Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5139 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 5139  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME LOCRI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria depositata in atti e conclude per il rigetto ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME, anche quale sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME, entrambi difensori di fiducia di COGNOME NOME, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 settembre 2023, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame, confermava il provvedimento con il quale il Tribunale di Palmi aveva rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliati (eventualmente con il braccialetto elettronico), considerando che la principale fonte d’accusa, il collaboratore di giustizia NOME COGNOME COGNOME, si era avvalso, nel dibattimento in corso, della facoltà di non rispondere, così determinando un sostanziale depauperamento del quadro accusatorio.
COGNOME era imputato, nel processo in corso, del delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen., per avere, quale Sovraintendente capo del Posto di Polizia di Frontiera marittima del porto di Gioia Tauro, apportato un contributo determinante alle attività della RAGIONE_SOCIALE, rivelando ai suoi esponenti i segreti d’ufficio di cui era venuto a conoscenza (fra i quali l’imminente esecuzione di un’ordinanza di misura cautelare, relativa al processo “Ares”) e per avere consentito a NOME COGNOME di accedere al porto per recuperare lo stupefacente, ivi giunto via mare (capo A della rubrica).
Era anche imputato di essere stato uno dei partecipi alla associazione volta al traffico di stupefacente costituita dalla medesima RAGIONE_SOCIALE COGNOME (capo B),  e di un ulteriore sodalizio sempre volto al traffico di stupefacenti (capo D), nonchè di avere concorso in alcuni, singoli, episodi di traffico di stupefacente (capi C, E, F, G ed H) e di avere ricevuto indebite utilità come corrispettivo di tale sua illecita attivi (capo I).
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, il Tribunale osservava quanto segue.
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME erano rilevanti al fine di sostenere l’accusa nei confronti del COGNOME ma non erano l’unico elemento di prova.
Militavano a suo carico, infatti:
 gli accertamenti svolti sull’utenza cellulare, da cui erano transitate conversazioni di rilievo, che era risultata essere nell’effettivo possesso del prevenuto;
 le conversazioni intercorse fra il referente del clan, NOME COGNOMECOGNOME ed i suoi accoliti, in cui si citava un soggetto identificato con il nomignolo “NOME“, a lu riconducibile (in una conversazione il capo RAGIONE_SOCIALE COGNOME aveva riferito ad altro soggetto del clan che aveva incontrato “NOME“, appena torNOME dalle ferie, una
circostanza riferibile proprio al COGNOME), come persona che si era dimostrata in grado da fornire loro essenziali informazioni circa le rotte che stavano seguendo le navi che, per loro conto, trasportavano i carichi di stupefacenti (in quel periodo l’imputato era proprio addetto a sopraintendere alla relativa strumentazione);
un’altra conversazione in cui COGNOME riferiva di avere ricevuto proprio dal “NOME“, che avrebbe incontrato di lì a poco, il suggerimento di occultare lo stupefacente all’interno di motori industriali.
Si era pertanto conservato, secondo il Tribunale, pur venute meno le dichiarazioni del COGNOME, un quadro probatorio idoneo al mantenimento della misura di cautela personale.
Quanto alle esigenze di cautela, restava immutato il quadro originario e, quanto alla scelta della misura, si ricordava come il concorso esterno nell’associazione mafiosa fosse stato contestato al prevenuto anche in relazione al periodo in cui era stato ristretto, appunto, agli arresti donnic liari (per il process denomiNOME RAGIONE_SOCIALE Green) e come solo dieci giorni dopo l’estinzione di tale misura, 1’8 luglio 2018, COGNOME avesse nuovamente rivelato un segreto d’ufficio al COGNOME, la prossima esecuzione della misura cautelare del processo Ares.
Così che anche l’ulteriore periodo di tempo trascorso dall’emissione della misura si rivelava ininfluente a garantire dalla recidivanza, considerando che, a fronte delle dimissioni dalla Polizia, l’imputato aveva conservato una professionalità criminale tale da poter fornire un contributo alla RAGIONE_SOCIALE alla cui operatività aveva concorso.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo dei propri difensori AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’avvenuto rigetto dell’istanza di revoca della misura di cautela personale.
Nel processo de quo era terminata l’assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero e il collaboratore di giustizia NOME COGNOME, che aveva accusato l’imputato (peraltro solo genericamente affermando che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si avvaleva della complicità di un poliziotto di stanza al porto di Gioia Tauro, soprannomiNOME “il NOME“, che consentiva di recuperare le sostanze stupefacenti che vi approdavano) si era avvalso della facoltà di non rispondere.
Il Tribunale (prima di Palmi, poi di Reggio Calabria nell’ordinanza qui impugnata) aveva sostenuto l’irrilevanza di tale novità processuale affermando che, comunque, era in corso il processo che avrebbe potuto, altrimenti, condurre alla condanna del prevenuto. Opponendo così ad un dato circostanziale un’affermazione meramente ipotetica.
Si era poi anche riconosciuto come le condotte contestate fossero “non particolarmente recenti”.
Apodittica era anche la motivazione relativa alla insufficienza della diversa misura degli arresti domiciliari, assistiti dalla installazione del braccialet elettronico.
Era pertanto del tutto mancata la valutazione del novum processuale ed anche della persistente pericolosità del prevenuto, considerando altresì la disarticolazione della RAGIONE_SOCIALE COGNOME e le dimissioni dell’imputato dal Corpo di appartenenza.
Anche considerando che il prevenuto era accusato di concorso esterno all’associazione e non di averne fatto parte.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse del prevenuto non merita accoglimento.
Si è innanzitutto affermato che, in tema di revoca o sostituzione di misure cautelari, a fronte della prospettata sopravvenienza, a sostegno della richiesta, di elementi nuovi, asseritamente modificativi di una situazione già precedentemente valutata dal giudice nel suo complesso, compito di quest’ultimo, ove non riconosca la novità o la decisività dei suddetti elementi’ è solo quello di dare atto delle ragioni giustificatrici di tale mancato riconoscimento, e non già quello di rinnovare l’intera motivazione riflettente l’esame di tutto il complesso delle risultanze di fatto già valutate in occasione di precedenti provvedimenti (Sez. 3, n. 41185 del 20/10/2021, A., Rv. 282376)
Se questa era il contesto in cui il Tribunale del riesame doveva calare la novità costituita dal venir meno dell’apporto dichiarativo del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, la motivazione adottata risulta priva di manifeste aporie logiche, avendo dato dettagliato conto dei residui elementi di prova che, comunque, supportavano le accuse mosse all’imputato (il contenuto delle conversazioni intercettate da cui era possibile evincere che il “NOME“, individuato nell’odierno ricorrente, aveva fornito il proprio decisivo contributo alla consorteria, seguendo la rotta della navi che trasportavano lo stupefacente, consentendo agli accoliti di entrare nelle zone riservate del porto per recuperare i carichi, avvertendo delle operazioni di polizia in corso).
Così che del tutto ipotetico non era il percorso argomentativo seguito nell’ordinanza ma l’assunto, del ricorso, secondo cui l’eliminazione dell’apporto dichiarativo del COGNOME costituisse un insuperabile vulnus alla prova a carico del ricorrente.
Doveva inoltre considerarsi, quanto alle permanenti esigenze di cautela, che, in tema di sostituzione o revoca di misure cautelari applicate per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., ove la condotta sia riconducibile alla partecipazione ad una associazione mafiosa “storica”, caratterizzata da un risalente radicamento e da una riconosciuta stabilità, grava sul giudice un onere motivazionale attenuato in ordine alla persistenza del pericolo cautelare, anche nei casi in cui sussista una significativa distanza temporale tra l’applicazione della misura e la richiesta di sostituzione della stessa, posto che l’attualità delle esigenze è immanente a tale tipo di reato, potendo essere esclusa solo in presenza di prove della rescissione di ogni rapporto dell’accusato con il sodalizio (Sez. 2, n. 12197 del 14/12/2022, dep. 2023, Bella, Rv. 284474).
Così che, anche sul punto, le considerazioni fatte dal Tribunale del riesame in ordine alla permanenza delle esigenze di cautela – alla luce dell’assenza di qualsivoglia segno di rescissione dei precedenti legami delinquenziali – nonostante le dimissioni dell’imputato dal Corpo di appartenenza (non essendovi, invece, alcuna conferma, circa l’asserita disarticolazione del clan COGNOME), risultano prive di manifesti vizi logici, dovendosi anche ricordare come la sostituzione della misura della custodia in carcere con quella gradata degli arresti dorniciliari, in relazione ad altro processo, non avesse certo contribuito alla resipiscenza del prevenuto, che aveva, durante e dopo i medesimi, consumato altre condotte di rilievo penale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.,NOME.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, in Roma il 13 dicembre 2023.