Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30583 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30583 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA;
contro
l’ordinanza del Tribunale di Milano del 12.2.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12.2.2024 il Tribunale di Milano ha accolto l’appello che era stato proposto dal PM contro l’ordinanza del GIP del Tribunale di Como con cui era stata adottata, nei confronti dell’NOME, la misura dell’obbligo di dimora i luogo di quella degli arresti domiciliari che era stata sollecitata dalla pubblic accusa in presenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di truffa aggravata ai sensi del comma secondo n. 2-bis dell’art. 640 cod. pen.; per l’effetto, in riforma del provvedimento del GIP, ha applicato all’COGNOME la misura degli arresti domiciliari in Napoli, con le relative prescrizioni accessorie disponendo per la sospensione dell’esecutività dell’ordinanza ai sensi dell’art. 310, comma terzo, cod. proc. pen.;
ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia che contesta i criteri di scelta della misura ed il giudizio di sussistenza di esigenze tal da non poter essere adeguatamente tutelate con il ricorso a misure meno afflittive: rileva che i giudici dell’appello cautelare hanno accolto il gravame del PM senza tener conto della giovane età dell’indagato e del suo stato di incensuratezza ed incentrando invece la motivazione sulle modalità della condotta e sulla mancata individuazione dei complici, in tal modo deviando dal corretto percorso argomentativo che avrebbe dovuto incentrarsi sul rispetto del principio di proporzionalità e di quello di minor sacrificio alla libertà personale cui è improntata la disciplina codicistica letta anche alla luce dei principi dettati dalla costituzion dalle norme sovranazionali;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma ottavo, del DL 137 del 2020 concludendo per l’inammissibilità del ricorso: osserva, infatti, che il ricorso è articolato in un unico, discorsivo moti formulato in termini di non condivisione del coerente impianto argomentativo posto a fondamento della decisione del tribunale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su rilievi manifestamente infondati ma, ancor prima, non consentiti in questa sede.
Il PM presso il Tribunale di Milano aveva chiesto l’adozione, nei confronti dell’NOME, della misura degli arresti domiciliari presso sua abitazione in Napoli; il GIP, pur avendo ravvisato a carico dell’indagato gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di truffa aggravata ai sensi del n. 2-bis del comma secondo dell’art. 640 cod. pen., aveva invece giudicato sufficiente a contenere le pur
ritenute esigenze cautelari il ricorso alla meno gravosa misura dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza.
L’Ufficio di Procura aveva proposto appello lamentando l’inadeguatezza della misura non detentiva adottata dal GIP a fronteggiare il pericolo di recidiva, da ritenersi intenso alla luce RAGIONE_SOCIALE specifiche modalità del fatto e della negativa personalità dell’indagato che, dopo la richiesta di misura, era stato denunziato dal NORM di Lecco in quanto gravemente indiziato di una truffa in danno di un’anziana con modalità simili a quelle del fatto per il quale la misura era stata richiesta e nei cui confronti, in data, 14.12.2023, i CC di Giffoni Valle Piana avevano eseguito la misura degli AADD disposta dalla AG di Salerno nei confronti per altre analoghe condotte.
Il Tribunale, decidendo sull’appello del PM, ha ripercorso l’episodio oggetto del presente procedimento e che riguarda un fatto commesso in danno di una donna di 88 anni con le modalità indicate nel capo di incolpazione, che ha individuato l’NOME come colui che si era recato a casa della donna a ritirare il denaro ed i gioielli frutto della condotta truffaldina realizzata in pregiudizi dell’anziana signora (cfr., pag. 3).
Ha sottolineato, inoltre, che i fatti si erano svolti “in trasferta” avend l’COGNOME, con un complice, alloggiato in due strutture alberghiere in Vergiate e Castelletto Ticino e resosi responsabile di fatti analoghi oggetto di altri procedimenti.
Di qui, secondo i giudici di merito, la fondatezza RAGIONE_SOCIALE considerazioni svolte dal PM “… in ordine alla necessità di applicare una misura cautelare che impedisca all’indagato la libertà di muoversi e di avere rapporti con terzi soggetti indiscriminati sul territorio, non potendosi ritenere sufficiente l’applicazione della misura dell’obbligo di dimora” (cfr., ivi, pag. 4) in Napoli, luogo di programmazione e di partenza RAGIONE_SOCIALE “spedizioni” del ricorrente e dei suoi complici.
Ha inoltre richiamato la circostanza, pure segnalata dal PM, secondo cui l’NOME sarebbe un soggetto ludopatico che, proprio per questo, avrebbe potuto reiterare il reato anche nel Comune di Napoli abbisognando, perciò, di un presidio cautelare più stringente.
Tanto premesso, e tenuto conto del tenore del provvedimento impugnato, va allora ed anche in questa occasione ribadito che il testo dell’art. 274, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e RAGIONE_SOCIALE
circostanze che la connotano, in quanto la modalità della condotta e le circostanze di fatto in presenza RAGIONE_SOCIALE quali essa si è svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati (cfr., Sez. 5, n. 49038 del 14.6.2017, COGNOME Rv. 271522; Sez. 1, n. 45659 del 13.11.2015, COGNOME; Sez. 1, n. 37839 del 2.3.2016, COGNOME, Rv. 267798).
D’altra parte, va pur detto che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva ed in merito alla adeguatezza o meno di una misura rispetto ad altra, al fine di garantire il pur ravvisato pericolo di reiterazione nel reato, è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (cfr., Cass. Pen., 3, 24.1.2019 n. 7.268, Spinelli Rv. 275851-01 – ; conf., Cass. Pen., 6, 20.4.2011 n. 17.314, COGNOME Rv. 250093-01).
Il provvedimento impugnato è motivato in termini esaustivi su tali aspetti e, pertanto, è incensurabile in questa sede.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Es. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 31.5.2024