Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31702 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31702 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Palermo il 30/06/1992
avverso l’ordinanza del 01/03/2025 del TRIBUNALE DI PALERMO (Sezione per il riesame delle misure cautelari personali).
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo, Sezione per il riesame dei provvedimenti in materia di misure cautelari, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 14 febbraio 2025, con la quale il Giudice per le indagini preliminari di quello stesso Tribunale gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere avendolo ritenuto gravemente indiziato dei reati, anche commessi in concorso con altre persone, di detenzione, porto in luogo pubblico e offerta in vendita di più armi comuni da sparo (artt. 110 cod. pen., 2, 4 e 7 legge n. 867 del 1967 e 416bis .1,
cod. pen.), meglio descritti nei capi 7) – fatto, quest’ultimo, aggravato dal metodo mafioso e dall’agevolazione di associazione mafiosa -, 10), 11), 12), 13) e 14).
Ad avviso del Tribunale gli elementi probatori esibiti dall’Ufficio inquirente, come autonomamente valutati dal Giudice per le indagini preliminari, sarebbero tali da integrare quella probatio minor richiesta ai fini della positiva formulazione del giudizio di gravità indiziaria richiesta dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’adozione di misure cautelari personali, poiché il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali darebbe conto in maniera assolutamente affidabile della disponibilità e della gestione da parte di NOME COGNOME di più armi comuni da sparo, una delle quali (segnatamente, una pistola) appartenuta a NOME COGNOME, capo del mandamento mafioso di Palermo ‘Porta Nuova’ in stato di detenzione; gestione esplicatasi nel ruolo attivo avuto da COGNOME sia nel recupero e nella vendita di tale arma, sia nella proposta di vendita di un fucile, di un revolver e altre armi a soggetti terzi. L’oggettiva gravità dei fatti così accertati – riguardanti più armi, alcune delle quali suscettibili di essere utilizzate in un contesto di criminalità organizzata -, apprezzata assieme alla negativa personalità dell’indagato, è stata inoltre stimata dal Collegio espressiva dell’esistenza di un pericolo attuale e concreto di recidiva, non altrimenti fronteggiabile se non con la misura cautelare di massimo rigore.
Il ricorso per cassazione interposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di dieci motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto stabilito dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 273, 274, 292, commi 2 lett. b), c), c-bis), 2-ter) cod. proc. pen. e il vizio di motivazione e reitera l’eccezione, già sollevata dinanzi al Tribunale del riesame, di mancata autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza genetica degli elementi offerti dall’Ufficio inquirente a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare: quel Giudice, infatti, piuttosto che valutare criticamente gli elementi indiziari e le evidenze rappresentative dei pericula libertatis , si sarebbe limitato ad operare un mero rinvio al provvedimento di fermo emesso dal Pubblico Ministero, peraltro neppure convalidato dal Giudice per le indagini preliminari. Il Tribunale, dal canto suo, sarebbe incorso nel vizio di omessa motivazione non avendo preso in considerazione l’eccezione di concorso apparente di norme tra il delitto di detenzione, porto in luogo pubblico e offerta in vendita delle medesime armi comuni da sparo.
– Il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo denunciano, sotto l’egida della violazione degli artt. 110 cod. pen., 1, 2, 4, commi 1 e 2, lett. a ), 7 legge 895 del 1967, 416bis .1 cod. pen. e del vizio argomentativo, la mancanza nel provvedimento impugnato di adeguata motivazione in ordine al tema della gravità indiziaria postulata a carico di NOME COGNOME in relazione ai reati provvisoriamente contestatigli ai capi 7), 10), 11), 12), 13) e 14).
Quanto al delitto di cui al capo 7) – relativo alla vicenda della compravendita dell’arma originariamente appartenuta a NOME COGNOME – è dedotto che il Tribunale avrebbe ritenuto il coinvolgimento di COGNOME nel recupero dell’arma, in precedenza ceduta dal COGNOME ai fratelli COGNOME e da questi ulteriormente ceduta a NOME COGNOME sulla base di una sola conversazione intercettata (quella intercorsa il 30 novembre 2023 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME), senza valutare il contesto o altri elementi.
Quanto al delitto di cui al capo 10) – relativo alla vendita di un fucile ad NOME COGNOME e NOME COGNOME – ci si duole oltre che della genericità delle argomentazioni sviluppate nel provvedimento impugnato a sostegno della relativa gravità indiziaria, avendo il Tribunale rassegnato una motivazione promiscua e cumulativa dei fatti di cui ai capi da 10) a 14), senza alcuna analisi specifica degli elementi probatori addotti a sostegno del coinvolgimento di Segreto in tale specifico reato, anche della inconsistenza del contenuto delle intercettazioni rispetto alla conferma del contributo offerto da questi alla vendita del fucile.
Quanto ai delitti di cui ai capi 11) e 12) – relativi al porto in luogo pubblico e alla detenzione del fucile di cui al capo 10) – si eccepisce l’assenza di motivazione al riguardo, trattandosi di mera superfetazione contestativa in relazione a un fatto storico unitario; nondimeno è dedotto che le intercettazioni telefoniche non darebbero conto della ipotizzata pluralità di fatti.
Quanto al delitto di cui al capo 13) – relativo all’offerta in vendita ad NOME COGNOME e NOME COGNOME di un revolver – si eccepisce, quanto all’ordinanza impugnata, la mancanza grafica di motivazione sul punto e, quanto all’ordinanza genetica, si denuncia il vizio di travisamento del contenuto della conversazione telefonica evocata a sostegno dell’ipotesi investigativa formulata a carico del ricorrente, essendo l’espressione utilizzata dai conversanti « magnum spagnolo » da riferirsi non ad un revolver ma ad «una marca di botti di capodanno».
Quanto al delitto di cui al capo 14) – detenzione di due armi comuni da sparo e di un revolver – si eccepisce la genericità della motivazione rassegnata al riguardo nell’ordinanza impugnata e l’inidoneità del contenuto delle conversazioni intercettate, evocate a sostegno del postulato investigativo, a confermarne la fondatezza.
-L’ottavo motivo denuncia, sotto l’egida dell’inosservanza dell’art. 15 cod. pen. e del vizio di motivazione, la violazione del principio di assorbimento, da concorso apparente di norme, tra i reati di detenzione, porto in luogo pubblico e vendita di armi come contestati ai capi 10), 11) e 12), nonché ai capi 13) e 14): preso atto della identità delle armi oggetto delle contestazioni di cui ai capi 10), 11) e 12) – ossia, un fucile – e di cui ai capi 13) e 14) – ossia, un revolver – i giudici di merito avrebbero dovuto fare applicazione solo del reato più grave.
Il nono motivo denuncia la violazione dell’art. 416bis .1 cod. pen. e il vizio di motivazione in relazione all’identificazione dei presupposti applicativi dell’aggravante mafiosa ritenuta rispetto al solo reato di cui al capo 7), contestata sia nella forma del metodo mafioso che nella forma dell’agevolazione dell’organizzazione mafiosa capeggiata da NOME COGNOME, originario proprietario della pistola oggetto di vendita.
Il decimo motivo denuncia la violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. e il vizio argomentativo, per avere il Tribunale del riesame affrontato la questione della sussistenza delle esigenze cautelari in maniera cumulativa senza esaminare specificamente il peso dei pericula libertatis rispetto alla posizione del ricorrente. E’ dedotto, altresì, che il giudice censurato, con il riferirsi esclusivamente alla gravità dei titoli di reato – ossia il porto e la detenzione di armi da sparo – avrebbe eluso il precetto di legge che impone di valutare il pericolo di recidiva in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari avendo riguardo ai fatti nella loro peculiare concretezza.
Con memoria versata in atti, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Sostituto, Dottor NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile
Il primo motivo è manifestamente infondato.
1.1. L’ordinanza che ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare personale non è incorsa nella violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c ), cod. proc. pen. Invero, il Giudice per le indagini preliminari, dopo aver ripercorso l’amplissima attività di indagine riproducendo il contenuto dell’atto del Pubblico Ministero, ha esposto comunque la propria autonoma valutazione degli elementi fattuali emersi
a carico di NOME COGNOME sia in punto di gravità indiziaria (pagg. 209 – 220 ordinanza cautelare) sia in punto di esigenze cautelari (pagg.322 – 323), come, del resto, dimostrato sia dalla selezione di alcune delle circostanze più significative atte a lumeggiare i fatti ascrittigli ,sia dall’esclusione, in relazione ai reati di cui ai capi 10), 11), 12), 13) e 14), dell’aggravante mafiosa. Un simile incedere argomentativo non incorre nel denunciato vizio di nullità, poiché, secondo l’ormai consolidato orientamento interpretativo di questa Corte, «la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di trarre dagli atti di indagine e dai mezzi di ricerca della prova le proprie valutazioni che esplicitino il concreto esame della fattispecie oggetto della richiesta di misura cautelare; ne consegue, che tale obbligo è osservato anche quando il giudice riporti – pure in maniera pedissequa – atti del fascicolo per come riferiti o riassunti nella richiesta del Pubblico Ministero, riguardando tali elementi esclusivamente i profili espositivi del fatto» (Sez. 2, n. 13838 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269970 01), come accaduto nel caso di specie.
1.2. Aspecifico è, inoltre, il rilievo di mancato esame da parte del Tribunale del riesame dell’eccezione di assorbimento dei reati di detenzione, porto in luogo pubblico e offerta in vendita del fucile di cui ai capi 10), 11) e 12) e del revolver di cui ai capi 13) e 14), essendosi il giudice censurato pronunciato su di essa affermando il concorso tra i detti reati (cfr. pag. 6, secondo e terzo capoverso).
Il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e il settimo dei motivi di ricorso esulano dal novero dei vizi deducibili nel giudizio di legittimità.
L’ordinanza impugnata ha riportato e congruamente valutato gli elementi probatori, desunti da plurime conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate, atti ad integrare la piattaforma indiziaria necessaria a consentire di formulare a carico di NOME COGNOME il giudizio di qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 234598) in relazione a ciascun fatto di reato provvisoriamente ascrittogli.
Invero, quanto al delitto di cui al capo 7), il recupero da parte del ricorrente della pistola originariamente appartenuta a NOME COGNOME è stato non illogicamente motivato sulla base della conversazione intercorsa il 30 novembre 2023 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME dalla stessa desumendosi come egli ne fosse venuto effettivamente in possesso e fosse pronto a consegnarla al soggetto interessato al suo acquisto (cfr. pag. 5 dell’ordinanza impugnata).
Quanto ai delitti di cui ai capi 10), 11) e 12), la detenzione, il porto in luogo pubblico e la vendita di un fucile da parte di NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME e di NOME COGNOME sono stati parimenti giustificati evocando il contenuto di plurime conversazioni intercorse tra i protagonisti della vicenda in data 9 agosto 2024, le quali davano conto di come COGNOME, che era in possesso di un fucile (conversazione delle 23:22), si fosse accordato con COGNOME e COGNOME per venderla loro ed avesse incaricato NOME COGNOME NOME di consegnarla agli acquirenti facendo uso della sua autovettura.
Quanto ai delitti di cui ai capi 13) e 14), la detenzione da parte di COGNOME di un revolver e di altre armi e l’offerta in vendita del revolver a COGNOME e Valenti al prezzo di Euro 3.000,00 hanno trovato esplicita e sufficiente giustificazione nell’ordinanza impugnata mediante il richiamo alle due conversazioni del 23 maggio 2024 e del 13 agosto 2024, nel corso delle quali Segreto mostrava a NOME COGNOME un revolver – segnatamente, nella prima, avvenuta in videochiamata – e confidava a COGNOME di essere in possesso di armi di armi di piccole dimensioni (nella seconda).
Di tanto dato atto, deve riconoscersi che la tecnica utilizzata dalla difesa del ricorrente, per mettere in discussione il risultato del giudizio formulato dal Tribunale del riesame in ordine alla gravità indiziaria ravvisata a suo carico per i delitti sopra indicati, non coincide con quella ammessa per il ricorso per cassazione avverso provvedimenti in materia di cautela personale, posto che la stessa, per essere rispondente ai requisiti della suddetta impugnazione, deve limitarsi a lumeggiare le ragioni atte a dar conto della violazione di specifiche norme di legge ovvero della mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400), non essendo, invece, consentite quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
Questo perché, secondo il diritto vivente, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la
valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828) e perché, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del relativo contenuto, anche ove affidato ad un linguaggio criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715).
L’ottavo e il nono motivo di ricorso sono inammissibili per carenza di interesse.
3.1. Dei delitti di detenzione, porto in luogo pubblico e offerta in vendita di arma comune da sparo, provvisoriamente ascritti al ricorrente ai capi 10), 11), 12), 13) e 14), il più grave è quello di offerta in vendita di arma comune da sparo di cui agli artt. 1 e 7 legge n. 895 del 1967, punito nel massimo con una pena edittale pari ad anni otto di reclusione. Pena che, considerate le norme di cui agli artt. 280, comma 2, cod. proc. pen. e 303, comma 4, lett. b), cod. proc. pen., riferite rispettivamente alla pena, pari a cinque anni, stabilita per l’applicazione della custodia cautelare in carcere e al termine massimo di durata della custodia cautelare in relazione ai reati puniti con pena superiore a sei anni e non inferiore nel massimo a venti anni, comporta che la misura cautelare in carcere applicata a NOME COGNOME possa legittimamente reggersi sul solo titolo di cui agli artt. 1 e 7 legge n. 895 del 1967, contestato al capo 10) (offerta in vendita di un fucile) e al capo 13) (offerta in vendita di un revolver ).
Ne viene che, giusta il principio di diritto secondo cui, in tema di misure cautelari personali, sussiste l’interesse ad impugnare quando l’indagato tende ad ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto dalla quale consegua per lui una concreta utilità, mentre non rileva la sua mera pretesa all’esattezza teorica della decisione che non realizzi alcun vantaggio pratico (Sez. 6, n. 46387 del 24/10/2023, COGNOME, Rv. 285481 – 01; Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489 – 01 Sez. 6, n. 41003, del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 264762), tale concreto interesse alla corretta qualificazione giuridica del fatto fatta valere con l’ottavo motivo – non si ravvisa nel caso di specie. Infatti, la postulata erronea qualificazione giuridica dei fatti di cui ai capi 10), 11), 12), 13) e 14), nel senso della loro sussunzione nel solo più grave delitto di cui agli artt. 1 e 7 l. n. 895/1967 – o, comunque, nel senso nell’assorbimento del delitto di detenzione di arma comune da sparo in quello di porto in luogo pubblico della stessa arma – non dispiegherebbe alcun concreto effetto favorevole sui presupposti
della misura cautelare applicata e sulla sua durata, come detto, autonomamente capace di reggersi sul solo delitto provvisoriamente contestato ai capi 10) e 13).
3.2. Il rilievo che si appunta sulla sussistenza, nella fattispecie concreta contestata al capo 7) della provvisoria incolpazione, dei requisiti d’integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1, cod. pen. è, parimenti, inammissibile per carenza d’interesse, non discendendo dall’esistenza o meno di tale circostanza la legittimità della disposta misura, che come detto, si regge autonomamente sui capi 10) e 13).
Questa Corte ha, infatti, condivisibilmente, affermato che sussiste l’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante a effetto speciale, sempre che da questa conseguano immediati riflessi sull'” an ” o sul ” quomodo ” della misura, di modo che è inammissibile per carenza d’interesse il ricorso con cui sia contestata la sussistenza dell’aggravante mafiosa, quando dal venir meno della stessa non conseguirebbero per il ricorrente effetti immediati e concreti in ordine ai pericula libertatis o alla durata dei termini di custodia cautelare (Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275028; Sez. 6, n. 7203 del 08/02/2013, Rv. 254507).
4. Il decimo motivo è generico e manifestamente infondato.
Diversamente da quanto eccepito in ricorso, la motivazione rassegnata nell’ordinanza impugnata in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari a carico di NOME COGNOME risulta pienamente aderente alle evidenze descrittive del suo operato, dispiegatosi in plurime condotte aventi ad oggetto armi di diverso tipo, la cui disponibilità egli era riuscito ad ottenere con facilità in ripetute occasioni, prossime all’adozione del provvedimento restrittivo, facendone, oltretutto, traffico non autorizzato. Tanto depone per la piena osservanza del dettato di legge e per la completezza dell’argomentazione a sostegno della ritenuta sussistenza a carico del ricorrente del pericolo di reiterazione dei reati contestatigli e dell’adeguatezza ad infrenarlo della sola custodia cautelare in carcere.
Per tutto quanto esposto, s’impone la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Poiché dalla presente sentenza non consegue la liberazione della ricorrente, ai sensi dell’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen., va dato mandato alla
Cancelleria di trasmetterne copia al Direttore dell’istituto penitenziario in cui egli trovasi detenuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 05/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME