Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9676 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9676 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VOGHERA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/06/2023 del TRIB. LIBERTA di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/smitite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore procedimento a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 12 giugno 2023 del Tribunale di Torino, che ha rigettato l’appello ex art. 310 cod. proc. pen. avverso il provvedimento del 5 maggio 2023, con il quale il G.u.p. del Tribunale di Alessandria aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Il giudice competente con provvedimento del 24 giugno 2022 aveva disposto nei confronti di COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, avendolo ritenuto gravemente indiziato dei seguenti reati, contestati come commessi il 20 giugno 2022 in Isola Sant’Antonio in concorso morale e materiale con COGNOME NOME e COGNOME NOME:
omicidio, ai sensi dell’art. 575 cod. pen., perché avrebbe investito con un’autovettura (Fiat Panda) COGNOME NOME, cagionandone la morte;
incendio, ai sensi dell’art. 423 cod. pen., perché, per commettere il reato di omicidio di cui sopra, avrebbe cagioNOME l’incendio all’autovettura Opel Crossland con all’interno il corpo di COGNOME;
distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere, ai sensi dell’art. 411 cod. pen., perché, ponendo in essere le condotte sopra evidenziate, avrebbe distrutto il cadavere di COGNOME.
L’interessato aveva fatto presente che, dalla lettura della consulenza di parte del perito-assicuratore COGNOME, sarebbe stato possibile escludere che la vittima fosse stata investita dall’autovettura Fiat Panda e che, quindi, sarebbe stato possibile escludere che i fatti si fossero svolti così come confessati dallo stesso COGNOME NOME.
Il G.u.p., con l’ordinanza del 5 maggio 2023, pur considerando i dati proposti dal consulente di parte, aveva ritenuto di condividere quanto già affermato dal Tribunale di Torino con ordinanza del 31 gennaio 2023, che aveva già rigettato un precedente appello ex art. 310 cod. proc. pen.
Nell’atto di appello, la difesa si era lamentata del fatto che non fosse stato correttamente valorizzato il fatto che l’autovettura avesse viaggiato a una velocità bassa, riducendosi ulteriormente all’ultimo, tanto da configurare un’ipotesi colposa di reato, non idonea a far ritenere sussistente il pericolo di reiterazione del reato.
Il Tribunale, con l’ordinanza oggi impugnata, ha evidenziato che le doglianze sollevate dalla difesa non erano idonee a mutare il quadro indiziario e la valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 274 e 292, comma 2, cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale, trascurando di valutare correttamente quanto evidenziato dal consulente di parte, avrebbe omesso di attribuire la corretta valenza al fatto che la macchina guidata dall’indagato aveva percorso la strada a bassa velocità, circostanza che avrebbe dovuto indurre il giudicante a inquadrare la fattispecie nell’ambito di un reato colposo e a considerare, quindi, attenuato il pericolo di reiterazione del reato (anche in forza dello stato di incensuratrezza di COGNOME).
Inoltre, secondo il ricorrente, il Tribunale – avendo richiamato interamente la precedente ordinanza del 31 gennaio 2023 – avrebbe argomentato solo sul profilo del dedotto ridimensionamento dei gravi indizi di colpevolezza e sulla loro incidenza sulle esigenze cautelari, omettendo di considerare che la richiesta oggetto del presente procedimento trattava l’assenza della gravità in relazione agli indizi e, conseguentemente, l’incidenza di tale assenza sulle specifiche modalità del fatto quale parametro rilevante ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 292, comma 2, e 275 cod. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale avrebbe omesso di considerare che, dalla lettura della relazione del consulente, era possibile inquadrare il fatto in una fattispecie idonea a vincere la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, pertanto, la misura cautelare della custodia in carcere era stata adottata in violazione dei criteri di proporzionalità e adeguatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché entrambi i motivi sono manifestamente infondati.
1.1. Nel caso di specie, il ricorrente non si confronta con l’ordinanza impugnata, nella parte in cui il Tribunale ha evidenziato che la condotta contestata a COGNOME non era qualificabile in termini di omicidio colposo, posto che, se, da una parte, poteva corrispondere a verità il fatto che la velocità dell’autovettura investitrice avesse potuto astrattamente influenzare le probabilità di morte in caso di investimento, dall’altra parte era necessario tenere conto della sussistenza di innumerevoli ulteriori elementi – non presi in considerazione dal consulente di parte – che erano intervenuti nella dinamica dell’evento, tra i quali: la distanza tra
l’autovettura e la vittima nel momento in cui il conducente aveva iniziato a rallentare, il tipo di terreno, la velocità di reazione del pedone nel tentativo d scansarsi e la tipologia di autoveicolo.
Il ricorrente, inoltre, non si confronta con gli ulteriori elementi di fatto g descritti nel precedente provvedimento del Tribunale di Torino del 31 gennaio 2023 alla cui motivazione il giudice di merito ha integralmente rimandato.
Nella richiamata ordinanza, infatti, il Tribunale aveva ampiamente motivato in ordine all’inattendibilità della ritrattazione della confessione resa dall’indagato sia in sede di interrogatorio dinanzi al pubblico ministero del 24 giugno 2022, che in sede di interrogatorio di garanzia dinanzi al G.i.p. del 27 giugno 2022.
La Corte, pertanto, ritiene che il ricorso non possa trovare accoglimento in sede di legittimità, in quanto fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice di appello con congrua motivazione, sicché gli stessi devono essere considerati non specifici.
1.2. In ordine al dedotto vizio di motivazione sulle esigenze cautelari, giova premettere in diritto che, con riferimento al pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie, la norma stabilisce che le misure cautelari personali possono essere disposte quando il pericolo di reiterazione presenta i caratteri della concretezza e dell’attualità, ricavabili dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dall personalità dell’indagato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali; le situazioni di concreto ed attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell’interessato, non possono, quindi, essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede, astrattamente considerato, ma possono essere desunte dalla gravità del fatto nelle sue concrete modalità di manifestazione.
La prognosi alla quale è tenuto il giudice di merito, pertanto, è costituita da una complessa attività, che non può prescindere dalle modalità e circostanze del fatto, in quanto elementi essenziali di valutazione per comprendere se la condotta illecita sia stata occasionale e episodica o, invece, se sia stata frutto di una risalente e radicata spinta a delinquere dell’imputato, circostanza sintomatica del fatto che vi sia la possibilità che lo stesso commetta nuovi reati.
Il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdot espressamente dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 nel testo dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., costituiva già prima della entrata in vigore della citata legge un presupposto implicito per l’adozione della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della concretezza del pericolo, posto che l’attualità deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuità ed effettività del pericol
di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, n. 9894 del 16/02/2016, Colonna, Rv. 266421).
Nel caso di specie, il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., ma una decisione erronea in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito all’attuale idoneità della misura cautelare della custodia in carcere in relazione al titolo di reato effettivamente ascrivibile all’indagato: omicidio colposo anziché doloso.
Sul profilo dell’adeguatezza esclusiva della custodia in carcere e all’attualità del pericolo di reiterazione, il Tribunale ha richiamato le considerazioni già svolte nel precedente provvedimento di rigetto, ponendo in rilievo sia l’estrema gravità del fatto, quale elemento rivelatore, unitamente alla successiva condotta di occultamento delle tracce del reato, dell’elevata proclività a delinquere, sia l’assenza di autocontrollo e la spregiudicatezza delinquenziale tali che non possono essere arginate da misure meno afflittive, sicché i giudici con una motivazione ineccepibile hanno dato conto pure della presunzione relativa di adeguatezza della misura applicabile al caso in esame.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
Stante lo stato di detenzione di COGNOME, si dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., affinché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso 1’8/11/2023