Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21830 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21830 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Salerno il 07/08/1967
avverso l’ordinanza del 18/03/2025 del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Salerno -investito in funzione di Giudice di rinvio a seguito di annullamento ex art. 627 cod. proc. pen. -ripristinava, su appello del Pubblico ministero, la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di NOME COGNOME attualmente sub iudice perché ritenuto partecipe – con il ruolo di promotore e di organizzatore -di un’associazione per delinquere volta alla intestazione fittizia di diverse attività commerciali e autore di plurime condotte viola tive dell’art. 512 bis cod. pen.
NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso con cui ha dedotto violazione di legge, in relazione agli artt. 274, comma 1, lett. c ), 275, comma 1, e 299, comma 4bis , cod. proc. pen., e vizio di motivazione.
Ha, per un verso, prospettato l’erroneità della prognosi di recidivanza per assenza di ingerenza o tentativo di interferenza da parte del COGNOME nella gestione dei locali di ristorazione sottoposti ad amministrazione giudiziaria nonché per la risalenza nel tempo delle condotte in contestazione, e, per altro verso, segnalato la sostanziale ‘inutilità’ della ripristinata misura cautelare , per avere il Tribunale evidenziato, nel corpo del provvedimento impugnato, la effettiva inidoneità ad arginare in concreto i pericula libertatis .
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che si vanno ad esporre.
Occorre premettere che la decisione impugnata veniva assunta dal Tribunale di Salerno, a seguito annullamento con rinvio di questa Corte.
Nella sentenza rescindente veniva rilevata la intrinseca contraddittorietà della motivazione posta a base del provvedimento di ripristino della misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, per avere i Giudici di merito affermato, da un lato, che le condotte commesse dal Bove non costituissero violazione della misura e per avere valutato, dall’altro lato, dette condotte ai fini della prognosi di recidivanza ex art. 274, comma 1, lett. c ) cod. proc. pen.
Il Tribunale, con il provvedimento oggetto del presente ricorso, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico ministero, ha ripristinato la misura dell’obbligo di presentazione, rilevando come le condotte poste in essere dal Bove (compiutamente descritte alle pagg. 14 e 15 del l’ordinanza), già all’indomani della revoca della misura degli arresti domiciliari, per gravità ed intensità, anche per il tono ‘sbeffeggiatorio’ utilizzato dal ricorrente (che in un video pubblicato sui social media dinanzi ad uno dei ristoranti sottoposto a sequestro, utilizzava la frase ‘come prima più di prima’) costituissero manifestazione all’attua lità del pericolo di reiterazione del reato (così pag. 16 dell’ordinanza).
Nondimeno, lo stesso Tribunale ha evidenziato come sarebbe stato «corretto, melius re perpensa , procedere all’aggravamento» della misura una volta ravvisate condotte «di portata tale da porre in pericolo l’esigenza di prevenire delitti della stessa specie» e come la contraddizione evidenziata dalla Corte non fosse emendabile, essendo stato il ricorso avvers o l’ordinanza che applicava la misura coercitiva proposto dal solo difensore.
Pertanto, sulla scorta di tali premesse, il Tribunale ha ritenuto che la misura in oggetto – sebbene in concreto inefficace a preservare i pericula libertatis -andasse comunque ripristinata al fine di consentirne l’aggravamento in caso di ulteriori violazioni e per assicurare una finalità deterrente.
2.1. La motivazione adottata dal Tribunale collide con i criteri di proporzionalità e adeguatezza delle misure cautelari personali.
E’ utile richiamare, a tal proposito, l ‘ art. 275, commi 1 e 2, cod. proc. pen. a tenore del quale «nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto … ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione sia stata o che si ritiene possa essere irrogata».
La valutazione in ordine alla “proporzionalità, adeguatezza e gradualità” impone, dunque, al giudice una costante verifica della idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente sussistono, permangono o residuano, secondo il principio della minore compressione possibile della libertà personale. Imprescindibile è l’apprezzamento del “tipo” di recidiva che si intende contrastare, ovvero le specifiche esigenze cautelari ravvisabili nel caso concreto.
2.2. Già questa Corte, intervenuta anche nel suo massimo consesso (Sez. U. n. 16085, del 31/3/2011, COGNOME, Rv. 249324), ha ribadito come i canoni di proporzionalità e di adeguatezza impongano al giudice di evitare che la misura ecceda quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito e che si risolva in una eccessiva compressione di diritti fondamentali di rilievo costituzionale. Pertanto, il Giudice – al momento della scelta e della adozione del provvedimento coercitivo, nonché per tutta la durata dello stesso- è tenuto a motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva.
Lo stesso tema è stato, altresì, più volte affrontato dalla Corte costituzionale che ha ribadito come la verifica della specifica idoneità della misura cautelare a preservare le esigenze cautelari sia espressione del criterio costituzionale del “minore sacrificio necessario”, di guisa che la compressione della libertà personale dell’indagato o dell’imputato deve essere contenuta in limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari riconoscibili nel caso concreto ( ex multis , Corte cost., sent. n. 191 del 2020; sent. n. 232 del 2013; n. 299 del 2005).
2.3. Dunque, ad avviso di questo Collegio, difetta la proporzionalità non solo quando la misura si traduce in una compressione esasperata ed eccessiva delle libertà fondamentali del singolo, come accade quando la esigenza cautelare possa essere preservata ricorrendo a una misura meno invasiva, ma anche quando essa si risolve in una inutile e sterile compressione dei diritti e delle libertà del singolo,
come ad esempio nel caso di una misura inidonea e inadeguata a neutralizzare i pericula libertatis .
2.4. Ebbene, nel caso in esame, è lo stesso Giudice di merito ad avere stigmatizzato la totale inadeguatezza della misura coercitiva a fronteggiare il rilevato pericolo di recidivanza, evidenziando come – a ridosso della rimessione in libertà – il COGNOME avesse assunto comportamenti indicativi di una effettiva ingerenza nell’amministrazione giudiziaria degli esercizi commerciali sottoposti a sequestro nel tentativo di ‘ riprendere in mano ‘ le attività illecite.
Ed effettivamente, non può non rilevarsi come al cospetto di condotte di tal fatta, ritenute sintomatiche di una recrudescenza delle esigenze cautelare, il rimedio utilizzabile sarebbe stato quello del l’aggravamento ai sensi dell’ art. 299, comma 4, cod. proc. pen. e non già il ripristino di una misura che – sulla scorta degli stessi fatti -ha manifestato assoluta inadeguatezza a fronteggiare il rischio di recidivanza.
Alla stregua delle svolte considerazioni va disposto l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata , con ripristino pertanto dell’originario provvedimento del 19 settembre 2024 di revoca della misura cautelare.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Così deciso il 13/05/2025