Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4895 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4895 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/04/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO NOME dichiara che alla parte in sede di udienza preliminare è stato disposto la scarcerazione con l’obbligo di dimora presso il comune di residenza. Conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 24.3.2023, il GIP presso il Tribunale di Vibo Valentia ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di tentato omicidio pluriaggravato nei confronti di NOME COGNOME e di detenzione e porto illegale di armi.
Con successiva ordinanza del 13.4.2023, il Tribunale del riesame di Catanzaro, in parziale accoglimento del riesame proposto dall’indagato, previa riqualificazione del fatto nel reato di lesioni personali pluriaggravate, ha confermato la misura cautelare applicata.
2. Questi i fatti alla base del provvedimento cautelare. La notte dell’11.3.2023 il COGNOME chiedeva l’intervento dei Carabinieri riferendo di aver subito il danneggiamento di due auto che erano state date alle fiamme e di essere stato attinto da colpi di arma da fuoco ad un piede da parte di ignoti. Le telecamere di videosorveglianza installate presso l’abitazione del COGNOME mostravano invece un soggetto che sopraggiungeva a piedi, dava fuoco alle auto e, dopo una breve discussione con COGNOME, cui seguiva una colluttazione, lo feriva con l’arma da fuoco. Sulla base di tali immagini e sulla loro comparazione con quelle riprese dalle telecamere installate presso la caserma dei carabinieri, l’aggressore veniva identificato in COGNOME, sia per la somiglianza fisica, sia per la parziale identità dell’abbigliamento indossato. Conferma di tale identificazione veniva, altresì, rinvenuta: i) nella conversazione captata, intercorsa durante la degenza ospedaliera della persona offesa tra costei ed un operatore sanitario, nel corso della quale COGNOME veniva indicato come l’autore degli spari; il) nella conversazione tra COGNOME e il figlio NOME; iii) negli esiti del tracciamento del telefono dell’indagato, che al momento dei fatti si trovava in zona limitrofa all’abitazione della persona offesa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Tribunale, rigettata l’eccezione di nullità dell’accertamento condotto sulle telecamere, riteneva che ricorressero gravi indizi di colpevolezza.
Tuttavia, procedeva alla riqualificazione dei fatti contestati, ritenendo che gli atti posti in essere integrassero gli estremi delle lesioni personali aggravate e non già del delitto di tentato omicidio, in ragione sia del fatto che i colpi di arma fuoco erano stati indirizzati a parti non vitali, gli arti inferiori, sia del mo dell’azione delittuosa, costituito dalla riscossione di un credito, sia del colloqui intercorso tra COGNOME COGNOME in concomitanza dell’aggressione. Riteneva inoltre che trattandosi di lesioni pluriaggravata, esse erano procedibili d’ufficio.
Il Tribunale del riesame ravvisava inoltre la sussistenza delle esigenze cautelari, attestate dalla gravità della condotta, trattandosi di un agguato
perpetrato da soggetto armato e in zona residenziale, dall’indole violenta evidenziata dall’indagato, il quale aveva anche dato fuoco alle autovetture di COGNOME, nonché dalla sostanziale estraneità di COGNOME alle vicende che avevano originato l’azione, trattandosi del credito vantato da suo fratello nei confronti della persona offesa. L’ordinanza impugnata riteneva altresì sussistente il pericolo di inquinamento probatorio, stante la reticenza di COGNOME e volendosi evitare una alterazione delle future dichiarazioni di costui.
Riteneva infine che le esigenze cautelari potessero essere soddisfatte soltanto con la misura carceraria.
Avverso tale ordinanza COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
Con il primo motivo si deduce la nullità dell’accertamento ex art. 360 cod. proc. pen. effettuato sulle telecamere di sorveglianza dell’abitazione di COGNOME e la estrapolazione e analisi del materiale informatico in sequestro per omesso avviso al difensore. Invero, l’avviso di svolgimento di tale accertamento era stato notificato al solo COGNOME personalmente al momento dell’arrefo. Il Tribunale del riesame, nel rigettare l’eccezione svolta dal ricorrente, non avrebbe tenuto conto delle argomentazioni difensive.
Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine alla identificazione dell’autore del reato. L’ordinanza impugnata, nel collocare COGNOME sul luogo del delitto in forza delle celle agganciate dal suo telefono, avrebbe omesso di considerare che la posizione non può essere desunta con certezza da tali celle sia per il fenomeno del cd. rimbalzo, sia per l’ampiezza dell’area di copertura. In particolare, le abitazioni di COGNOME e di COGNOME si troverebbero tra due celle e questo spiegherebbe perché il telefono del ricorrente aveva agganciato a distanza di pochi secondi entrambe tali celle.
Inoltre, dalla conversazione intercettata mentre la persona offesa era in ospedale non vi sarebbe certezza che sia stata costei a pronunciare il nome di “NOME“, né che costui potesse identificarsi con COGNOME, posto che, come risulta dalla annotazione di polizia giudiziaria dell’11.3.2023, allegata al ricorso, COGNOME aveva conversazioni via Whatsapp con tale NOME COGNOME. Inoltre, emergerebbe che egli aveva un debito nei confronti di altri soggetti.
Si contesta altresì che il soggetto ritratto dalle telecamere presso l’abitazione della vittima fosse sicuramente identificabile in NOME.
Infine, il ricorrente afferma l’improcedibilità del reato, trattandosi di lesio personali di lieve entità per le quali COGNOME non aveva presentato querela.
Con il terzo motivo si contesta la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alla apodittica affermazione della sussistenza dei reati di porto illegale di arma da fuoco e di incendio delle autovetture.
Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, in quanto l’ordinanza impugnata sarebbe priva di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle aggravanti della premeditazione e dei futili motivi. Il solo possesso della pistola non potrebbe costituire prova della premeditazione, tanto più che dalle immagini delle telecamere risulterebbe che egli non sparò immediatamente, ma dopo aver discusso con la vittima.
Con il quinto motivo si deduce la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari. In particolare, non vi sarebbe pericolo di inquinamento probatorio, essendo gli elementi a carico di COGNOME costituiti dalle intercettazioni e riprese delle videocamere; non vi sarebbe pericolo di fuga poiché le accuse sono insussistenti, né vi sarebbero motivi per affermare il pericolo di reiterazione del gesto criminoso.
Con il sesto motivo di deduce l’omessa motivazione in ordine alla mancata concessione degli arresti domiciliari con il cd. braccialetto elettronico, benché specificamente richiesta dal ricorrente.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato per le ragioni di seguito specificate.
2. Il primo motivo è infondato.
Con esso si deduce l’omessa notifica al difensore dell’indagato dell’avviso ex art. 360 cod. proc. pen. relativo all’accertamento tecnico irripetibile sull telecamere del vicino di casa della persona offesa. Tale avviso, allegato al ricorso, sarebbe stato notificato unicamente a COGNOME al momento dell’arresto.
Trattasi di motivo del tutto privo di pregio.
L’ordinanza impugnata ha puntualmente e correttamente motivato al riguardo, richiamando l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo 4. la quale né l’estrapolazione dei video né il loro confronto con le immagini di persone costituisce accertamento tecnico irripetibile (Sez. 6, n. 41695 del 14/07/2016, Rv. 268326, la quale ha affermato che non ha natura di accertamento tecnico irripetibile, ex art. 360 cod. proc. pen,, l’attività di estrapolazion
fotogrammi da un supporto video e di raffronto degli stessi con le fotografie di determinate persone, al fine di evidenziare eventuali somiglianze). Di conseguenza la mancata notifica al difensore dell’avviso di tale accertamento non integra una nullità.
Si consideri, inoltre, che l’avviso che la difesa ha allegato al ricorso, denunciandone l’omessa notifica, non aveva ad oggetto le riprese delle telecamere di sicurezza come affermato nel motivo di censura, bensì «l’analisi di natura non ripetibile sul materiale informatico sottoposto a sequestro», che – come poi chiarito in udienza dal difensore – era costituito dal contenuto del telefono cellulare della persona offesa. Tuttavia, l’omessa notifica dell’avviso di tale accertamento deve ritenersi in questa sede senz’altro irrilevante, dal momento che gli esiti del medesimo non sono stati posti a base della misura cautelare impugnata, essendo stato detto accertamento condotto successivamente alla sua emissione.
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1. Lo è innanzitutto quanto alla contestazione relativa alla avvenuta identificazione del ricorrente nel soggetto presente presso l’abitazione di COGNOME, effettuata sulla base degli esiti dei tabulati telefonici.
La valutazione operata dal Tribunale del riesame in ordine alla presenza di COGNOME sul luogo dei fatti è desunta sulla base di una pluralità di elementi indiziari dotati di autonoma forza dimostrativa,, di cui le risultanze dei tabulati ne rappresentano uno soltanto. Invero, l’ordinanza impugnata fonda la suddetta conclusione sugli esiti del raffronto tra le immagini tratte dalle riprese dell telecamere di sorveglianza installate presso l’abitazione di un vicino di casa della persona offesa, con quelle delle telecamere della caserma dei carabinieri dove il ricorrente si era recato e dal quale veniva constata la notevole somiglianza fisica e la parziale coincidenza degli abiti indossati dall’autore dei fatti con quelli d COGNOME. Inoltre, viene riconosciuto rilievo pregnante agli esiti delle conversazioni intercettate durante la degenza ospedaliera di COGNOME, ed in particolare quelle intrattenute con l’infermiere NOME COGNOME, e con il figlio NOME COGNOME nel corso delle quali si era fatto riferimento al ricorrente quale autore degli spari.
Quanto poi alla interpretazione e valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate, queste costituiscono questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (ex plurimis, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337 – 01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv.
268389; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784).
Più in generale deve rilevarsi che con tale censura il ricorrente sollecita una inammissibile rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati come maggiormente plausibili rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Costituisce, tuttavia, principio consolidato quello per cui in tema di giudizio di cassazione, è preclusa al giudice di legittimità la valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la quale costituisce attività riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell’iter argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (Sez. 6 n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; ex plurimis, Sez. 6, n. 1354 del 14/04/1998, Kurzeja, Rv. 210658). Compito del giudice di legittimità non consiste nel sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma si sostanzia invece esclusivamente nel fatto di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione degli stessi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n, 930 del 13/12/1995 dep. 1996, COGNOME, Rv. 203428; Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 dep. 2000, COGNOME G, Rv. 215745; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 dep. 2004, COGNOME, Rv. 229369). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nella specie, il Tribunale del riesame, dopo aver riprodotto nel corpo dell’ordinanza lo stralcio delle conversazioni ritenute rilevanti, ne ha dato un’interpretazione coerente e logica, ritenendo che COGNOME, nel commentare il ferimento di cui era stato vittima COGNOME, indicava NOME COGNOME quale autore di tali spari e che tale circostanza era confermata dalla conversazione intercorsa tra la persona offesa e il figlio.
3.2. Inammissibile è invece l’ulteriore profilo di censura con cui il ricorrente contesta l’improcedibilità per difetto di querela del reato di lesioni nel quale era stato riqualificato il delitto di tentato omicidio. Invero, l’istituto del riesame ha funzione di assicurare un controllo immediato sui provvedimenti che incidono sulla libertà personale e sulla sfera degli interessi delle parti. Ne consegue che la cessazione, per effetto di qualunque causa, dell’efficacia del provvedimento cautelare genetico non consente di ravvisare un qualsiasi interesse alla caducazione dell’ordinanza del riesame, con conseguente inammissibilità
dell’eventuale richiesta proposta (Sez. 5, n. 4443 del 05/12/2006, dep. 2007, Gillone, Rv. 235971).
Nel caso in esame, il Tribunale del riesame, dopo aver riqualificato il delitto contestato di tentato omicidio in quello di lesioni aggravate, ha annullato la misura cautelare con riguardo a tale reato, sicché non sussiste l’interesse dell’indagato a censurare sotto tale profilo l’ordinanza impugnata.
4. Il terzo motivo è infondato.
Trattasi invero di censura del tutto versata in fatto, con la quale si richiede a questa Corte una rivalutazione degli elementi di fatto sulla cui base l’ordinanza impugnata ha ritenuto che l’autore del fatto fosse da identificarsi nel ricorrente. Valgono al riguardo le argomentazioni già svolte (§ 3.1) che devono quindi essere qui richiamate.
Inammissibile per difetto di interesse è il quarto motivo con il quale si contesta il riconoscimento, con riguardo al delitto di lesioni, delle aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, dovendosi al riguardo richiamare le considerazioni svolte al precedente § 3.2.
Privo di pregio è il quinto motivo concernente la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame ha condotto una valutazione prognostica in ordine alla possibilità di condotte reiterative sulla base di un’analisi accurata della fattispecie concreta, tenendo conto delle modalità realizzative della condotta e della personalità dell’indagato. Ha infatti desunto la sussistenza delle esigenze cautelari sia dal fatto che COGNOME aveva portato l’arma in un luogo residenziale, di notte, arma che deteneva in assenza di titolo autorizzativo, sia in relazione alle circostanze concrete, avendola utilizzata per ferire la persona offesa. Ha inoltre evidenziato come tali elementi, unitamente all’incendio delle autovetture nella disponibilità di COGNOME, denotino il carattere violento della personalità del ricorrente, deducendone in modo logico e plausibile il pericolo di reiterazione del reato e non potendo questo essere escluso sulla base della circostanza, meramente affermata dalla difesa, che le accuse sarebbero insussistenti. D’altra parte, la breve distanza temporale tra i fatti e l’applicazione della misura cautelare (poco più di un mese), non risulta tale da incidere, affievolendolo, sul pericolo di reiterazione del reato.
Non irragionevolmente, inoltre, il Tribunale ha ravvisato il pericolo di inquinamento probatorio nella esigenza di evitare una alterazione delle future
dichiarazioni della persona offesa, atteso che la reticenza da questa manifestata attesterebbe il suo timore nei confronti dell’indagato.
Nell’operare tali valutazioni in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, l’ordinanza impugnata ha esplicitato, in maniera congrua e logica, le ragioni poste a fondamento del proprio giudizio. In proposito, tenuto conto delle censure difensive, va ricordato che l’espressa previsione del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, in aggiunta a quello della concretezza (introdotta dalla legge 16 aprile 25, n. 47 nel testo dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.), pone a carico del giudice l’onere di motivare sulle ragioni per cui ritiene sussistenti entrambi i presupposti per l’applicazione o il mantenimento di una misura (Sez. 3, n. 12921 del 17/2/2016, COGNOME, Rv. 266425; Sez. 2, n. 50343 del 3/12/2015, COGNOME, Rv. 265395). Il requisito della attualità, tuttavia, non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma sta, invece, ad indicare la continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278999; Sez. 5, n. 33004 del 3/5/2017, COGNOME, Rv. 271216; Sez. 2, n. 18745 del 14/4/2016, COGNOME, Rv. 266749; Sez. 6, n. 3043 del 27/11/2015, COGNOME, Rv. 265618; Sez. 6, n. 15978 del 27/11/2015, COGNOME, Rv. 266988). Dunque, non è necessario, da parte del giudice, verificare l’esistenza di «occasioni di riproduzione» della condotta illecita, le quali si connotano come elementi “non dominabili” da parte del soggetto e, quindi, del tutto incerti, dovendo, invece, ancorarsi il giudizio prognostico unicamente alla rigorosa e complessiva valutazione dei comportamenti e delle modalità di realizzazione dei fatti attribuiti al soggetto e non alla individuazione di occasioni prossime facilitanti la riproduzione del reato (in tal senso, ex plurimis, Sez. 1, n. 54163 del 21/9/2018, RAGIONE_SOCIALE, non massimata; Sez. 4, n. 27420 del 3/5/2018, COGNOME., in motivazione; Sez. 5, n. 49038 del 14/6/2017, COGNOME, Rv. 271522; Sez. 5, n. 33004 del 3/5/2017, COGNOME, Rv. 271216; Sez. 5, n. 31676 del 4/4/2017, COGNOME, Rv. 270634). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nella specie, la valutazione operata dal Tribunale del riesame non appare inficiata da alcun profilo di illogicità manifesta, mentre le censure svolte dal ricorrente si risolvono in deduzioni sostanzialmente assertive e aspecifiche.
Inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse è il sesto motivo di ricorso, concernente la scelta della misura della custodia in carcere e l’omessa motivazione in ordine alla mancata concessione degli arresti domiciliari con il cd.
braccialetto elettronico. Invero, in udienza il difensore ha dato atto che nelle more del giudizio la misura della custodia in carcere è stata sostituita con quella non detentiva dell’obbligo di dimora nel luogo di residenza, sicché non residua alcun interesse del ricorrente ad una pronuncia al riguardo.
PQM
Dichiara inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso limitatamente alla misura cautelare della custodia in carcere. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 novembre 2023
Il Presidente Il giudice estensore