Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9383 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9383 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GENOVESE NOME COGNOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il 15/11/1960
avverso l’ordinanza del 14/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
sentito il difensore della ricorrente, Avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 novembre 2024, il Tribunale del riesame di Messina rigettava l’ istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 22 marzo 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che aveva applicato alla predetta la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai delitti di cui agli artt. 73 e 80 D.P.R. n. 309/90, 391ter commi 1 e 2 cod. pen., ed a seguito di annullamento con rinvio dell’ordinanza già emessa ex art. 309 cod. proc. pen. dal medesimo Tribunale in data del 5 aprile 2024 disposto dalla Corte di Cassazione
con sentenza n. 9695/24; in base al capo di incolpazione, la ricorrente avrebbe tentato di introdurre all’interno del carcere, presso il quale lavorava come infermiera, sostanze stupefacenti e telefoni cellulari.
1.1 A vverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore di Genovese, premettendo che l’annullamento della precedente ordinanza era stato disposto relativamente alla sussistenza delle esigenze cautelari e che era stata revocata la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti della coimputata Campagna che, all’esito del giudizio di primo grado, aveva riportato la medesima condanna della ricorrente; rileva pertanto che le posizioni processuali, vertenti sui medesimi addebiti delittuosi ascritti, avevano subìto una evidente disparità decisionale sotto il profilo cautelare.
Il difensore osserva inoltre che era totalmente assente il pericolo di reiterazione del reato, essendo escluso che la ricorrente potesse lavorare nuovamente in un carcere e non essendo emerso alcun elemento che potesse suffragare l’intraneità della stessa a contesti malavitosi di carattere associativo e non essendovi prova di una sua interazione con i detenuti o con i loro congiunti.
Il difensore rileva che il giudizio prognostico sulla inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari avrebbe dovuto essere formulato sulla base di elementi specifici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Si deve ricordare che in tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per Cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato ed alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Il limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, COGNOME, Rv. 210019).
Nel caso in esame il Tribunale, dopo aver descritto i fatti, ha motivato sul fatto che l’episodio non poteva ritenersi isolato (pag.4 e 5), elencando le circostanze dalle quali si doveva ritenere sussistente l’inserimento della ricorrente
in un circuito delinquenziale di spessore, circostanze sulle quali il ricorso per cassazione non si confronta affatto, e concludendo che la ricorrente assolveva in modo sistematico alla intermediazione tra il mondo esterno e l’interno della Casa Circondariale, e che quindi sussisteva il pericolo di recidiva; inoltre, il Tribunale dà atto che la misura della custodia cautelare era stata già sostituita con quella degli arresti domiciliari in accoglimento di appello proposto nel suo interesse; il Tribunale, infine, ha anche esposto congrua motivazione sulla mancata equiparazione della posizione della ricorrente rispetto a quello della coimputata Campagna (pag.6).
Peraltro, si deve ribadire che in tema di misure cautelari personali, il pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., deve essere non solo concreto – fondato cioè su elementi reali e non ipotetici – ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del ” periculum libertatis ” nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice
Poiché dall’analisi della motivazione del provvedimento del Tribunale non si apprezzano carenze motivazionali al riguardo, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità -al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/02/2025