Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30344 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TERNI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/-sent-ite le conclusioni del AVV_NOTAIO
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 maggio 2023 il Tribunale del riesame di Bologna ha rigettato l’appello proposto ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. da COGNOME NOME, indagato per il reato di cui agli artt. 110 cod. peri. e 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, così confermando l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Bologna del 4 aprile 2023, con cui era stata rigettata l’istanza ex art. 299 cod. proc. pen. di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con un’altra meno afflittiva.
1.1. Il giudice del riesame ha, in particolare, ritenuto di non poter accogliere l’istanza difensiva esplicando come dall’esame del compendio probatorio in atti fosse risultata l’indiziaria integrazione da parte del COGNOME dell fattispecie criminosa ascrittagli, per come, in particolare, evincibile dagl spostamenti dei telefoni cellulari in uso agli indagati e delle autovetture oggetto di monitoraggio satellitare (utilizzate per il trasporto della droga), nonché dall’esame delle riprese delle telecamere di videosorveglianza presenti nel parcheggio di un esercizio commerciale “RAGIONE_SOCIALE” sito nel comune di Saronno, ove il giorno 2 dicembre 2021 il COGNOME aveva indiziariamente ricevuto dal coindagato COGNOME NOME COGNOME un quantitativo di cocaina, del peso di almeno un chilogrammo, che, per il suo significativo quantitativo e per le modalità di acquisizione, era da ritenersi fosse successivamente destinato alla rivendita a terzi. Il COGNOME era stato, in particolare, riconosciuto quale autore della condotta illecita per avere noleggiato l’autovettura presente sui luoghi, a nome della Società di cui è amministratore unico, e per essere stato osservato alla guida di tale auto, in quello stesso giorno, in talune immagini fotografiche estrapolate dalla piattaforma Facebook. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In ragione dell’indicata gravità indiziaria, è stato, quindi, ritenut imprescindibile il mantenimento della misura custodiale applicata, unica idonea ad escludere il pericolo di recidiva, sussistendo un elevato rischio di reiterazione della condotta criminosa, attesi i contatti avuti dall’indagato, privo di fonti lec di reddito, con ambienti criminali organizzati di indubbio spessore, altresì considerata l’elevata quantità di sostanza stupefacente acquisita. E’ stato esplicato, quindi, come a fronte dell’indicato quadro non potesse assumere rilievo alcuno il lasso temporale intercorso tra la commissione del fatto e l’applicazione della misura custodiale.
Avverso l’indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del suo difensore, eccependo due motivi di ricorso, con il primo dei quali ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 273, comma 1, cod. proc. pen., lamentando l’insussistenza della invece ritenuta configurazione dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico in ordine all’integrazione del delitto contestatogli, non ricorrendo nessun obiettivo riscontro in ordine al fatto che fosse stato effettivamente lui alla guida dell’autovettura ripresa dalle telecamere di video sorveglianza, né in ordine alla circostanza che il pacco oggetto di scambio contenesse realmente della sostanza stupefacente, invero mai rinvenuta.
Trattasi, pertanto, di un impianto accusatorio fondato su mere congetture investigative, certamente inidonee ad integrare quel panorama di gravità indiziaria invece richiesto dalla norma dell’art. 273 cod. proc. pen. per l’applicazione delle misure cautelari.
Con la seconda censura il ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.’ oltre che dell’art. 275 cod. proc. pen., deducendo che il Tribunale del riesame non avrebbe offerto motivazione adeguata in ordine alle ragioni di sussistenza di un pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato, nonché circa i motivi di scelta della più grave misura custodiale, vieppiù necessaria stante la distanza temporale intercorsa tra i fatti oggetto di contestazione e il momento di applicazione della misura cautelare. Pertanto, anche considerato lo stato di incensuratezza del COGNOME e la sua effettiva disponibilità di un’abitazione di residenza, non sarebbe dato comprendere la ragione per cui non potrebbe essergli applicata una misura meno afflittiva, maggiormente proporzionata alle esigenze di cautela oggi ancora ricorrenti.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato, per cui lo stesso deve essere rigettato.
Deve essere osservato, infatti, come, in tema di impugnazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto nel caso in cui denunci la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone
censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01).
Anche con riferimento al giudizio cautelare personale, cioè, il controllo di legittimità susseguente alla proposizione del ricorso per cassazione non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del G.I.P. e del Tribunale del riesame, ed essendo esso, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (così, tra le tante, Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438-01).
Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, infatti, è diretto a verificare, un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenz dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione come nel caso in esame – sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
Non sono consentite, pertanto, censure che, pur formalmente investendo la motivazione, e a fortiori ammantandosi di una pretesa violazione di legge, si risolvano, in realtà, nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito.
Orbene, nel caso di specie le doglianze espresse dal COGNOME con il primo motivo di ricorso si risolvono nella rappresentazione di errate valutazioni in relazione alla sussistenza della gravità indiziaria in ordine alla condotta criminosa contestatagli, così come accertata dal Tribunale del riesame, prevalentemente concernendo circostanze di puro fatto non sindacabili nella presente sede di legittimità.
Di converso, le argomentazioni addotte nel provvedimento impugnato appaiono del tutto congrue ed esenti da qualsiasi vizio logico o giuridico.
Il Tribunale del riesame, infatti, ha diffusamente valorizzato le plurime risultanze probatorie presenti in atti, dalle quali è stato possibile evincere, con
motivazione scevra da ogni illogicità, che: alla data del 24 novembre 2021 era giunto nella provincia di Vicenza un ingente quantitativo di cocaina, destinata ad essere trasferita e venduta; parte di tale sostanza era stata trasportata dal coindagato COGNOME NOME COGNOME, con la vettura Kia TARGA_VEICOLO. TARGA_VEICOLO, fino al parcheggio dell’esercizio commerciale “RAGIONE_SOCIALE” di INDIRIZZO in Saronno, il giorno 2 dicembre 2021; tale autovettura era giunta alle ore 12,23 per poi ripartire dopo soli tre minuti, effettuando il tragitto a ritroso; in tale breve l temporale il COGNOME aveva incontrato due uomini, giunti poco prima sul posto, collocati all’interno dell’autovettura Fiat Punto tg. TARGA_VEICOLO, noleggiata dal COGNOME, a nome della Società di cui è amministratore unico, il 22 novembre 2021 e, poi, riconsegnata proprio il 2 dicembre 2021; da alcune immagini fotografiche estrapolate dalla piattaforma Facebook era stato possibile evincere come alla guida di tale autovettura, in quel giorno, vi fosse stato proprio il COGNOME; dall riprese delle telecamere di videosorveglianza presenti nel parcheggio era stato possibile accertare come il COGNOME avesse effettuato uno scambio con il conducente della Fiat Punto, consegnandogli un sacchetto estratto dalla autovettura Kia – dotata di un vano occulto collocato tra il sedile del conducente e i sedili posteriori normalmente da lui utilizzato per il trasporto di cocaina -; COGNOME aveva ricevuto dal conducente della Fiat Punto, in controprestazione, una busta.
Del pari privo di fondamento è, poi, il secondo motivo, con cui il ricorrente ha censurato l’intervenuta applicazione della piti grave misura custodiale, in quanto asseritamente adottata in carenza di mol:ivazione adeguata e senza tener conto delle specifiche esigenze cautelari nei suoi riguardi sussistenti.
Orbene, il Collegio rileva come, invece, in virtù di una motivazione diffusa, analiticamente valutativa di tutti gli aspetti evidenziati da parte del COGNOME nel proprio atto di appello, il Tribunale del riesame abbia ritenuto le ragioni di sussistenza di un concreto ed attuale pericolo di recidiva, attesi i contatti dell’indagato, privo di fonti lecite di reddito, con ambienti crimina particolarmente pericolosi, nonché l’elevato quantitativo di sostanza stupefacente di tipo pesante nella circostanza acquistata. E’ stato, altresì, congruamente esplicato come, rispetto a tale quadro indiziario, da una parte, non possa assumere decisiva valenza il lasso temporale intercorso tra la commissione del fatto per cui si procede e il momento in cui è stato disposto il titolo cautelare, e dall’altra, come l’invocata misura cautelare meno afflittiva non possa essere ritenuta adeguata a salvaguardare le ravvisate esigenze cautelari.
Le argomentazioni addotte nel provvedimento impugnato appaiono, quindi, del tutto congrue ed esenti da qualsiasi vizio logico o giuridico, rappresentando in modo compiuto la sussistenza delle esigenze cautelari,, la loro attualità, nonché il rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza della misura applicata, anche tenuto conto della concreta pericolosità dell’indagato.
Alla stregua delle superiori considerazioni, allora, deve affermarsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questo Collegio, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei requisiti previsti dalla legge per l’emissione ed il mantenimento dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.
Conclusivamente, pertanto, il Tribunale del riesame ha rappresentato la sua pronuncia con motivazione congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile, logica e coerente, così da non poter essere censurata in questa sede di legittimità.
Ne consegue la pronuncia del rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Viene disposta, altresì, la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il P / r sident