condividendosi, di fatto, la valutazione espressa sul punto e dunque sollecitando la Corte a fare propria quella proposta dal ricorrente. Sul punto il Tribunale, al di là della conversazione il cui contenuto indiziante la difesa decisamente contesta, ha indicato plurimi e convergenti elementi tratti dall’esito di altri procedimenti, financo esita nell’applicazione di una recente ordinanza della custodia cautelare di maggior rigore, del tutto continenti con i reati che al medesimo ricorrente sono contestati nel presente procedimento.
In tema di misure coercitive, va ribadito che l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove siano espressive della persistenza di atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto (Sez. 2, n. 38299 dei 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285217- 01. In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso
dell’imputato
GLYPH
che GLYPH
aveva GLYPH
eccepito GLYPH
l’insussistenza
GLYPH
del GLYPH
requisito dell’attualità delle esigenze cautelari, in quanto non erano emersi ulteriori e
recenti contatti con soggetti disposti a fungere da prestanome per le società
coinvolte negli illeciti. Conf., Sez. 4, n. 6797 del 24/01/2013, Canessa, Rv. 254936
– 01; Sez. 2, sent. n. 9500 del 2016, n.m.).
Considerazioni analoghe, con pari giudizio di inammissibilità del ricorso, possono svolgersi quanto alla censura di non proporzionalità della misura
applicata, peraltro genericamente esposta, risultando logico l’aver valutato i riflessi dell’acclarata condotta di inquinamento probatorio ai fini della scelta della
misura più idonea a contenerli.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato. Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 18 marzo 2025.