Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23522 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23522 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 31/03/1965
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di L’Aquila, quale giudice del riesame, ha parzialmente riformato l’ordinanza emessa il 27/02/2025 dal GIP presso lo stesso Tribunale nei confronti di NOME COGNOME indiziata del reato previsto dagli artt. 73 e 80, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 disponendo applicarsi nei suoi confronti la misura cautelare del divieto di dimora all’interno del Comune di Teramo.
Il Tribunale ha dato atto che il giudice procedente aveva esaminato una richiesta proveniente dal p.m. e nella quale era stato esposto che, dal 21/02/2025, era divenuta inefficace la misura coercitiva degli arresti domiciliari, per decorrenza del termine di fase ai sensi dell’art. 303, comma 1, cod.proc.pen., applicando a tutti i coindagati (anche quelli originariamente sottoposti alla custodia cautelare in carcere) la misura del divieto di dimora in tutti i Comuni della Provincia di Teramo; ha quindi esaminato il motivo di appello proposto dalla difesa dell’imputata, la quale aveva lamentato che il GIP non avrebbe adeguatamente graduato la misura cautelare, disponendola per tutti i diversi indagati senza distinguo tra le varie posizioni personali deducendo che la ricorrente era persona incensurata che prestava regolare attività lavorativa nel Comune di Campli (in provincia di Teramo).
Il Collegio ha ritenuto corretta la valutazione del GIP in punto di sussistenza delle esigenze cautelari ma ha riformato la decisione limitando il divieto dimora al solo territorio del Comune di Teramo, in modo da permetterle la continuazione della predetta attività lavorativa.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione; con il quale ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.c) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt.275, comma 1 e 292 cod.proc.pen..
Ha dedotto che alla ricorrente non sarebbe stato contestato alcun contatto con la “piazza di spaccio” ma solo di avere fornito la carta postepay ai propri figli e sulla quale erano confluite delle somme da parte degli stessi, provento di attività di spaccio; deducendo come i giudici avrebbero ignorato il principio di minimo sacrificio necessario e avendo gli stessi fatto riferimento a un elemento, ovvero quello del contatto con ambienti dediti al narcotraffico, in realtà mai statbsussistentR.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
L’odierna ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata deducendo che la stessa, in considerazione della concreta gravità dei fatti ascritti, non avrebbe fispret-te- il principio di proporzionali adeguatezza dettato dall’art.275, comma 2, cod.proc.pen..
Va quindi rilevato che – con argomentazione attinente all’ordinanza genetica e applicabile anche alla materia dei provvedimenti adottati ai sensi dell’art.307 cod.proc.pen. in caso di perdita di efficacia della misur custodiale – l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se congruamente e logicamente motivato con specifico riferimento alla prognosi negativa in ordine all’attitudin dell’indagato medesimo all’effettivo rispetto delle prescrizioni connesse all’applicazione di una misura ulteriormente più gradata (Sez.6, n. 53026 del 21/11/2017, COGNOME, RV. 271686; Sez.3, n.7268 del 24/1/2019, COGNOME, RV. 275851).
Ricordando, altresì, che la permanenza delle ragioni giustificatrici della misura custodiale, costituente condizione, ai sensi dell’art. 307, comma primo, cod. proc. pen., per l’applicazione di altre misure nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza dei termini, non implica che le esigenze cautelari a suo tempo poste a base del provvedimento applicativo della custodia siano rimaste assolutamente immutate, dovendosi al contrario ritenere sufficiente che esse siano ancora, comunque, di rilevanza tale da legittimare, non potendosi protrarre la detta custodia, l’applicazion di diverse e meno gravose misure (Sez. 1, n. 573 del 28/01/1994, Basile, Rv. 196828), dovendosi quindi dare conto della sussistenza in positivo di esigenze persistenti all’atto della nuova misura (cfr., Sez. 3, n. 16053 de 26/02/2019, COGNOME, Rv. 275398).
Nel caso di specie, tanto il GIP procedente quanto il Tribunale adito in sede di appello hanno congruamente dato atto, con motivazione non intrinsecamente illogica, delle persistenti esigenze cautelari derivanti da carattere prolungato e organizzato dell’attività di spaccio; mentre i
Tribunale, in relazione alla deduzione contenuta nel motivo di appello, ha comunque provveduto a differenziare la posizione dell’odierna ricorrente
rispetto a quelle dei coindagati, limitando l’estensione del divieto di dimora al solo Comune di Teramo.
In relazione a tali conclusioni, le argomentazioni contenute nel motivo di ricorso appaiono, da un lato tendenti a sollecitare un non consentito riesame
nel merito delle circostanze inerenti all’an delle esigenze cautelari dall’altro, estrinsecamente aspecifiche; in quanto tendenti a indurre una
riforma del provvedimento applicativo fondata, non sulla sussistenza dei presupposti previsti dall’art.307, comma 1, cod.proc.pen., ma sulla specifica
situazione personale della ricorrente, in relazione a elemento di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Consigliere estensore
Così deciso il 10 giugno 2025
La Presjdente