Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 38420 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 38420 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2024 del TRIB. LIBERTA di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del RAGIONE_SOCIALE CINZIA RAGIONE_SOCIALE
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 3 maggio 2024, il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del riesame delle misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale che ha applicato a NOME, sottoposto ad indagini per i delitti di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui ai capi 1) e 3) – originariamen contestato, il reato di cui al capo 3), ai sensi dell’art. 648-bis e 648-ter.1, cod. pen. trasferimento fraudolento di valori, di cui al capo 8), la misura cautelare personale della custodi in carcere.
La detta ordinanza è stata impugnata con ricorso per cassazione dal difensore di COGNOME NOME, che con un solo motivo ha denunciato la violazione dell’art. 274 lett. a) e c), cod. proc pen. e il vizio di motivazione. A sostegno ha dedotto che il giudice della cautela avrebbe reso una motivazione generica in ordine all’attualità e alla concretezza delle ravvisate esigenze cautelari, ossia il pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio, avendo evocat la pregressa e risalente militanza mafiosa di RAGIONE_SOCIALE. Nondimeno, la motivazione medesima esibirebbe un conclamato profilo di contrasto con i parametri interpretativi in materia di attuali del pericolo di recidiva, essendo state poste in essere, le condotte di concorso nell’attività spoliazione del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, al più tardi fino al 2021, e di concretezza del perico di inquinamento probatorio, non essendo stato indicato nel provvedimento impugnato alcuno specifico comportamento del ricorrente atto a prefigurare l’esistenza di un’attività d condizionamento delle fonti di prova.
Con requisitoria in data 9 settembre 2024, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Sostituto, Dottoressa NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il giudice della cautela ha dato atto dell’esistenza in capo a COGNOME NOME di grav indizi di colpevolezza in relazione ai reati provvisoriamente ascrittigli: ossia, il concors condotte distrattive poste in essere dagli amministratori della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in d 28 luglio 2022 – della quale il ricorrente era stato socio di fatto anche dopo la cessione del quote avvenuta nel 2007 -, essendo stato destinatario, fino al 2021, di pagamenti privi di causale per un ammontare complessivo di Euro 89.500,00 (capo 1, prima parte); il concorso in condotte distrattive poste in essere dagli amministratori di società del RAGIONE_SOCIALE, dichiarate fall essendo stato parimenti destinatario di pagamenti senza titolo, per un ammontare complessivo di oltre Euro 20.000,00 (capo 3, come riqualificato il reato ex art. 648-bis/648-ter.1. cod. pen. il concorso nel trasferimento fraudolento di valori ex art. 512-bis cod. pen., avendo fittiziament intestato alla convivente, COGNOME NOMENOME e al fratello di costei, COGNOME NOME, e, in
novembre 2022 – dopo la morte della COGNOME – alla convivente di COGNOME NOME, COGNOME NOME, le quote della RAGIONE_SOCIALE, nella quale aveva fatto confluire tutte le attività della RAGIONE_SOCIALE, società a lui di fatto riferibile, onde sottrarle, oltre che alla soddisfazione dei crediti anche alla possibilità di sottoposizione a misure di prevenzione patrimoniali (capo 8, effettivamente riconosciuto in capo a COGNOME, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, tanto risultando sia dalla motivazione dell’ordinanza genetica – cfr. pag. 176 -, sia dal dispositi della stessa).
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale, delineato il quadro nel quale ha preso forma l’articolata vicenda oggetto dell’addebito cautelare, che ha visto il ricorrente – già gravato da allarmante precedente in materia di partecipazione ad associazione di tipo mafioso – muoversi con abilità e spregiudicatezza – in ciò coadiuvato anche da esperte figure professionali nell’ambito di società utilizzate esclusivamente come strumenti per massimizzare i propri profitti, al riparo dalle pretese dei creditori – in primo luogo da quelle del Fisco – e da possibili ablazi dei beni aziendali in applicazione delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, ha evidenziato come, fino al biennio 2021-2022, egli avesse reiterato, senza alcuna remora, condotte chiaramente esplicative di un agire ormai collaudato, finalizzato a consentirgli di ottenere tramite sofisticati artifici, anche negoziali, il proprio esclusivo tornaconto. Fina questa, perseguita ed in parte realizzata anche attraverso soggetti compiacenti, quali i membri della famiglia COGNOME, prestatisi ad intestarsi fittiziamente le quote della RAGIONE_SOCIALE, e professionista che aveva rogato la cessione delle quote da COGNOME NOME a COGNOME NOME, dopo la morte della cedente.
A fronte di tale argomentare, qui riportato per sintetici ragguagli, le doglianze difensive esibiscono un marcato profilo di genericità, perché non colgono le ragioni della decisione: ossia, che proprio l’agire di COGNOME NOME, nel suo dispiegarsi negli anni e con le modalità lumeggiate, era nel suo complesso espressivo di una specifica e sperimentata attitudine a valersi di società e negozi giuridici per realizzare il massimo profitto in spregio alle legittime aspettat dei creditori e al riparo da possibili misure di prevenzione patrimoniali. Tutto ciò, valendosi una schiera di soggetti proni al suo volere e disponibili a contribuire, con il proprio operato, suoi progetti dissimulatori.
Né può dirsi che la motivazione del provvedimento impugnato non sia conforme alle indicazioni direttive di questa Corte in tema di attualità e concretezza dei pericula libertatis.
E’ stato, infatti, affermato che, in tema di misure cautelari personali, il pericolo reiterazione del reato di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., per essere concre deve essere fondato su elementi reali e non ipotetici e va riferito alla possibilità di reiterazi di reati della stessa specie e non del fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 de 24/09/2018, dep. 2019, Rv. 274403) e per essere attuale esige che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’incolpato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui s
procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita (Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, Rv. 282991; Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Rv. 277242; Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Rv. 271216).
Parimenti, è stato stabilito che, in tema di misure cautelari personali, il pericolo p l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall’art. 274 lett. a) cod. proc. pen., l’applicazione delle stesse, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dal quali sia possibile desumere, secondo la regola dell – id quod plerumque accidit”, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti (Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, Rv. 270561).
Ne viene che le condotte ascritte al ricorrente, dimostratosi capace, almeno fino al novembre 2022, di creare un’apparenza fittizia di intestazioni delle quote della RAGIONE_SOCIALE, valendosi di persone e professionisti compiacenti, allo scopo di schermare la titolarità effettiv in capo alla sua persona dei beni aziendali, trasferiti da altra società (la RAGIONE_SOCIALE) onde sottra alle pretese creditorie, danno conto, alla stregua delle comuni massime di esperienza, di una sua spiccata attitudine a tenere comportamenti dissimulatori delle proprie sostanze in danno di terzi (ivi compreso lo Stato), protrattisi nel tempo e realizzati tramite strumenti di volta in volta sofisticati.
In particolare, risulta decisiva, ai fini del giudizio sulla concretezza ed attualità del peri di inquinamento probatorio, la circostanza, valorizzata nell’ordinanza impugnata, che il ricorrente avesse potuto contare su un professionista che era stato persino disposto «a redigere atti in data successiva al decesso di una delle parti (cessione delle quote della RAGIONE_SOCIALE dalla compagna di COGNOME, COGNOME NOME, a COGNOME NOME in data 10.11.2022 quando questa era deceduta in data 23.10.2022)» (cfr. pag. 18, penultimo capoverso dell’ordinanza impugnata), trattandosi, senza dubbio, di ulteriore evidenza atta corroborare la valutazione del Tribunale in ordine alla concreta capacità di COGNOME NOME di «ammantare la sostanza dei fatti con false forme».
E’, comunque, il caso di precisare che, in tema di misure cautelari personali, il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo di fuga e quello di reiterazione del reato costituiscon requisiti che, ai sensi dell’articolo 274 del codice di procedura penale, condizionano il potere d disporre la misura cautelare, ma essi non devono “concorrere insieme” per legittimare il provvedimento restrittivo, con la conseguenza che, qualora il tribunale del riesame abbia, come nella specie, proceduto alla positiva verifica della sussistenza del pericolo concreto e attuale d reiteratio criminis, detta verifica è da sola sufficiente per la conferma dell’ordinanza cautelare impugnata, bastando anche l’esistenza di una sola delle esigenze cautelari per fondare l’applicazione di una misura limitativa della libertà personale (Sez. 3, n. 15980 del 16/04/2020, Rv. 278944; Sez. 3, n. 35973 del 03/03/2015, Rv. 264811).
Per tutto quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Poiché dalla presente sentenza non consegue la liberazione del ricorrente, ai sensi dell’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen., va dato mandato alla Cancelleria di trasmetterne copia al Direttore dell’istituto penitenziario in cui egli trovasi detenuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 2/10/2024.